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pool-antimafiadi Giorgio Bongiovanni - 23 luglio 2012
Di fronte alla possibilità che Antonio Ingroia accetti l’incarico propostogli dalle Nazioni Unite per la durata di un anno di capo dell'unità di investigazioni e analisi criminale in Guatemala concordo completamente con l’analisi del procuratore aggiunto di Caltanissetta Nico Gozzo. L’eventuale accettazione di Ingroia non è certo una “fuga” dagli attacchi sistematici nei suoi confronti, né tantomeno un “diversivo” per fare carriera. Ci tengo però ad evidenziare un aspetto importante che a mio avviso non deve essere sottovalutato. E’ un dato di fatto che il pm Ingroia rappresenti a tutti gli effetti una preziosissima memoria storica della procura di Palermo per quanto riguarda il connubio mafia-politica.

Allo stesso modo c’è però da evidenziare che, a prescindere dall’eventuale assenza temporanea di Antonio Ingroia, esiste un vero e proprio pool che lavora sull’inchiesta della trattativa tra Stato e mafia. Insieme ad Antonino Di Matteo - tra i primi, con lo stesso Ingroia a studiare le migliaia di pagine dei 120 faldoni che compongono l’intera ossatura dell’indagine - ci sono i pm Francesco Del Bene, Lia Sava e Paolo Guido. Al di là della mancata firma da parte di Guido dell’avviso di conclusione indagine per una divergenza su alcuni punti dell’inchiesta lo stesso magistrato continua comunque a fare parte del pool. Lo stesso dicasi per il procuratore di Palermo Francesco Messineo il cui mancato visto sull’avviso di conclusione indagine non ha comportato alcun impedimento all’inchiesta. Va evidenziato senz’ombra di dubbio che alla Dda vi sono altrettanti magistrati validi capaci di lavorare seriamente su delicate inchieste antimafia. Gli attacchi politici che recentemente hanno investito Ingroia e Di Matteo - quasi fossero gli unici titolari di questa inchiesta delicatissima - risultano quindi limitati a due soli esponenti del pool. Sappia la mafia, e soprattutto sappiano quei poteri istituzionali che con essa hanno trattato che ad occuparsi di questa indagine che probabilmente sfocerà in un processo non c’è un solo magistrato isolato ma un intero pool. Ed è esattamente questo pool di magistrati quello che, nonostante attacchi e delegittimazioni, continuerà a portare avanti un lavoro mastodontico che ha tutte le potenzialità per raggiungere una verità definitiva su quella parte di storia che per interi decenni un sistema di potere criminale ha voluto occultare. In un altro Paese “civile” quest’azione giudiziaria avrebbe avuto il sostegno incondizionato del Presidente della Repubblica, di buona parte della classe politica e soprattutto avrebbe potuto contare su una stampa libera e indipendente. In un altro Paese.
Detto questo anche io, egoisticamente, spero che Antonio Ingroia rimanga a Palermo alla Direzione distrettuale antimafia come procuratore aggiunto contro la mafia ed i poteri ad essa connessi.

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