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torrealta lodatodi Giorgio Bongiovanni - Video
Si apre uno spiraglio di luce tra i mezzi di comunicazione di massa nazionali. E' il programma "Siamo noi", andato in onda ieri a Tv2000, a rendere finalmente doverosa memoria a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Alla trasmissione, ospiti i giornalisti Saverio Lodato e Maurizio Torrealta insieme a Don Geremia Acri della Casa di accoglienza Santa Maria Goretti e Marco Imperiale di Fondazione per il Sud e condotta da Gabriella Facondo e Massimiliano Niccoli.
I due giornalisti che conobbero Falcone e Borsellino hanno messo in evidenza tutte le lacune tralasciate dalle passerelle e le manifestazioni messe in piedi per questo 25° anniversario della bomba a Capaci. Non ultimo, il capitolo sui mandanti esterni alle stragi, rivendicate tanto nel '92 quanto nel '93 dalla "Falange armata". “Perché si è dovuto compiere un atto di guerra come la strage di Capaci? Perché doveva essere un atto visibile anche oltreoceano” ha spiegato Torrealta. “La guerra fredda terminò l'89 e quindi non volevano che fossero portati alla sbarra tutti coloro che avevano finanziato o partecipato indirettamente a questa guerra, Capaci è stata firmata Flange Armata e anche la strage di Borsellino, le bombe del '93, addirittura, erano annunciate da prima che scoppiassero da Falange Armata”.
Lodato ha quindi ricordato il suo incontro con Giovanni Brusca, ex mafioso oggi pentito, colui che premette il pulsante a Capaci azionando la bomba che fece esplodere l'autostrada: “Incontrare Brusca è stata un esperienza forte, quella di aver conosciuto uno dei capi del clan corleonesi, il clan che scatenò la mattanza” dove morirono personaggi eccellenti come Rocco Chinnici, Gaetano Costa, Ninni Cassarà, Beppe Montana, Falcone, Borsellino e molti altri. “Parlando con Brusca si capiva che questo accadeva perché c’erano dei rapporti stretti con le istituzioni”.



Il giornalista e scrittore Lodato ha ricordato anche l'importanza del processo sulla trattativa Stato-mafia: “Falcone e Borsellino affrontano il primo livello della mafia, il così detto livello militare; la procura successiva, negli anni ’90, con Gian Carlo Caselli e altri, affrontò il tema della complicità politica. Ora ci sono dei giudici che vogliono sapere se ci sono stati dei rapporti tra mafia e Stato e se questo c’e stato è giusto che vengano svelati e che se ne parli a 25 anni dalla morte di Falcone”.
“Di questo processo i giornali e le televisioni non ne parlano” - ha sottolienato il giornalista aggiungendo che - “il pm Nino Di Matteo, pubblica accusa a processo, ha subito diverse condanne a morte, una da parte di Totò Riina dal carcere, poi dei pentiti raccontano che sono già stati raccolti a Palermo 200 kg di tritolo per eliminarlo appena possibile”.
Rapporti, quelli intercorsi a più riprese tra istituzioni, ambienti di potere e criminalità organizzata, evidenziati anche da Don Geremia Acri, parlando di legami secolari tra mafia, Vaticano, massoneria e politica. Ce n'è anche per il Consiglio superiore della magistratura, raggelato (insieme al presidente Mattarella, capo del Csm) dalle parole di Maria Falcone (sorella di Giovanni) e Alfredo Morvillo (fratello di Francesca), ricordate da Lodato, su come Falcone iniziò a morire ben prima del 23 maggio '92, proprio all'interno dello stesso Csm. “Falcone e Borsellino vissero in perenne e totale isolamento il loro primo successo giudiziario che porta alle sbarre moltissime famiglie mafiose - ha detto Lodato - quel grande successo professionale fu osteggiato fino alla fine dai poteri romani perchè non fu accettato che loro avessero deciso di fare sul serio contro mafia militare”.
Sono passati venticinque anni da quelle terribili stragi e molti interrogativi restano senza risposta, noi condividiamo appieno il pensiero dello scrittore Lodato: “A venticinque anni dalle stragi dobbiamo avere la consapevolezza che a Falcone e Borsellino dobbiamo qualcosa di più, non solo commemorazioni e manifestazioni, dobbiamo loro parole di coraggio anche se sono scomode”.

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