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L'intercettazione appare nell’inchiesta in cui viene contestata la corruzione al pm romano
di Giorgio Bongiovanni

"Sì, però pure Federico non deve fare il gruppo (incomprensibile)… con Nino Di Matteo dentro". Tra le vergognose intercettazioni registrate dalla Procura di Perugia, che indaga sul pm di Roma ed ex presidente dell'Anm, Luca Palamara, accusato di corruzione e considerato figura chiave nell’inchiesta che ha portato dritti al cuore del Consiglio superiore della magistratura svelando le discussioni e le trattative tra magistratura e politica (vi sono conversazioni con i parlamentari Luca Lotti e Cosimo Ferri, entrambi non indagati) sulla nomina del procuratore capo di Roma, compare anche questo. Il Fatto Quotidiano ne ha pubblicato un piccolo stralcio da cui si evince chiaramente come quel "sistema" avesse anche idee sulla Procura nazionale antimafia. Di fatto Palamara, parlando con il suo interlocutore, il sostituto procuratore nazionale antimafia, Cesare Sirignano, chiede l'allontanamento del sostituto procuratore nazionale antimafia, Nino Di Matteo, dal neonato pool che indaga sulle stragi e sui mandanti esterni.
Il riferimento a Cafiero de Raho nell'intercettazione del 7 maggio scorso è evidente e al tempo i gruppi erano già stati formati da alcuni mesi. Quell'auspicio però, troverà una sorta di compimento qualche settimana successiva, dopo che lo stesso Di Matteo aveva rilasciato un'intervista al programma condotto da Andrea Purgatori, "Atlantide", che aveva dedicato un lungo speciale sulla strage di Capaci.
In seguito a quella trasmissione il Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho decise di rimuovere Di Matteo dal pool in quanto, rispondendo alle domande del giornalista si era interrotto il “rapporto di fiducia all’interno del gruppo e con le direzioni distrettuali antimafia”. Eppure Di Matteo non aveva rivelato nulla che non fosse già noto al grande pubblico, ma semplicemente aveva messo intelligentemente in fila i vari episodi.

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Il sostituto procuratore nazionale antimafia, Nino Di Matteo


Quell'esternazione, però, non era stata gradita dal Procuratore Capo in quanto sarebbero state oggetto di valutazioni proprio all'interno dei gruppi di lavoro. La vicenda è ora al vaglio del Consiglio superiore della magistratura che dovrà decidere se confermare la scelta di de Raho o se accogliere il ricorso presentato da Di Matteo, reintegrandolo nel pool.
Anche se le due vicende, apparentemente, non sono connesse tra loro il sospetto è legittimo e razionale perché è quantomeno singolare la coincidenza che l'auspicio del Palamara si sia realizzato. Una coincidenza che indigna e fa sprofondare sempre più in basso certa magistratura.
Pertanto auspichiamo che il Csm ne tenga conto quando si troverà a decidere sul caso della revoca di Di Matteo nel ruolo del pool stragi, perché non è possibile far finta che non esistono.
Inoltre, quel che si evince da quel dialogo, è comunque il fastidio che determinati soggetti provano per la presenza di Di Matteo in un pool che ha un ruolo così delicato. Fastidio che sarebbe dimostrato anche dal resto della conversazione in cui, scrive il Fatto, "non emergono apprezzamenti positivi su Di Matteo".
Nella parte di intercettazione pubblicata dal Fatto Palamara dà anche un'altra indicazione (“Ridimensionare Barbara”, che non deve andare “su posti importanti”) riferendosi, apparentemente alla procuratrice della Dna, Sargenti, ritenuta troppo vicina all’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e torna a preoccuparsi della corsa alla successione di quest'ultimo al vertice della Procura.
L'immagine che resta, osservando questi fatti gravissimi, è quella di una lotta di sistema con magistrati che cercano di defenestrare altri magistrati seguendo logiche di potere opportunistiche contro chi è indipendente e privo di condizionamento. La dimostrazione che oggi è più che mai urgente una riforma della magistratura che sappia tutelare quei tanti magistrati onesti che lavorano per lo Stato in nome della Costituzione italiana. Magistrati che rischiano la vita ogni giorno in quelle Procure impegnate nella lotta alla criminalità organizzata e contro la corruzione senza guardare in faccia a nessuno.
Come abbiamo detto in passato il Consiglio superiore della magistratura ha spesso agito come un Sinedrio che proteggeva più il potere che la democrazia.
L'augurio è che dopo questi scandali il Csm possa trasformarsi in quell'organo di autogoverno che deve garantire l'indipendenza dei magistrati tutelando il loro onore e le loro mansioni.

Foto © Imagoeconomica

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