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provenzano-bernardo-web0di Giorgio Bongiovanni - 10 agosto 2012
Pur di contrastare la verità certi aderenti alla loggia massonica P2 come Fabrizio Cicchitto insieme ai loro scendiletto come Maurizio Gasparri hanno messo in atto una strategia che, se non fosse che è studiata a tavolino, si potrebbe etichettare un’azione da buffoni. Cicchitto, Gasparri &c. hanno infatti preso (a modo loro) le “difese” della magistratura e delle leggi pur di continuare ad ostacolare la ricerca della verità.

Gli squallidi attacchi nei confronti del senatore Giuseppe Lumia e dell’eurodeputata Sonia Alfano verificatisi a seguito della fuga di notizie relativa ai loro colloqui con Bernardo Provenzano rientrano di fatto in una vera e propria “azione preventiva”. Un’azione ben precisa, finalizzata alla totale eliminazione di una seppur microscopica possibilità di collaborazione con la giustizia di Bernardo Provenzano. La paura che il capo di Cosa Nostra possa “parlare” agita i giorni e le notti di quegli apparati dello Stato-mafia interessati a mantenere lo Status quo. Esimi rappresentati delle istituzioni si sono prodigati nel diramare comunicati stampa in difesa di regole e regolamenti che a loro dire sarebbero stati travalicati dall’operato dei due parlamentari. Il ministro della giustizia, Paola Severino, ha fatto sapere che “le relazioni di servizio nelle quali si segnalavano le peculiarità dei colloqui” dell’on. Alfano e del sen. Lumia “sono state trasmesse alla magistratura”. Di seguito il ministro ha sollecitato il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria al rispetto del regolamento che prevede che i politici possano parlare solo delle condizioni di detenzione, pena l’interruzione del colloquio “qualora la conversazione travalichi i limiti della visita e si trasformi in colloquio su procedimenti in corso”. Parole al vento. L'art. 67 dell'ordinamento penitenziario (intitolato “Visite agli istituti”) recita così: “Gli istituti penitenziari possono essere visitati senza autorizzazione da: a) il presidente del consiglio dei ministri e il presidente della corte costituzionale; b) i ministri, i giudici costituzionali, i sottosegretari di stato, i membri del parlamento e i componenti del consiglio superiore della magistratura; c) il presidente della corte d'appello, il procuratore generale presso la corte d'appello, il presidente del tribunale, il procuratore della repubblica presso il tribunale, il pretore, i magistrati di sorveglianza, nell'ambito delle rispettive giurisdizioni; ogni altro magistrato per l'esercizio delle sue funzioni; d) i consiglieri regionali e il commissario di governo per la regione, nell'ambito della loro circoscrizione; e) l'ordinario diocesano per l'esercizio del suo ministero; f) il prefetto e il questore della provincia; il medico provinciale; g) il direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e i magistrati e i funzionari da lui delegati; h) gli ispettori generali dell'amministrazione penitenziaria; i) l'ispettore dei cappellani; l) gli ufficiali del corpo degli agenti di custodia. L'autorizzazione non occorre nemmeno per coloro che accompagnano le persone di cui al comma precedente per ragioni del loro ufficio e per il personale indicato nell'art. 18-bis. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono accedere agli istituti, per ragioni del loro ufficio, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria. Possono accedere agli istituti, con l'autorizzazione del direttore, i ministri del culto cattolico e di altri culti”. Sonia Alfano e Giuseppe Lumia sono quindi entrati nell'esercizio delle proprie prerogative parlamentari (la norma è applicata anche agli europarlamentari e regione per regione ai consiglieri regionali). Qui siamo di fronte ad una manovra che sovraespone pericolosamente la Alfano e Lumia ponendosi come testa d’ariete contro il processo sulla trattativa e contro la Procura di Palermo. Sonia Alfano e Giuseppe Lumia non hanno fatto colloqui investigativi. Non hanno discusso di alcuna vicenda giudiziaria né di alcun fatto processuale. La norma non dice che possono verificare solo le condizioni di detenzione. Parlare coi detenuti delle leggi dello Stato, dire che l'unica alternativa a quelle forme di espiazione della pena è affidarsi alla giustizia e all'operato sereno dei magistrati non è parlare dei fatti processuali. Lo sproloquio dei tanti lacchè del potere rispecchia una volta di più quel sacro terrore della verità che anima diversi uomini delle istituzioni. La richiesta di Sonia Alfano di rinunciare alla scorta in quanto proveniente da quello stesso Stato che poi in maniera schizofrenica attacca lei e il senatore Lumia si scontra con un Paese che finge spudoratamente di tutelare i propri servitori. Chi vive la propria esistenza con spirito di servizio mette in conto i pericoli per la propria incolumità. In questo caso però siamo di fronte a rischi predisposti da chi ha tutto l’interesse affinché non si realizzi mai l’ipotesi che verità devastanti emergano grazie alla “collaborazione” di boss di prima grandezza. Totale solidarietà e sostegno a Giuseppe Lumia e Sonia Alfano in questa ricerca della verità che accomuna ogni cittadino che spera e lotta per un Paese libero.

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