Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

giornalisti c reuters leonhard foegerdi Giulietto Chiesa
Questo 2016 che ci ha appena lasciato sarà difficile da definire. Forse potrà essere ricordato come l’inizio del tramonto del mainstream.

Questo 2016 che ci ha appena lasciato sarà difficile da definire. Forse potrà essere ricordato come l'inizio del tramonto del mainstream. Che ha realizzato le tre più "magre" figure dalla storia, tutte in un anno solo, in America, in Europa e in Italia, sbagliando le previsioni sul Brexit, sull'elezione del nuovo presidente americano e sul successo del No al referendum italiano.

Che, messe tutte insieme, ci hanno rivelato che i "creatori" delle opinioni pubbliche dell'Occidente, tutti insieme, non sono stati capaci di indovinare il comportamento delle opinioni pubbliche occidentali. Il che crea una divertente situazione di paradossi a catena. Il cui risultato finale è però piuttosto chiaro, ed è questo: il mainstream non è più il "creatore" delle opinioni pubbliche. E cioè non solo non le crea più a suo piacimento, ma non è nemmeno capace di indovinarle. In altri termini il mainstream non è più mainstream.

Buona notizia per chi aveva sempre avuto dei sospetti in merito, cattiva notizia per il mainstream, che ora non sa più dove collocarsi. Forse sulla riva del mainstream. Ma, purtroppo, non ci sono segni reali di ravvedimento. Al contrario: finito il 2016 si preannuncia un 2017 colmo di intenti di rivincita. A Washington, patria del mainstream (fino a che è stato tale) infuria la panzana della cyber-bufera. Che, nel 2016, ha dipinto la Russia — perennemente descritta dal mainstream come arretrata, primitiva, selvaggia — all'avanguardia della più moderna, tecnologica e sofisticata delle guerre, quella che si combatte con gli hacker. Incuranti delle contraddizioni, i padri della panzana (che sono i servizi segreti americani, i quali non hanno ancora visto il film di Oliver Stone su Edward Snowden, dove si vede che gli hacker numero uno del pianeta sono proprio loro, e da gran tempo) tracciano il solco lungo il quale questa commedia pericolosa si svilupperà nel 2017.

Toccherà adesso all'Europa subire l'offensiva di Mosca, attraverso gli hacker di Putin. I super-esperti occidentali del cyberspazio sono già tutti mobilitati. Come Thomas Rid, che prende lo stipendio al King's College di Londra. Vedrete quante cose tireranno fuori. La prima è la scoperta del "gruppo APT28", che sarebbe un dipartimento speciale delle forze armate del Cremlino, già in azione da ben sette anni, e di cui ora veniamo a sapere che ha già attaccato il Bundestag, una tv francese, gli uffici dell'OSCE e il Ministero italiano della Difesa.

Come si vede dall'elenco gli obiettivi sono i più diversi. Cosa vadano a fare gli hacker russi in quei diversi posti non viene precisato e non è così facile da scoprire. Il governo francese, prima di essere mandato a casa insieme al presidente francese in carica, ha già riunito tutti i partiti politici e li ha invitati tutti a "prendere precauzioni". Il quotidiano La Repubblica, che è in testa alle squadre di vigilanza, cita l'avvocato Stefano Mele (che "per Forbes è tra i migliori esperti del mondo sul tema"), il quale ci informa che Francia e Germania stanno creando "nuove unità operative" il cui compito sarà quello di "combattere la propaganda". Se ne deduce che gli hacker russi faranno "propaganda". Un po' poco per la tecnologia del web, ma compatibile con l'"arretratezza della Russia" Solo di questo si tratta? No, naturalmente. I loro scopi sono, nell'ordine, quello di "creare scompiglio, destabilizzare,", parti essenziali della "strategia tipica del Cremlino".

C'è il rischio che "tutti rischiamo di essere ingaggiati", anche gratis, senza stipendio. Forse mediante ipnosi, non si sa bene come. E allora bisognerà prepararsi alla caccia delle "fake news". Il che comporta il difficilissimo compito di individuare, appunto, le "fake news". Bisognerà dunque istituire un qualche Ministero unificato delle Notizie Vere". Qualcuno ha fatto presente che già nei libri di Aldous Huxley e di George Orwell, anni fa, era stato previsto qualcosa di simile al "Ministero della Verità", ma pare che né Stefano mele, né Thomas Rid, né il capo della CIA uscente lo abbiano letto.

Siccome il mainstream è pieno, come abbiamo visto, di "notizie false", bisognerà in primo luogo stare attenti a quello. Ma non solo. Il primo compito dei governi europei sarà quello di decidere "multe salatissime" ai grandi colossi, come per esempio Facebook, che non sanzionano, cioè che permettono, la diffusione di "notizie false". Così, dopo avere scoperto che Putin e le sue teste di cuoio digitali sono in grado di decidere chi è il futuro presidente degli Stati Uniti (cioè che gli USA sono diventati, per loro stessa ammissione, una repubblica delle banane), adesso ci spiegheranno che tutti i governi europei saranno delle analoghe Repubbliche delle Banane. Che equivale a dire che le future elezioni democratiche dell'Occidente, saranno tutte falsificate dalla Russia. Il passaggio logico successivo, dopo che tutti i bloggers non certificati dal Ministero della Verità saranno stati puniti o chiusi, sarà semplicemente l'annullamento di tutte le elezioni. Oppure la loro sostituzione con i sondaggi. Che verranno naturalmente affidati al mainstream. Forse, per fare tutto questo, il 2017 non sarà sufficiente. Ma tanto vale cominciare subito.

Tratto da: it.sputniknews.com

Foto © REUTERS/ Leonhard Foeger