Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

contrada-bruno-web3di Giorgio Bongiovanni - 24 ottobre 2014
Bruno Contrada, ex numero tre del Sisde e condannato a dieci anni per concorso esterno in associazione mafiosa, si ostina a non ricordare o a negare, anche con certa enfasi, di fronte alle domande dei pm che conducono il processo Borsellino quater sulla morte del giudice ucciso il 19 luglio '92. Lo ha fatto anche ieri, deponendo di fronte alla Corte d’Assise di Caltanissetta, quando ha puntato il dito contro importanti collaboratori di giustizia come Gaspare Mutolo, il quale aveva precedentemente raccontato di un incontro tra Contrada e Borsellino nel mese di luglio. Circostanza della quale, però, l’ex funzionario dei servizi segreti sostiene di non conservare alcun ricordo.
Arrestato con l’accusa di concorso per mafia sulla base delle dichiarazioni di diversi pentiti (tra i quali proprio Gaspare Mutolo insieme a Tommaso Buscetta, Giuseppe Marchese e Salvatore Cancemi) nel 2007 per Contrada arriva infine la definitiva condanna a dieci anni di reclusione. Colpevole, secondo la Cassazione, “al di là di ogni ragionevole dubbio". Contrada veniva infatti accusato di avere "contribuito alle attività e agli scopi criminali dell'associazione mafiosa denominata Cosa nostra, fornendo 'ad esponenti della commissione provinciale di Palermo di Cosa nostra notizie riservate, riguardanti indagini ed operazioni di polizia da svolgere nei confronti dei medesimi e di altri appartenenti all'associazione'".

Il perché ancora un Bruno Contrada persista nel negare e nel manipolare la verità è presto detto: Bruno Contrada è rimasto “fedele” a quello stato che doveva ostacolare – e alla fine eliminare, come è poi accaduto – giudici come Falcone e Borsellino, forze dell’ordine che ostacolavano il funzionamento di quel grande ingranaggio in cui Cosa nostra è sempre stata il braccio armato dello Stato. Che, per dirla con le parole di Pietro Grasso (intervistato da Saverio Lodato nel libro “La mafia invisibile”) “molto spesso, è stata lo Stato. E ha sempre avuto la tendenza ad avere uomini delle istituzioni che potessero via via farla partecipare al sistema di potere”.
Bruno Contrada continua ad essere la voce di uno Stato criminale che ancora oggi vuole coprire i mandanti esterni delle stragi. Bombe scoppiate sia in Sicilia che nel continente e che hanno portato, con il sacrificio dei nostri martiri, alla nascita della seconda repubblica, retta da un partito di maggioranza legato a doppio filo con i boss mafiosi (lo dimostra la condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa di Marcello Dell’Utri, cofondatore di Forza Italia insieme a Berlusconi).
La speranza può essere risposta solo nel ravvedimento dell’ex numero tre del Sisde, che potrebbe raccontare ai pm di Caltanissetta così come al pool del processo trattativa a Palermo, (veri rappresentanti dello Stato-Stato, non dello Stato-mafia), molti oscuri retroscena della strage di via D’Amelio e di altri delitti politico-mafiosi eccellenti rimasti senza mandanti. Se finalmente rivelasse i suoi segreti l’accertamento della verità sarebbe ben più rapido, anziché lento e difficile come è accaduto finora.