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di Giorgio Bongiovanni
Due giorni fa la Sicilia è stata scossa da un'importante blitz dei carabinieri nel territorio trapanese. E' così che, su ordine della Procura di Palermo, è tornato in manette il boss di Castellammare Mariano Asaro, accusato di associazione mafiosa, che aveva ripreso in mano il clan di Castellammare del Golfo che, secondo quanto emerso, aveva ramificazioni e contatti con le famiglie mafiose di Trapani e Paceco.
Un soggetto che non può essere considerato solo un mafioso (fu riscontrata l'appartenenza alla loggia massonica segreta Iside 2, scoperta dalla Polizia a metà degli anni ’80).
Le indagini vedono coinvolto, con tanto di notifica di un avviso di garanzia, l'ex deputato regionale del Pd Paolo Ruggirello, già coinvolto nel 2019 nell’operazione “Scrigno” (con l'accusa di associazione mafiosa) e che da poco era stato sottoposto agli arresti domiciliari.
In queste nuove indagini sono stati riscontrati ripetuti e frequenti contatti tra l'ex politico ed Asaro, con tanto di bacio sulla guancia ed abbraccio immortalato dalle telecamere dei carabinieri.
Immagini che ripropongono con prepotenza quel solito nodo del rapporto tra mafia e politica che rende forte il potere delle criminalità organizzata capace di raggiungere i più alti gangli del potere.
Basta osservare anni ed anni di inchieste e processi che hanno evidenziato come la forza di Cosa nostra e 'Ndrangheta soprattutto, ma anche la Camorra, derivi proprio dai rapporti con l'esterno, con le istituzioni deviate ed i grandi poteri. Rapporti che ci sono sempre stati in questi centocinquanta e più anni di storia del nostro Paese.
Ruggirello è un personaggio politico che negli ultimi anni è passato dal movimento autonomista di Raffaele Lombardo al centrodestra, per poi gravitare, cinque anni fa, all'interno del Partito democratico. Un soggetto che, per fortuna, non è stato eletto in Senato, ma che ha avuto un ruolo importante all'interno dell'Ars.
I nuovi guai giudiziari che lo riguardano dovrebbero indurre un politico onesto come il segretario Nicola Zingaretti ad aprire gli occhi e riflettere su quelle figure che, purtroppo, si annidano all'interno del suo partito.
Perché la presenza di soggetti che in qualche maniera hanno avuto a che fare con uomini della mafia non è una novità.
Ricordiamo, ad esempio, quel che accadde nel dicembre 2001 all'hotel Garden di Enna, quando gli investigatori intercettano un incontro tra Raffaele Bevilacqua, avvocato, iscritto alla corrente andreottiana della Dc, ex consigliere provinciale e soprattutto referente di Cosa nostra per tutta la provincia di Enna, e l'allora vicepresidente dell’Assemblea regionale siciliana Vladimiro Crisafulli, detto Mirello, ex parlamentare ed ex senatore Pd. La procura di Caltanissetta indagò Crisafulli per concorso esterno ma, alla fine, il fascicolo venne archiviato.
Recentemente pesanti ombre sono state gettate sul segretario provinciale del Pd a Catania, Angelo Villari, candidato alle regionali. Da una vita sindacalista, già ex assessore ai servizi sociali di Enzo Bianco, Villari non risulta tra gli indagati dell’operazione Malpassu, che ha sgominato i clan legati alla famiglia guidata da Nitto Santapaola.
Nelle carte dell'inchiesta della Procura di Catania, però, si parla di “scambio di voti controllati dal clan mafioso”, di taleFabio Frisina, affiliato vicino al boss Salvatore Puglisi, che avrebbe avuto ‘un attivo interesse per l’elezione del Villari, il tutto con l’obiettivo di ottenere favori dallo stesso Villari in relazione all’attività lavorativa svolta presso la Mosema (partecipata che si occupava del servizio di raccolta dei rifiuti, ndr.)". Ed il nome di Villari compare in altre intercettazioni.
Come dicevamo il segretario provinciale catanese non è indagato, ma certi episodi contribuiscono a macchiare in maniera grave ed indelebile proprio il partito stesso.
Se sul fronte catanese siamo ancora di fronte ad un quadro in via di accertamento sull'altro lato della Sicilia, quello trapanese, siamo in presenza di fatti molto gravi ed evidenti.
La speranza è che Zingaretti sappia andare oltre al solito copione che vede un intervento solo laddove si è in presenza di responsabilità accertate sul piano giudiziario, facendo vera pulizia ed onorando così le parole di Paolo Borsellino quando affermava che "oltre ai giudizi del giudice, esistono anche i giudizi politici, cioè le conseguenze, che da certi fatti accertati, trae o dovrebbe trarre il mondo politico".
In quell'incontro del 26 gennaio del 1989, il giudice Borsellino incontrò gli studenti di Istituto professionale “Remondini” di Bassano del Grappa spiegando in maniera chiara e diretta l’equivoco su cui spesso la politica gioca. Parole che vale la pena ricordare: "Si dice: quel politico era vicino al mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con l’organizzazione mafiosa, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E no! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale. Può dire beh ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria, che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. Però siccome dall’indagine sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, cioè le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, cioè i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi, che non costituivano reato, ma erano o rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo 'schermo' della sentenza e detto: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia e non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al proprio interno di tutti coloro che sono raggiunti, ovunque, da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reato”.
Ecco, Governatore Zingaretti, riparta da qui.
Se così non sarà, per l'ennesima volta, il Partito democratico dimostrerà di essere un partito che nella migliore delle ipotesi vuole convivere con mafie e malaffare, nella peggiore che sia pure disposto a "sporcarsi le mani".

In foto: l'ex deputato Ruggirello saluta il boss Mariano Asaro

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