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medina pablo bongiovanni giorgiodi Giorgio Bongiovanni - Video
L'anniversario dell'assassinio del giornalista Pablo Medina
Io e Pablo eravamo amici. Pablo per me è stato un maestro di giornalismo per quel suo modo di operare sul campo, accompagnato immancabilmente dalla sua macchina fotografica. Pablo riusciva a scovare le notizie quando queste venivano celate dai più; intervistando collaboratori di giustizia, investigatori e con un confronto diretto e costante con le proprie fonti. Gli articoli di Pablo erano diretti, senza peli sulla lingua. Pablo scriveva quello che vedeva in maniera meticolosa senza mai essere smentito nelle informazioni che dava su mafiosi, narcotrafficanti o potenti di turno. Pablo Medina è stato ucciso il 16 ottobre 2014 insieme alla sua giovane assistente Antonia Almada lungo una strada rurale di Villa Ygatimí, nel dipartimento di Canindeyú al confine con il Brasile. E' morto sul campo, mentre svolgeva il suo lavoro di inchiesta su quell'area di snodo del narcotraffico paraguayano e brasiliano.
A commissionare l’assassinio del giornalista, ucciso sotto i colpi di una calibro 9 mm, è stato Vilmar “Neneco” Acosta, politico del ‘partito colorado’, ripetutamente denunciato dal giornalista Pablo Medina, corrispondente di ABC Color, come uomo vicino al narcotraffico della zona e coinvolto in altri delitti. Acosta è stato condannato a 39 anni di carcere che sta trascorrendo presso il Penitenziario Nazionale di Tacumbú. Deve ancora svolgersi il processo contro uno dei sicari, Flavio Acosta, detenuto in Brasile (fu chiesta l'estradizione ma lo Stato l'ha negata in quanto cittadino brasiliano, ndr) per cui si aspetta comunque un processo per la morte di Pablo come è auspicabile che le autorità arrivino alla cattura di Wilson Acosta, altro killer, latitante da ormai quattro anni.
Ma non c'è solo questo. Ad oggi resta aperta un’indagine per ricercare i mandanti esterni dell’assassinio di Pablo perché, ne siamo certi, a commissionare l’omicidio di uno dei più famosi ed apprezzati giornalisti del Paraguay, non può essere stata solo la mafia. Erano diversi gli uomini di potere su cui Pablo Medina aveva investigato e che colpiva con i suoi articoli pubblicati su ABC, noto giornale nazionale, di cui era inviato. Un giornale dalla controversa linea editoriale. Fin fai tempi della dittatura la ABC si era schierato contro Stroessner consentendo a giornalisti liberi ed indipendenti la pubblicazione dei loro articoli. Nel caso di Pablo Medina, però, il quotidiano non è sempre stato vicino al giornalista. A lui non erano stati garantiti quei mezzi tecnologici ed una adeguata sicurezza per sostenere il proprio lavoro, nonostante le risorse economiche non mancassero. Pablo Medina era di fatto un corrispondente di guerra. Una guerra silenziosa, combattuta nella quasi indifferenza dei media. Un giornalista in prima linea come Pablo Medina necessitava di mezzi di spostamento più sicuri e adeguati e di una scorta privata quantomai necessaria in quella terra di confine dove gli interessi dei narcotrafficanti sono al primo posto e spesso coincidono con quelli di uomini potenti che siedono ai vertici dello Stato. Ma Pablo non aveva paura e continuava le sue inchieste anche autofinanziandosi.



E se da una parte i suoi articoli non venivano censurati dall'altra si può sostenere che Pablo fosse, di fatto, un giornalista scomodo anche per il suo giornale perché aveva il coraggio di denunciare quelle torbide connessioni tra personaggi influenti della vita politica paraguayana e il narcotraffico. Di fatto la sua era una lotta in solitaria che avveniva tra i silenzi e l’omertà persino del suo popolo.
Oggi è il 16 ottobre e come ogni anno ricordiamo la sua morte non con una sterile celebrazione ma con una commemorazione che vede la partecipazione di colleghi, amici, familiari e giornalisti internazionali. Un importante momento di riflessione per fare il punto sulle indagini e la ricerca dei mandanti esterni dell’omicidio Medina e per ragionare sulla globalizzazione del fenomeno mafioso e del crimine organizzato nel Sud America. Come ogni anno anche noi interverremo con la nostra redazione italiana e sud americana. Sarà presente il pubblico ministero paraguayano Jorge Figueredo, il giornalista uruguayano Georges Almendras e il Movimento culturale internazionale Our Voice con i suoi giovani esponenti provenienti da varie nazioni del Sud America. Anche noi interverremo telefonicamente dall’Italia per ricordare un nostro valoroso collega e amico, un esempio di giornalismo anche al di là dell’oceano. Sarà presente anche la famiglia di Pablo che in questi anni ha continuato a lottare e a credere nella giustizia. Ci saranno senatori ed esponenti di quell’ambiente non corrotto che ha sempre sostenuto il lavoro di Pablo. Ci sarà, dunque, il volto migliore della società civile paraguayana che oggi si trova a vivere una delle situazioni nazionali più catastrofiche della storia. Particolarmente incerta la situazione politica con l'ex presidente Horacio Cartes, un personaggio controverso su cui da anni stiamo indagando per comprendere la sua posizione rispetto ad eventuali collusioni con potenti cartelli mafiosi che gestiscono il mercato della droga nel paese, che voleva dimettersi per poi potersi candidare a Senatore. Dimissioni che al momento sono state rifiutate dal Parlamento. Ma sul delitto Medina abbiamo già alcune certezze. Ad oggi, infatti, possiamo affermare che Pablo Medina è stato una vittima di queste torbide collusioni tra personaggi del governo e narcos multimilionari e la condanna di “Neneco” Acosta dimostra proprio questo. E noi non ci fermeremo e continueremo ad indagare su questi rapporti.
Ciao Pablo, ti vogliamo bene ovunque tu sei nella luce.

In foto:
il giornalista Pablo Medina insieme al direttore Bongiovanni © ACFB





Pablo Medina: il documentario del giornalista Jean Georges Almendras (in spagnolo)



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