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salvani matteo povera patria c imagoeconomicadi Giorgio Bongiovanni
Il dibattito politico di questi giorni si sta concentrando sul caso "Sea Watch 3", con 47 migranti a bordo di cui 13 minorenni, che si trova al largo del porto di Siracusa.
Matteo Salvini, ministro degli Interni del "Governo del non cambiamento" ieri ha ribadito ancora una volta il suo disumano dissenso: "Tornino da dove sono venuti. I porti italiani sono e rimangono chiusi".
C'è una storia che il ministro Salvini finge di non conoscere. Una storia fatta di crimini perpetrati nell'intero Continente africano, dalla Libia al Sudafrica, contro questo antico popolo. Una storia di sangue, morti, violenze e sopraffazioni in nome di quel colonialismo folle che tutti i popoli Europei hanno perpetrato nel corso della loro storia depredando ed usurpando la terra d'Africa.
Azioni come quelle dei belgi di Re Leopoldo, o anche come gli stessi italiani, ai tempi del fascismo. Una storia di invasioni, proseguite nel corso dei secoli, che hanno spazzato via intere famiglie. Se dovessimo guardare al passato dell'umanità potremmo immaginare un'ipotetica famiglia interamente distrutta a causa di questi crimini efferati, la famiglia di Matìas Salvinòs (nome d'invenzione, è chiaro) che si è data alla fuga per cercare di sfuggire da quei soprusi. Oggi che siamo nel 2019 la situazione non è cambiata perché se il cosiddetto colonialismo non esiste più l'imperialismo del mondo occidentale non è affatto cambiato. Si fa finta di non sapere, ad esempio, che molti migranti non fanno altro che fuggire dalle bombe che sono partite dalle basi Nato, dalla "nostra" Sigonella, per bombardare Paesi dove sono state "prodotte" le guerre. L'immigrazione è un effetto strettamente legato a quelle guerre portate in Iraq, in Siria, in Libia, in Afghanistan.
Si vuole fingere di non sapere che è il nostro intervento in tutti questi Paesi ad aver provocato questo immenso flusso migratorio. Chi fugge da questi Paesi lo fa perché vede le proprie case colpite dai nostri bombardamenti. Fugge perché sono devastati e distrutti dalla miseria prodotta dai modelli economici e sociali occidentali. Fugge perché il cambio climatico e la desertificazione, soprattutto prodotti dal folle sfruttamento delle risorse della terra da parte dell'uomo occidentale, non sta lasciando più scampo.
Oggi tanti Matìas Salvinòs si mettono in viaggio alla ricerca di una nuova speranza in quei Paesi tiranni e dittatori che hanno massacrato le loro terre. E tuttavia continuano ad essere schiacciati e sottomessi. Il mare che separa il Continente europeo e quello africano si sporca del sangue delle vite di quanti non riescono a sopravvivere alla traversata o vengono lasciati alla deriva. Poi c'è chi viene accolto. Oggi però il nostro Paese attraversa un nuovo momento buio a causa di un ministro degli Interni che dovrebbe conoscere il passato di un popolo che a sua volta è stato migrante. E Matteo Salvini, anziché accogliere quel fratello di nome Matìas Salvinòs, inginocchiandosi, chiedendo perdono per aver usurpato e dilapidato quelle terre e facendosi promotore di una campagna di restituzione delle risorse con l'intera Unione Europea e l'Impero americano (che ha spazzato via l'intero popolo dei nativi), sceglie di chiudere i porti.
E allora, il giorno in cui gli italiani torneranno ad essere profughi, migrando in altre terre come il Sud America perché, magari, in Europa si verificherà un nuovo conflitto, sarà giusto che i capi di Governo ed i ministri di quei Paesi chiudano le loro frontiere e buttino a mare i Matteo Salvini di turno. Perché solo così, forse, gente come il nostro attuale ministro degli Interni potrà capire che siamo tutti fratelli e cittadini di questo Pianeta, che non contano razze ed etnie.

P.S. Per quanto riguarda la politica, si può essere d'accordo con il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte ministro, che con l'autorità che caratterizza il popolo italiano, si impone contro il governo francese preseduto da Macron, contro quei Paesi dell'est che a loro volta alzano barriere anziché accogliere le popolazioni che soffrono, contro le prepotenze di quell'Europa che troppo a lungo è rimasta fin qui indifferente di fronte a questa problematica. Ha ragione quando dice che "se si continua a tergiversare sull’immigrazione l’Europa rischia di franare, di crollare". E' giusto pretendere che anche gli altri Paesi dell'Unione Europea facciano la loro parte e rispettino quegli impegni assunti nel ricollocamento dei migranti presenti sul nostro territorio. Ma questo è un discorso che deve essere affrontato senza che sul piatto delle trattative sia messa in gioco la vita e la sicurezza di quelle persone che hanno già sofferto per causa nostra.

Foto © Imagoeconomica

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