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Il boss invita ad ascoltare le “chiarissime” “intercettazioni con Adinolfi”
di Giorgio Bongiovanni
Sembrerebbe un clamoroso autogol quello del sanguinario boss Giuseppe Graviano lo scorso sei aprile, quando ha rilasciato delle dichiarazioni spontanee sconvolgenti al processo 'Ndrangheta stragista. Difronte alla Corte d’assise di Reggio Calabria, presidente Ornella Pastore, PM il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, il boss di Brancaccio, nel tentativo di smentire il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, ha rivelato che dal '97 ad oggi la mafia ha evitato attentati terroristici di matrice straniera. Al Quaeda prima, Isis e Stato islamico poi, non hanno colpito la nostra nazione grazie “ad alcuni siciliani” non certo alle misure di sicurezza, ha detto il boss senza mai nominare Cosa nostra o le mafie. Una rivelazione che scoperchia un segreto finora solo ipotizzato da inquirenti e addetti ai lavori ma che, secondo quanto detto dal boss, nelle carceri “tutti lo sapevano”.  
Tanto che il boss di Brancaccio ha invitato la Corte ad interrogare, su tutto ciò, il collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori, secondo Graviano, perfettamente a conoscenza di questi fatti sin dagli anni novanta ma di cui non avrebbe mai riferito.
A sostegno della sua affermazione l'imputato ha addirittura invitato i magistrati ad ascoltare i recenti colloqui con i famigliari in cui li rassicurava ad uscire la sera ed a non preoccuparsi, che attentati di matrice islamica terroristica in Italia non ce ne sarebbero stati.
Una notizia che è passata nel silenzio della maggior parte dei giornali nazionali nonostante Graviano sembra ammettere una sorta di accordo preso con queste organizzazioni terroristiche. In merito ai possibili contatti con il terrorismo islamico, il procuratore nazionale antimafia Cafiero de Raho, quando era ancora procuratore a Reggio Calabria, aveva posto l'attenzione sulla possibile asse Isis-'Ndrangheta e sugli affari che potevano fare gola rispettivamente ai due gruppi criminali.
Come mai ora Graviano sembra confermare, sull'asse siciliana, questa teoria? Proprio adesso che si stanno ancora distribuendo le poltrone del nuovo governo e scegliendo le possibili alleanze.
Un'autorete clamorosa o il sanguinario boss sta lanciando qualche messaggio a quel potere che ha avuto legami con la mafia nell'ultimo trentennio? Anni in cui i Graviano sono stati al vertice sotto l'ala corleonese di Riina e Provenzano e in cui probabilmente hanno fatto accordi con personaggi anche istituzionali prima, dopo e durante le stragi degli anni '90.
Al momento non si può sapere, intanto rendiamo noto che durante le sue dichiarazioni spontanee il boss ha concentrato l'attenzione sulle conversazioni avute con il camorrista Umberto Adinolfi in carcere tra il febbraio 2016 e l'aprile 2017, in cui parlerebbe di Silvio Berlusconi e dei suoi contatti. Graviano, prendendo alla larga il discorso, ha chiesto addirittura che le intercettazioni vengano tutte acquisite a processo. Cosa vuole dire il boss quando sottolinea che “Adinolfi è un carissimo amico”, forse che con un amico di quel livello non si finge ma si fanno confidenze reali? Di certo i dialoghi, secondo quanto dice Graviano, non lascerebbero spazio a tante interpretazioni perché “chiarissimi”.
In oltre trenta minuti di dichiarazioni spontanee il boss di Brancaccio accenna, almeno due volte prima di ricordare i suoi dialoghi “chiarissimi” con Adinolfi, alle condizioni di detenzione in area riservata al 41 bis.
Guarda caso, Giuseppe Graviano infila tra le righe le sue considerazioni sulle disumane condizioni carcerarie, proprio quando, nonostante la caduta del governo che le aveva promosse, sono in corso due importanti e allarmanti riforme: quella sulla giustizia e quella carceraria.
Forse il boss che sostenne la strategia dei corleonesi vuole dare un messaggio sottinteso alla politica? E ricordare che attenuare le “detenzioni disumane del 41bis” farebbe piacere ad alcuni “siciliani”?
Quando poi, invitato dalla presidente della Corte a non uscire dal tema del processo, Giuseppe Graviano conclude velocemente dicendosi disponibile a rispondere a tutte le domande della Corte, dei magistrati e degli avvocati di parte civile, cosa sta facendo?
E' veramente intenzionato a parlare o sta lanciando avvertimenti? Qualora venisse alleggerito il carcere duro, da sempre un punto d'interesse per la mafia. Il boss che nel processo trattativa stato mafia si è trincerato dietro la “facoltà di non rispondere” sarebbe ancora disposto a rispondere alle domande?
Non resta che attendere che avvocati e magistrati lo interroghino per vedere se ci saranno altre sorprese da uno degli ultimi “Corleonesi” che possono ancora svelare 40 anni di mafia e di rapporti interni con lo Stato-mafia.