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"Accura", Scarpinato!
Il 28 maggio 2014 l’escalation di minacce si rivolge a Roberto Scarpinato, procuratore generale di Palermo. "Attenzione è pronto un regalo scoppiettante per procuratore Scarpinato e dirigente carabinieri tribunale" dice la lettera anonima, recapitata presso la sede palermitana dell'Ansa. Il messaggio è firmato solo P.R.A., una sigla finora ignota.
Nel frattempo si mobilita una raccolta di firme, promossa dalle Agende Rosse di Salvatore Borsellino e da ANTIMAFIADuemila, per nominare Nino Di Matteo procuratore aggiunto di Palermo. Un segno che rappresenterebbe un “inequivocabile sostegno” così come l'intenzione di non togliere tempo prezioso alle indagini sulla trattativa, dato che il pm è costretto a seguire anche casi di giustizia “ordinaria”. Nonostante le oltre 91mila firme raggiunte, l’appello rimane inascoltato.

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Il fratello del giudice Paolo Borsellino, Salvatore


Ma non è solo Riina a parlare di un nuovo attentato a Palermo: il 20 agosto 2014 emerge che un confidente della Dna avrebbe rivelato ai magistrati che il boss di Porta Nuova Giovanni Di Giacomo, detenuto al 41bis, “vuole fare un botto a Palermo” e “colpire un rappresentante delle Istituzioni”. Notizia che a pochi mesi di distanza dagli ordini di morte pronunciati da Riina appare ancora più inquietante.
Settembre è di fuoco: la notte tra il 2 e il 3 qualcuno entra nell'ufficio di Scarpinato e lascia sulla scrivania una lettera anonima: “Possiamo raggiungerti ovunque”. Oltre all'invito ad interrompere le indagini fa un elenco di luoghi frequentati dal magistrato.


“Lei sta esorbitando dai suoi compiti e dal suo ruolo, lasci che le cose seguano il loro corso, ogni pazienza ha un limite” / Lettera anonima


Si tratta della collaborazione tra Procura generale e pool trattativa, che proprio nei giorni scorsi ha consegnato nuovi atti riguardanti le indagini sui servizi segreti, il generale Mario Mori, tra gli imputati al processo trattativa, ed i possibili legami di quest'ultimo con la P2 e gli ambienti dell'estremismo nero. Non solo. La Procura di Palermo ha infatti aperto un fascicolo sul cosiddetto "protocollo farfalla", l'accordo top secret siglato tra i vertici del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e il Sisde, l'ex servizio segreto civile, nel 2004.
La misteriosa intrusione getta un’ombra sulle condizioni di sicurezza del Tribunale. Nelle stanze blindate non vi sono segni di effrazione e con ogni probabilità è stato utilizzato l'ascensore che collega l’ufficio del pg al pianterreno, l’unico accesso non controllato dalle videocamere di sorveglianza. Se a questo si aggiunge che per attivare l'impianto di risalita sono necessarie delle chiavi (le stesse dal 1980) ecco che il livello di attenzione si alza ulteriormente. Ma per quale motivo agire in maniera così eclatante?

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Il generale dei Carabinieri, Mario Mori


Quel che è certo è che Scarpinato, secondo gli autori anonimi delle minacce, deve “fare attenzione”. “Accura” (in dialetto “stai attento”) è la scritta trovata sulla porta di fronte l’anticamera della stanza del pg, appena venti giorni dopo, come a voler dire "possiamo arrivare dove vogliamo". In ogni caso il messaggio è più che chiaro e mira a destabilizzare ulteriormente la serenità all'interno del palazzo proprio alla vigilia della ripresa del processo d'appello Mori-Obinu dove l'accusa deve depositare nuovi atti e chiedere la riapertura del dibattimento. La trama della vicenda diventa sempre più oscura, se si pensa che proprio di quei giorni mancano persino le registrazioni video.

Uragano Galatolo
A novembre 2014 una fonte giudicata “attendibile” fa nuovamente tremare la Procura: il tritolo per Di Matteo, dice, è già arrivato a Palermo, e sarebbe situato in diversi punti. È il boss dell’Acquasanta Vito Galatolo a togliersi “un peso dalla coscienza” rivelando il progetto di un attentato a Di Matteo, per il quale le famiglie mafiose palermitane si sarebbero attivate nel recuperare l’esplosivo. Che si troverebbe già a Palermo. L’alternativa, aggiunge Galatolo, ad un agguato a Roma con tanto di bazooka e kalashnikov. Qualche giorno prima il mafioso ha chiesto di parlare con Di Matteo per metterlo in guardia, spiegando di aver preso parte ad un summit di mafia dove si sarebbe parlato di pianificare l’assassinio del magistrato. L’indomani giunge la notizia del suo pentimento: Galatolo ribadisce che “all’eliminazione del magistrato sono interessate anche entità esterne”. Quali sarebbero? La sua famiglia, come emerge da numerose carte processuali, è legata da sempre a settori “deviati” dei servizi, dal fallito attentato all’Addaura contro Falcone in poi.

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Il momento dell'arresto di Vito Galatolo, oggi collaboratore di giustizia


Tra gli ultimi a rilasciare dichiarazioni in merito ad una possibilità di attentato contro Di Matteo è il boss Antonino Zarcone, ex reggente del clan di Bagheria e oggi collaboratore di giustizia. Il periodo da quest’ultimo riferito sarebbe quello del 2006-2007. E un altro collaboratore di giustizia, Stefano Lo Verso, spiega che l'attentato contro Di Matteo doveva avvenire già nel 2008 a Santa Flavia, dove il magistrato trascorreva le vacanze. Ma il capomafia di Bagheria, Pino Scaduto, si è rifiutato di far eseguire l'ordine di morte nel suo territorio.
All’indomani di questo ultimo scossone tutta la Procura si schiera con Di Matteo e i colleghi del pool trattativa e in un documento manifesta “incondizionata solidarietà”.


“Tutti i magistrati riuniti manifestano particolare inquietudine nell'apprendere che lo svolgimento del proprio dovere ha per l'ennesima volta esposto a rischio della vita magistrati di questo ufficio e sottolineano che l'intera procura si identifica nel collega Nino Di Matteo, bersaglio di un progetto omicidiario che considerano rivolto indistintamente contro tutti i magistrati dell'ufficio” / Procura di Palermo


Nello stesso momento duemila studenti scendono in piazza per dare al pm che Cosa nostra vuole morto una vera e propria “boccata d’ossigeno”. E dal Viminale l'allora ministro dell’Interno Angelino Alfano fa sapere che a breve verrà reso disponibile il bomb jammer, più volte oggetto di mancate promesse e di manifestazioni indette dalla società civile.

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