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di Giorgio Bongiovanni
Habemus Parlamento! Dopo giorni di trattative tra i vincitori delle elezioni (Movimento Cinque Stelle e la coalizione di Centrodestra, con in particolare la Lega sugli scudi) Maria Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico sono stati eletti presidenti del Senato e della Camera, rispettivamente al terzo e al quarto tentativo. E’ così che ha preso il via la XVIII legislatura. Ed ora, dopo le dimissioni formali del Premier Paolo Gentiloni, si apre una nuova partita, quella per Palazzo Chigi, con il Capo dello Stato Sergio Mattarella che dopo Pasqua darà il via alle consultazioni per il conferimento dell'incarico di governo.
E proprio in vista di questo delicatissimo momento non possiamo non guardare a quanto accaduto con una certa preoccupazione.
E’ vero, il primo nome proposto da Berlusconi era quello del capogruppo di Forza Italia Paolo Romani. Poiché “sotto processo” con una condanna non definitiva per peculato per una vecchia storia legata all’uso di un cellulare di servizio, il “no” dei grillini è stato netto. Applausi per l’intransigenza. La virata sulla Casellati, però, fa altrettanto discutere la base ed i tanti elettori che certamente non si aspettavano la nomina a Presidente del Senato di una berlusconiana convinta, che da sottosegretaria fece assumere la figlia al ministero e che pur di difendere l’indifendibile ex Premier si è sempre schierata contro i magistrati allineandosi a quella corrente che in maniera becera e violenta apostrofava gli stessi come un “cancro da estirpare”, “malati di mente”, “antropologicamente diversi dal resto della razza umana” e così via. Da parte sua non c’è mai stato alcun passo indietro, neanche quando ci sono state sentenze di condanna per Berlusconi, Previti e Dell’Utri. Erano tutti “perseguitati dalla magistratura”. Nel corso della militanza politica ha sempre sostenuto la sfilza di “leggi ad personam” (dalla legge Cirami al lodo Schifani, dalla legge Cirielli alla legge Frattini) sostenendo anche il “Lodo salva Berlusconi” la legge sul “legittimo impedimento”, e pur di restare fedele al proprio leader, schierandosi fin all’ultimo contro la decadenza di Berlusconi da senatore.
Si può essere assolutamente certi che l’ex premier sia rimasto scontento dell’elezione del neo Presidente del Senato? Si può essere sicuri al cento per cento che per lui sia stata una sconfitta?
Ieri il “povero” Silvio è stato rinviato a giudizio per il caso Ruby ter e a Reggio Calabria ha mostrato quel lato “smemorato” che da sempre contraddistingue gli uomini di potere che si vedono chiamati a testimoniare in un processo addirittura dicendo di non conoscere uno dei suoi “delfini” nel Sud Italia. Segno che la sua arroganza è tutt’altro che finita.
E’ chiaro che di fronte ad un’Italia spaccata in tre blocchi, senza che vi sia una maggioranza assoluta, il compromesso diventa l’unica via per dar vita ad un nuovo Governo.
Ma davvero si può accettare un dialogo con certe figure? Fino a che punto ci si può spingere?
E’ vero. Ancora non si può dire che siamo di fronte all’ennesimo inciucio o che siamo alle prese con una “copia” del “Patto del Nazareno”. Allo scandalo si potrebbe urlare qualora, come ha ricordato il direttore de “Il Fatto Quotidiano” Marco Travaglio, “l’accordo istituzionale Di Maio-Salvini nascondesse contropartite occulte in vista di un governo insieme”.
Tuttavia, osserviamo i segnali e l’elezione della Casellati, a ben vedere, suona come un’apertura in questa direzione. Un avvicinamento che potrebbe portare ad un “patto col Diavolo” pur di governare. Speriamo di sbagliarci. Se così non fosse sarebbe l’ennesimo tradimento perpetrato ai danni di tanti italiani in buona fede che credevano in un cambiamento.

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