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di Giulietto Chiesa - Intervento alla conferenza “Europe Look East” (Sofia, 7-8 ottobre 2010)
Come rispondere alle domande che titolano questa nostra discussione? L’Europa è ora certamente riunita, ma parzialmente. E’ certamente anche divisa, e lo è seriamente. E’ anche, al tempo stesso, unanimemente incerta sul proprio futuro e sul proprio essere. Vorrebbe essere più grande e probabilmente lo sarà.
Ma non sarà così grande come vorrebbe essere. Vorrebbe dare lezioni agli altri, ma la sua voce non è una sola e spesso proprio non si sente. Io penso che tra coloro che sono qui riuniti c’è unanimità su un punto: tutti vorrebbero un’Europa più forte, capace di svolgere un ruolo decisivo in un mondo al tempo stesso globalizzato e multipolare. Ma la questione che molti si pongono è: questa Europa, così com’è oggi, è in grado di svolgere un tale ruolo mondiale? Io penso che non lo sia.

Perché? Perché l’Europa si trova nel punto più critico e difficile dell’intera sua storia più che cinquantennale. E in queste condizioni essa non può essere un protagonista reale. Il fatto è che un’Europa “una” non esiste: di Europe ce n’è più d’una, di sicuro almeno due, che vivono insieme ma che sono in contrasto tra di loro, spesso anche assai aspro.

E i popoli d’Europa sono sempre più lontani dalle loro istituzioni, come dimostra l’impressionante dato che meno della metà degli europei partecipa all’elezione del parlamento comune.

Questa Europa sta giocando una partita tutta all’interno di una logica inter-Atlantica. Una partita vecchia perchè è evidente che il suo grande alleato, gli Stati Uniti d’America, è gravemente lesionato da una crisi che non ha soluzione, mentre è ormai evidente che il potere dei tempi moderni sta spostandosi sempre più nettamente verso l’Oriente.

Pochi possono ormai rifiutare la previsione che il XXI secolo non sarà “americano” (al contrario delle previsioni, anzi dei piani, a suo tempo avanzati da Zbignew Brzezinski, e riportati in auge dal PNAC, il progetto per un nuovo secolo americano), ma diverrà sempre più nettamente “cinese”.

In questa situazione mi pare che continuare il vecchio gioco, lasciando invariate le parti, non concederà all’Europa nessuna chance: né di essere un soggetto primario sulla scena mondiale, né di essere più grande, né di essere più unita e coesa al suo interno. Temo addirittura che il rischio sia più grande: di sparire dalla scena, o quanto meno di essere ridimensionata a una semplice unione monetaria, o a un mercato comune. Cioè alcuni passi “back to the future”.

Quale partita deve dunque essere giocata, in alternativa a questa, che è sicuramente perdente?

E’ un interrogativo aperto, qui e dovunque. Io ritengo personalmente che Europa e Russia, pur essendo radicalmente diverse per la loro natura, storia, condizioni politiche, psicologiche, sono nella stessa, identica situazione.

Entrambe non possono giocare da sole (o, se tentassero di farlo, si condannerebbero ai margini dei processi che si annunciano). Non possono perchè non hanno la forza di farlo e ciò significa, in altri termini, che non dispongono dei “fondamentali” che possono garantire la loro autonomia d’azione e di decisione.

Entrambe non possono permettersi di essere il “fratello minore” di uno qualunque dei due “grandi fratelli”, America e Cina. Né la Russia, né l’Europa, almeno nella sua larga maggioranza, auspica un tale esito, o lo accetterebbe volontariamente.

Non possono permetterselo anche perchè, lasciati soli a se stessi, senza che nessuno intervenga per tentare di correggere le loro traiettorie, i due protagonisti appaiono destinati a collidere.

Russia ed Europa hanno dunque un’unica possibilità reale di influire su quelle traiettorie: avviare rapidamente un lavoro comune per costruire un “terzo polo” di influenza, per delineare una strategia comune, un piano d’azione, una grande alleanza.

Non dico che questo sarebbe un gioco vincente automaticamente. Per lo meno non lo sarebbe nel senso antico e ancora in vigore che questa parola contiene. Io non penso neppure che dovrebbe esserci un vincitore in questa nuova, gigantesca partita, perchè la stessa ipotesi di un solo vincitore sarebbe altamente pericolosa per tutti.

Ma si può parlare tuttavia di un gioco vincente per tutti, purchè in un senso del tutto differente. Vincente sarebbe infatti il gioco, l’unico, che permette di evitare la collisione tra il vecchio impero, che perisce di fronte ai nostri occhi, ma che rimarrà mostruosamente armato durante tutta la sua declinante parabola, e il nuovo impero nascente, che costituisce un’immensa incognita, ma che nessuno è ormai in grado di fermare.

In ogni caso nessuno è in grado di fermarlo in termini pacifici.

I pericoli che corriamo sono qui chiaramente delineati e i compiti ci stanno di fronte in tutta la loro gigantesca portata.

Di fronte a questi noi disponiamo di una vecchia politica, e di leadership inadeguate. Non è un quadro incoraggiante, ma guardarlo con coraggio può esserci utile per capire cosa dobbiamo cominciare a fare.

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Conferenza Internazionale “Europe Look East” (Sofia, 7-8 ottobre 2010)

Organizzata dalla Slavyani Foundation (Bulgaria) e dal New Policy Forum (Gorbachev Forum)


Intervento di Giulietto Chiesa

Nella sessione intitolata “Da Brest a Vladivostok, una chance europea per la Russia, una chance russa per l’Europa?”

Nel panel intitolato: “L’Europa dopo il Muro: Riunita? Ri-divisa, Riluttante?”

Cui hanno preso parte Aleksandr lebedev, Adam Michnik, Svetlana Savranskaja, Martin Marmy e altri.


Tratto da:
megachipdue.info

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