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di Giorgio Bongiovanni
La richiesta di sospensione pena per Dell’Utri

Chi sa non parli! Tanto, prima o poi, il modo per uscire dal carcere, per non espletare la pena, per riabbracciare la famiglia, verrà trovato. Ecco il segnale, pericoloso, che viene lanciato. Un messaggio, forte e chiaro, che risuona di continuo in questi ultimi mesi. Graviano che sarebbe stato sentito al processo trattativa Stato-mafia? Ecco pronta una nuova circolare sul “41 bis” che regola la vita dei detenuti al carcere duro con disposizioni sull’assistenza sanitaria, sull'attività lavorativa, sull'iscrizione ai corsi scolastici, ed i colloqui con gli educatori, le perquisizioni, le visite del garante, gli incontri coi familiari, la ricezione dei pacchi e della corrispondenza, ed altro ancora. Circolare che fu accompagnata anche dall’incredibile invito a “ragionare sulla limitazione del numero di persone da sottoporre al 41 bis”. Il boss di Brancaccio non ha voluto rispondere alle domande dei giudici, restando in silenzio. Lo stesso silenzio dietro cui si sono trincerati la stragrande maggioranza dei politici saliti sul pretorio durante il dibattimento del processo che si celebra in corte d’Assise. Ora che è in corso la requisitoria dei pm ecco un nuovo segnale. Stavolta però, rivolto ad uno degli imputati del processo: Marcello Dell’Utri. L’ex senatore, già condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, deve scontare ancora circa metà pena e in questi mesi, tramite i suoi legali, ha più volte tentato di uscire dal carcere tra richieste di revisione e di sospensione pena. Se nei giorni scorsi era stata respinta l'istanza di differimento della pena, presentata dalla difesa dell’ex senatore al tribunale di sorveglianza di Roma per motivi di salute, oggi Dell’Utri trova sponda dalla richiesta di sospensione della pena da parte della Procura generale di Caltanissetta, presentata nel corso del giudizio di revisione avviato su richiesta della difesa dell’imputato davanti alla corte d’appello nissena. Il ragionamento dei legali dell’ex senatore è semplice “se la Corte di Strasburgo ha dichiarato la condanna di Contrada illegittima, lo è anche quella del politico di Forza Italia". E quando lo scorso luglio, alla luce di quella sentenza, nei confronti dell’ex numero tre del Sisde la Cassazione ha dichiarato “ineseguibile e improduttiva di effetti penali la sentenza di condanna” divenuta definitiva nel 2007, immediatamente si è gridato alla sua innocenza addirittura spacciando la stessa delibera come una revoca della sentenza. Non una parola, in quei documenti, veniva espressa sui fatti contestati a Contrada. Fatti che continuano ad essere ritenuti provati. E la stessa operazione di “riabilitazione” viene oggi fatta per il “buon Dell’Utri” che dal carcere si dichiara “prigioniero politico”. I soliti “amici” (politici, giornalisti, scrittori) hanno già da tempo dato il via ad una campagna per “liberarlo”. Adesso però il pericoloso assist viene dato dalla Procura generale di Caltanissetta con il parere favorevole alla sospensione della pena. Non c’è “cavillo giuridico” che giustifichi un’azione tale. Perché il “concorso esterno” esiste da ben prima della sentenza Demitry, che è del 1994. E, come spiegato dalle perizie mediche del Tribunale, nonostante allo stato di salute attuale per Dell’Utri non vi è incompatibilità con il carcere, dove può e deve essere curato. Per questo il parere favorevole della Procura generale nissena, che verrà valutata dalla Corte d’appello probabilmente il prossimo gennaio, è più che discutibile ed appare come un “segnale di distensione” dato ad un uomo che ha governato e che ha agito per conto della mafia. C’è chi ha scritto che “Dell’Ultri in carcere si è comportato da gentiluomo del sud e anche di questo bisogna tener conto”. Infatti da “buon meridionale” ha messo in pratica il motto “A megghiu parola è chidda ca 'un si dici”. E l’invito al silenzio passa, ora, anche dagli organi che dovrebbero rappresentare lo Stato. Ma i fatti restano fatti. Dell’Utri vuole tornare ad essere libero? C’è un solo modo e lo abbiamo già scritto. Basterebbe un semplice azione, collaborare con la giustizia dicendo tutto quello che sa sui rapporti avuti e, soprattutto, su quella terribile stagione che venticinque anni addietro ha causato tanto dolore al nostro Paese minando dalla base la nostra democrazia. Questo doveva essere l’invito della Procura generale di Caltanissetta, e non l’ha fatto. Posteris iudicium.

Immagine tratta da "Belluscone - Una storia siciliana"

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