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di Giorgio Bongiovanni e Marta Capaccioni
Il ricordo per una vita consacrata alla lotta contro la mafia del nord Italia

Lunedì scorso, dopo due settimane di ospedale, a causa della grave polmonite accentuata dal Coronavirus, si è spento anche l’ex giudice Francesco Saverio Pavone. Aveva combattuto tante battaglie e soprattutto una, contro la peggiore mafia del Nord, quella dei sequestri, delle estorsioni e delle rapine. Fin da subito, dalla sua entrata in magistratura, aveva iniziato una lotta spietata in prima fila per sconfiggere uno dei cancri indebellabili del nostro Paese. La mafia, come un virus, non era riuscita a sconfiggerlo e lui ce l’aveva fatta.
Così il suo servizio alla nazione, alla giustizia e alla legalità deve essere ricordato, come si ricordano ogni anno tanti magistrati martiri della nostra terra. “Pavone è uomo simbolo della lotta alle mafie e alla criminalità organizzata in Veneto”, ha detto Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale del Veneto.
Quando diventò giudice istruttore iniziò le indagini nella regione Veneta contro la Mala del Brenta, ossia la mafia autoctona del nord Italia. E il 1 luglio 1994 arrivò la prima sentenza che, confermata fino al grado di giudizio di Cassazione, riconobbe il delitto di associazione mafiosa. Quindi finalmente si ammetteva che la mafia esisteva anche al nord!
Si trattava di un’organizzazione che gestiva tutto il gioco d’azzardo di Veneto, Modena e Jugoslavia, dedita al traffico di armi e stupefacenti, tanto importante nell’importazione di cocaina, da ricevere richieste anche da Camorra e 'Ndrangheta.
Pavone diventò presto acerrimo nemico del boss Felice Maniero, detto anche “Faccia d’angelo”. La più grande soddisfazione per il magistrato arrivò quando riuscì a catturare il mafioso e quando grazie al pentimento di quest’ultimo riuscì a condannare altri centinaia di mafiosi.
Non aveva paura, nemmeno quando venne a conoscenza dai carabinieri di un attentato in corso nei suoi confronti. Continuò la sua lotta, in maniera decisa e non risparmiò nessuno. Fu costretto infatti, così come accade tuttora a tanti magistrati italiani, a vivere sotto scorta per 17 anni, fino al 2006. E anche quei compagni, al suo fianco in ogni momento, hanno voluto salutare un’ultima volta il giudice con cui hanno potuto vivere tante esperienze della loro vita. "Quante giornate e kilometri passati assieme, ora che ci hai lasciato, sentiamo già la tua mancanza. Rimani nei nostri cuori ed un pensiero va alla tua famiglia. Buon viaggio Doc, perché per noi da oggi e per sempre rimarrai nei nostri cuori", ha detto Bortolami Luigino a cui si è aggiunto Gilberto Barbon, dicendo “oggi Venezia perde un grande magistrato e uomo che tanto ha dato alla giustizia di questa città, un magistrato che ha combattuto in prima linea l’unica mafia nata fuori dalla Sicilia mettendo a repentaglio la sua vita. Ho avuto assieme ad altri colleghi l’onore di garantirne l’incolumità e sicurezza per molti anni. Ciao Doc”.
Fu un grande servizio quello svolto dall’ex giudice istruttore, in difesa della legalità e della democrazia del nostro paese. Un servizio che non può essere dimenticato. Così come non può essere dimenticata la sua conoscenza molto stretta con il giudice Giovanni Falcone. Con quest’ultimo infatti Pavone iniziò una collaborazione negli anni '80, nell’intento di unire, insieme anche ad altri magistrati d’Italia, le indagini sulla criminalità organizzata delle diverse procure. Un’attività che poi, per impegni e per spese eccessive, morì.
Il giudice veneziano però ricordava sempre quell’incontro mancato con Falcone proprio il giorno della sua morte, il 23 maggio 1992. Un incontro rimandato al mercoledì successivo, che poi come sappiamo, non ha mai avuto un seguito.
Come accade raramente, per il suo lavoro Pavone veniva addirittura stimato da alcuni criminali. E come ricordano i colleghi, anche di polizia, che hanno lavorato al suo fianco per raggiungere un unico obiettivo, come Cristina Casagrande, il giudice “oltre ad essere l’Uomo austero e tutto d’un pezzo, quale la sua figura imponeva, era anche un uomo spiritoso e divertente, come forse pochi se lo immaginano”.
Infine anche Bruno Pigozzo, vicepresidente del Consiglio regionale del Veneto, si è espresso dicendo che la vita fu completamente dedicata alla legalità. E questa è “una lezione che non dimenticheremo”.
Sì, è una lezione che soprattutto in questo momento storico non possiamo permetterci di dimenticare. E scriveremo il suo nome sotto la lista degli uomini giusti della nostra Nazione, che rischiarono la loro vita per proteggere noi, tutti i cittadini italiani.
Così anche noi, come redazione di ANTIMAFIADuemila, ci uniamo al ricordo del giudice Pavone e siamo vicini a tutta la sua famiglia. La promessa è che continueremo a lottare con ogni nostro sforzo per un’Italia pulita dalla violenza, dalla criminalità e dalla corruzione, cercando in ogni modo di portare alto l’ideale che mosse anche lo spirito di Francesco Pavone, quello di verità e di giustizia.

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