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fava-claudio-webLettera aperta a Claudio Fava (e per conoscenza a Nichi Vendola)
di Giorgio Bongiovanni - 4 agosto 2012
ALL'INTERNO LA REPLICA DI CLAUDIO FAVA
Caro Claudio,
scrivo questa lettera aperta perché ti ritengo un amico e per la stima che nutro nei tuoi confronti, per tutto quello che hai fatto negli anni con il giornale I Siciliani, come scrittore, così come per il tuo costante impegno politico antimafia.  

A fronte del tuo assordante silenzio a seguito di episodi gravissimi che riguardano il leader di Sel, il tuo partito, Nichi Vendola, non posso esimermi dal pretendere spiegazioni. La recente richiesta di rinvio a giudizio per il governatore della Puglia imputato di concorso in abuso di ufficio non ha provocato in te una reazione forte nei suoi confronti. A distanza di pochi giorni dalla richiesta di rinvio a giudizio è arrivata la notizia di un probabile inciucio tra il Pd, Sel e Udc alle prossime elezioni politiche, vale a dire un accordo tra Bersani, Vendola e Casini, senza che da parte tua sia giunta una netta presa di distanza. Ricordo bene la tua agguerrita campagna di stampa contro Giuseppe Lumia per l’appoggio del Pd in Sicilia a Raffaele Lombardo. Ed ora? Il tuo capo lancia pericolosissimi segnali di apertura nei confronti di un partito di cui molti affiliati sono finiti alla sbarra per contatti con Cosa Nostra. Uno su tutti: Salvatore Cuffaro che sconta attualmente una condanna a 7 anni di carcere per favoreggiamento aggravato. La lista degli indagati e condannati del Udc è lunga e variegata (ti allego un elenco disponibile on line sui più importanti siti di informazione).
A mio avviso Nichi Vendola (Bersani non lo prendo minimamente in considerazione in quanto non lo paragono al passato politico antimafioso di Vendola) sta compiendo un errore gravissimo in quanto si appresta ad allearsi con la mafia in parlamento. Non dimentichiamo che il leader dell’Udc è quel Pierferdinando Casini che nel governo Monti ha imposto come ministro della Giustizia Paola Severino (avvocato di suo suocero, Francesco Gaetano Caltagirone, nel processo Imi-Sir e di sua moglie Azzurra). Casini è quello stesso esponente politico che nel 2001 ha candidato Salvatore Cuffaro a governatore della Sicilia con tutto il centrodestra; nel 2005 lo ha piazzato al Parlamento europeo quand’era già imputato per favoreggiamento mafioso; nel 2006 lo ha fatto eleggere senatore arrivando a mettere sulla sua innocenza “non una ma due mani sul fuoco”; nel 2008 Cuffaro è stato condannato in primo grado, ma Casini lo ha rinominato senatore. Solo dopo la condanna della Cassazione l’ex presidente della Camera ha evitato di prendere ulteriormente le sue difese. Eppure nel 2006 Casini aveva urlato ai quattro venti la proposta delle “liste pulite” all’Udc: “Nelle candidature non faremo sconti: a parte Cuffaro, in Sicilia non ricandideremo nessun inquisito”. Ma già dal 2001 aveva portato tre volte in Parlamento pure Saverio Romano, allora indagato e successivamente imputato per concorso esterno in associazione mafiosa (recentemente assolto con la vecchia formula dell’insufficienza di prove). Potrei continuare ancora elencando le “ombre” che gravitano sul partito di Casini citando i curriculum di uomini come Calogero Mannino (attualmente indagato nell’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia), ma quello che mi preme maggiormente è evidenziare la gravità assoluta di associare il tuo nome e quello di tuo padre a criminali ed assassini dai colletti bianchi. Tu non puoi permettere che il tuo nome venga infangato! Altrimenti significherà che la lotta alla mafia che tanto ha segnato la tua vita ha smesso di essere un tuo punto di riferimento. E fino a prova contraria a questa tua “svolta” non intendo crederci.

Giorgio Bongiovanni



LA REPLICA DI CLAUDIO FAVA

Claudio Fava mi ha scritto indicandomi come sua risposta un articolo pubblicato sul Manifesto che alleghiamo di seguito.
Prendo atto della sua non-risposta alle mie osservazioni relative all’Udc di cui è dimostrato non solo il contatto con Cosa Nostra, ma che si tratta di un “partito-mafia”. Lascio ai lettori il giudizio finale.
G.B.
 
 
In Sicilia il patto è già saltato

«I democratici hanno condiviso il malgoverno e il saccheggio di Lombardo, qui non si esporta nessun modello nazionale», chiarisce il candidato di Sel.
Il Pd insegue l'Udc. Ma per Vendola c'è Fava che vuole un'alternativa piena.
Il partito di Casini pronto alle grandi intese si dichiara disponibile ad appoggiare l'autocandidato di casa Bersani, Rosario Crocetta.

L'accordo l'hanno firmato per il 2013, quest'anno però dovranno già smentirlo, nel primo appuntamento elettorale. Il voto regionale in Sicilia è previsto per la fine di ottobre, qualcuno ipotizza addirittura prima ma non è escluso che possa anche slittare (solo un po'). Quello che è certo è che Sinistra ecologia e libertà e partito democratico partono da due fronti opposti. Divisi dai candidati, quello del Pd non è ancora ufficiale, e soprattutto dalla linea politica. Claudia Fava, che di Sel è uno dei fondatori, si è candidato con una proposta di totale alternativa al governo Lombardo, il governo che il Pd ha (dolorosamente) sostenuto.
E infatti Fava spiega che la sua candidatura si rivolge non al partito democratico - che in Sicilia è ai minimi termini e sta subendo l'autocandidatura di Rosario Crocetta - ma ai suoi elettori, «quelli che hanno votato Pd per fare l'opposizione a Lombardo e due anni dopo si sono ritrovati in maggioranza». Dunque l'alternativa «può essere costruita solo con le forze che non hanno avuto responsabilità di governo», invece dal Pd nemmeno un autocritica. Dunque è Fava a certificare la non esportabilità del patto Vendola-Bersani: «Qui le formule nazionali non funzionano e del resto il centrosinistra in Sicilia non esiste, il Pd lo ha condotto sul patibolo offrendolo a Lombardo. Il Pd è corresponsabile non solo del malgoverno con alcuni pezzi del centrodestra e con l'Mpa, il partito del presidente, ma anche del saccheggio delle risorse pubbliche». La nomina di due assessori un minuto prima di dimettere la giunta è solo l'ultimo esempio.
A maggior ragione l'Udc, che secondo Fava deve «almeno saltare un giro» visto che pur avendo avuto rapporti difficili con Lombardo «discenda dalla stessa filiera culturale del governatore» e infatti sta ereditando pezzi del suo partito. Nel frattempo un po' per imput romano e molto per prepararsi a gestire il buco che Lombardo lascia in eredità, Pd e Udc stanno provando l'abbraccio. Il Pd con qualche difficoltà in più visto che il partito è diviso e l'unico candidato in campo, l'ex sindaco di Gela e europarlamentare Crocetta, ha fatto tutto da solo. Al punto che ieri ha attaccato duramente il segretario regionale Giuseppe Lupo quando nientemeno che Pippo Baudo ha rivelato di essere stato sondato dai democratici come possibile candidato. Lupo ha smentito: la caccia all'intesa con i post democristiani di Casini (che, bisogna ricordare, ha ritrovato la solidarietà verso Totò Cuffaro, andando a fargli visita in carcere) procede lungo strade diverse dal recupero del presentatore televisivo,vecchia gloria andreottiana. E potrebbe persino tornare a incrociare proprio il nome di Crocetta, per quanto difficile questo possa apparire oggi. Così almeno ha dichiarato il leader regionale dell'Udc, il senatore Gianpiero D'Alia che ieri a riunito a Palermo la direzione del suo partito. E ha domanda ha risposto: «Se Crocetta sarà il candidato del Pd e condividerà il nostro programma elettorale allora il nostro candidato sarà l'ex sindaco di Gela». Crocetta, del resto, nota Fava, gode dell'apprezzamento esplicito di Lombardo e può contare sul sostegno del quotidiano più lombardiano che ci sia, La Sicilia di Mario Ciancio Sanfilippo. L'aggancio con l'Udc in regione, per i democratici, sarebbe solo il primo passo in vista della riedizione di un governo di larghe intese siciliane, possibilmente aperto anche al centrodestra al momento schiacciato da una folla di candidati. Il pallino è nelle mani del senatore D'Alia che oggi parte per un giro di consultazioni. Comincia con «gli amici del Pd». a. fab. DI pietro contro grillo Lasciato fuori dal patto tra Vendola e Bersani, Antonio Di Pietro deve riprendere la sua sfida con il Movimento 5 stelle. Magnifica ma sfuggente preda per un'alleanza elettorale. «L'Italia dei Valori ha lo jus prime noctis dell'opposizione», ha detto ieri. Sono felice che oggi ci sia Grillo, ha detto, ma «siamo in parlamento da dieci anni prima di lui e non facciamo sconti». 5 stelle, un arresto Una consigliera circoscrizionale della lista 5 stelle è stata arrestata ieri a Genova con l'accusa di spaccio di droga. D'accordo il leader nazionale, il movimento genovese l'ha «immediatamente allontanata» dichiarando «sgomento». Sul blog di Grillo qualcuno ha avanzato il sospetto che sia stata una manovra delle forze dell'ordine.
 
Tratto da: Il Manifesto (4 Agosto 2012)



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Svendola
di Marco Travaglio
Di Pietro ha una fortuna sfacciata. Se il Pd fosse guidato da persone intelligenti (ipotetica del terzo tipo), lo avrebbero annesso in un bel centrosinistra tradizionale e, all’ultimo istante ci avrebbero infilato l’Udc. Così l’avrebbero definitivamente neutralizzato, sedato, spento. Costretto a far digerire ai suoi il matrimonio morganatico con l’Unione dei Condannati e con l’imputato Vendola, oltreché coi nuovi nemici della Procura di Palermo, avrebbe regalato a Grillo gran parte dei suoi elettori. E, prigioniero di un’alleanza in cui non sarebbe stato determinante, si sarebbe ridotto a ruota di scorta, pelo superfluo, portatore d’acqua di un progetto nefasto per quel che resta della nostra democrazia, e anche per lui: la grande ammucchiata destra-centro-sinistra che il Quirinale, le banche e i partiti hanno già deciso al posto nostro per la prossima legislatura, con la scusa dello spread. B. ci starà perché, non potendo più vincere le elezioni, deve almeno fingere di non perderle, tenendo una zampa nel governo per seguitare a ricattarlo in cambio dei soliti favori penali e aziendali. Anche Casini deve fare la mosca cocchiera di una carovana tanto grande da mascherare l’estinzione dell’Udc. Gli unici che potrebbero fare da soli sono quelli del Pd, ma il vero segretario, Napolitano, non vuole, senza contare il loro sacro terrore di governare divisi su tutto. Vendola avrebbe potuto restare coerente ai valori del suo elettorato, ma ormai è un’anatra zoppa e lessa, tra processi e sgoverno della Puglia di cui il caso dell’Ilva di Taranto è soltanto l’ultima prova: meglio intrupparsi che contarsi. La decisione di escludere Di Pietro era presa da mesi e le sue sacrosante critiche al Quirinale per le interferenze nell’inchiesta Stato-mafia e la guerra ai pm di Palermo sono una pietosa scusa. Di Pietro non è “affidabile” per l’ammucchiata che, con la scusa dell’Europa, dovrà fare ciò che non riuscì a D’Alema e B. con la Bicamerale: ripristinare il “primato della politica” sui poteri di controllo e chiudere violentemente i processi alle classi dirigenti, in primis quello sulla trattativa che coinvolge e spaventa un po’ tutti. Insomma riportare l’Italia al regime dell’impunità legalizzata. Un golpe bianco gattopardesco che richiede la massima omertà: non dovrà muovere foglia in Parlamento, mentre tv e grande stampa inneggeranno al regime. Per chi non ci sta (Di Pietro, Grillo, liste civiche) è già pronto il confino politico-mediatico: irresponsabili, nemici dell’Europa, untori dello spread, eversori da isolare e silenziare. Resta solo da vedere se sarà ancora Monti a guidare il “nuovo” governo, o traslocherà al Quirinale cedendo il posto a Passera (è indagato per frode fiscale, dunque in pole position): ormai l’unico a credere che il premier sarà Bersani è Bersani. Ma la politica del futuro resterà la stessa, detta anche pudicamente “agenda Monti”: prendere ai lavoratori per dare ai banchieri, prendere agli onesti per non disturbare i ladri. E massacrare le guardie. L’ostracismo all’Idv deciso dal Pd e digerito da Svendola regala a Di Pietro due occasioni d’oro. 1) Fare pulizia nel partito a sua insaputa: la prospettiva di qualche strapuntino nell’ammucchiata che verrà ingolosisce i dipietristi-democristi, vecchie muffe che non stavano con lui per difendere la legalità, ma per agguantare qualche cadrega e qualche titolo sui giornali, e ora se ne vanno senza bisogno di cacciarli. 2) Tornare alle origini per catalizzare il fronte trasversale che non ci sta (non solo a sinistra) al regime del “tutti dentro” e prepararsi a guidare l’opposizione con i giovani di 5 Stelle (la Lega, ormai, sfugge ai radar). Ce la farà? Solo se una volta tanto azzeccherà i candidati, tenendo alla larga gli Scilipoti e i Lannutti vecchi e nuovi. A costo di sciogliere l’Idv per aprirsi al mondo delle professioni, della Fiom, dei nuovi sindaci. Gli errori degli ultimi anni fanno dubitare che ne sarà capace, ma c’è sempre una prima volta. La fortuna non è mica eterna.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano (3 Agosto 2012)

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