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pool-trattativa-aula-processodi Giorgio Bongiovanni - 5 giugno 2014
Il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo ha deciso di assegnare il nuovo filone d'indagine sulla trattativa mafia-Stato ai pubblici ministeri Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia, che proseguiranno nelle attività investigative insieme al pm Francesco Del Bene coordinati dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi. Una buona notizia che conferma come il Tribunale di Palermo abbia un procuratore capo indipendente, che ha reso merito alla inequivocabile competenza in materia di mafia dei magistrati del pool trattativa (che si stanno occupando del processo in corso sul dialogo intavolato da pezzi di Cosa nostra e delle istituzioni nei primi anni '90).
Nel rispetto della legge e delle procedure del caso, a seguito della circolare emessa dal Consiglio superiore della magistratura che indicava nuove restrizioni per le indagini di mafia, da affidare solo ed esclusivamente a chi fa parte della Dda, Messineo ha inviato un quesito per chiedere spiegazioni in merito all'indagine trattativa Stato-mafia. Dei quattro magistrati che si occupano delle nuove indagini, infatti, solo Teresi è in possesso di tale requisito: l'incarico di Di Matteo era già scaduto e quello di Del Bene prossimo alla scadenza, mentre Tartaglia, con un minor numero di anni di carriera alle spalle, non è ancora entrato a fare parte della Direzione distrettuale antimafia.

A seguito, dunque, del rischio di un azzeramento del pool di Palermo – che avrebbe comportato la perdita, per le indagini, di competenze ineguagliabili date dall'aver seguito il fascicolo d'inchiesta fin dalla sua genesi – Messineo si era dunque deciso a chiedere delucidazioni al Csm. Il procuratore capo sottolineava il fatto che, nei casi in cui dovessero emergere “elementi indiziali a carico di nuovi e diversi soggetti rispetto a quelli per i quali si procede e tuttavia per il medesimo fatto ascritto a questi ultimi, con conseguente necessità di stralcio onde procedere separatamente alle relative indagini”, come è il caso del procedimento sulla trattativa, “in ossequio al principio di continuità nella assegnazione delle indagini per un medesimo fatto” è fondamentale non disperdere il patrimonio conoscitivo dei magistrati, che non fanno parte della Dda. Infine, non ricevendo risposta, Messineo stesso ha assegnato le deleghe, ritenendo che la nuova inchiesta fosse comunque scaturita dalla vecchia indagine già assegnata a Di Matteo ed essendo certamente consapevole dell'esigenza di permettere il proseguimento delle indagini sulla trattativa bis, che presumibilmente potrebbero toccare soggetti appartenenti a sfere di potere ben più alte rispetto a coloro che oggi sono alla sbarra insieme ai boss mafiosi. Diversamente, sarebbe stato anomalo se le indagini fossero state invece delegate ad altri magistrati, non per il rischio che le carte dell'inchiesta finiscano sul tavolo di pubblici ministeri incompetenti, ma piuttosto perchè questi non avrebbero, com'è ovvio, la conoscenza storica del percorso compiuto dall'inchiesta fino a oggi. Ogni secondo perso rappresenta una sconfitta per lo Stato e per i cittadini. Nino Di Matteo continuerà quindi ad essere coordinatore, insieme a Tartaglia, delle indagini sulla trattativa, mentre invece non seguirà il processo al generale dell'Arma Mario Mori e al colonnello Mauro Obinu (imputati di favoreggiamento aggravato alla mafia) per il quale in primo grado aveva rappresentato la pubblica accusa. È stato il procuratore generale Roberto Scarpinato a rigettare la richiesta, in quanto il pg ha deciso di rappresentare personalmente la pubblica accusa insieme al sostituto procuratore Luigi Patronaggio. Scarpinato ha infatti ritenuto che non sia “opportuno incrementare ulteriormente il coefficiente di rischio a cui è soggetto Di Matteo”.
Intanto alcuni giorni fa è stata promossa una petizione da parte di Salvatore Borsellino e della redazione Antimafia Duemila, che in poco tempo ha superato 25mila firme. Nella petizione, appoggiata da migliaia cittadini da tutta Italia e anche dall'estero, si richiede al Csm che promuova Nino Di Matteo nominandolo procuratore aggiunto. Il Consiglio superiore della magistratura è indipendente, ma non può non tenere conto dell'opinione pubblica italiana, di cui una parte risulta essere sempre più vigile e attenta sul tema della lotta alla mafia.

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