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renzi c ap photo andreas SOLARO AFPdi Giulietto Chiesa
La vittoria del No al referedum proposto (anzi imposto) al paese dal premier Matteo Renzi ha segnato la fine politica dell'ex sindaco di Firenze. Una sconfitta così totale, così campale, rende ora impossibile una qualsiasi ricupero di un suo governo, in qualsivoglia forma ripresentato.

Lo stesso Renzi lo ha riconosciuto nella notte della conta dei voti. Con lui se ne va un pericoloso progetto di trasformazione della democrazia italiana in una variante deformata di monocrazia, cioè di governo di un partito solo (e di un uomo solo).

L'elettorato italiano, con una sorprendente maggioranza del 60% (e sarebbe stato ancora peggio per Renzi se non ci fossero stati molti pasticci con il voto degli italiani all'estero), ha bocciato il progetto. L'unico vero progetto, per quanto demolitorio, dei due anni di governo di Renzi. Un progetto — va aggiunto — platealmente appoggiato dall'Unione Europea, e dagli Stati Uniti di Obama. Tutti allineati dietro le direttive della JP Morgan, che aveva sollecitato lo smantellamento delle Costituzioni dei paesi dell'Europa del sud in quanto troppo piene di connotati "socialisti". Insomma sotto lo slogan: "troppa democrazia nuoce al Mercato".

Gli italiani hanno, a larghissima maggioranza, detto No a questo invito inquinato. Cioè hanno negato l'accesso alla versione neo-liberista spinta all'estremo. Questo significa che, anche in Italia, ha preso nettamente il sopravvento l'ondata di rigetto anti-europeo che si è già manifestata in Inghilterra con il Brexit, in Francia con l'ascesa della Le Pen e in molti altri paesi europei, in varie forme analoghe. In questo senso il colpo subito da Renzi è anche un colpo ulteriore subito dall'Unione Europea nella sua forma e con le sue leggi attuali.

Indubbiamente ha contribuito a questo risultato anche la politica estera dell'Italia, la sua totale subalternità alle decisioni americane e, soprattutto, alle richieste della Nato di intensificare la confrontazione con la Russia di Putin. Le sanzioni antirusse hanno portato al No una parte grande degl'imprenditori, con le decine di migliaia di voti dei lavoratori di tutti gl'indotti, industriali ed agricoli, colpiti dalla risposta delle contro-sanzioni russe. Ma anche la preoccupazione crescente per un possibile coinvolgimento italiano ed europeo nella contrapposizione con la Russia ha svolto il suo ruolo.

Dunque siamo di fronte a un cambio inevitabile d'indirizzo politico. Probabilmente a elezioni anticipate, che dovranno essere condotte con una legge elettorale nuova: non quella proposta da Renzi, ormai cancellata dal referendum; non quella precedente, il cosiddetto porcellum, cancellata di fatto da una sentenza della Corte Costituzionale

Dunque, salvo soprese, il Presidente della Repubblica, Mattarella, dovrà incaricare un nuovo capo di un nuovo governo "tecnico", il cui compito unico sarà quello, del resto difficile, di varare una nuove legge elettorale.

Il fatto è, però che non sarà facile nemmeno varare una tale governo. Il Partito Democratico esce frantumato politicamente da questo confronto con il paese intero. La destra è rappresentata solo dalla Lega di Salvini, mentre Berlusconi appare ormai fuori gioco. In un luogo parlamentare difficile da definire c'è il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Entrambi sono per una revisione drastica dei rapporti con la Russia, per l'abbandono delle sanzioni, per un atteggiamento critico, o di ripulsa, nei confronti dell'Europa e/o dell'euro. In mezzo c'è la rivolta della gente normale contro una casta arraffona e senza alcun disegno.

Il paese esce dal porto delle nebbie della subalternità a Washington e a Bruxelles. Il condottiero, che si presentava come un rinnovatore, ha disgustato tutti, inclusi molti dei suoi sostenitori. Un nuovo condottiero non c'è. E probabilmente è una fortuna.

Ma almeno questo voto ha dimostrato una cosa: gli italiani, in grande maggioranza, non vogliono essere portati a bere l'acqua avvelenata dello stagno dei banchieri mondiali.

Tratto da: it.sputniknews.com

Foto © AP Photo/ Andreas SOLARO/AFP

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