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sgarbi-vittorio-big0Di seguito pubblichiamo in successione la replica di Vittorio Sgarbi all'editoriale del direttore "La mafia e i giullari di corte" e la controreplica successiva.





LA MAFIA E I GIULLARI DI CORTE


di Giorgio Bongiovanni - 2 marzo 2012

Proprio pochi giorni fa mi chiedevo in un mio editoriale (Il gattopardo vincerà ancora?) dei metodi vincenti dei vecchi gattopardi che mai passano di moda. Ed ecco subito la risposta.
Il signor Vittorio Sgarbi ha dato immediata dimostrazione di cosa intendessi dire con il termine di “libellista” nella sua risposta a giudice Antonio Ingroia. (INGROIA: La contraddizione tra democrazia e legalità - SGARBI:“La mafia organizzata non c’è più. Giammarinaro, respinsi le sue richieste”)
Dicesi “libellista” per l’appunto un personaggio formalmente colto, esperto in arte, cultura o storia che sia, al libro paga del “principe” di turno con il compito preciso di screditare, denigrare e deridere un personaggio invece scomodo ma giusto.
La storia è piena di esempi del genere.
Ai giorni nostri, vent’anni orsono, per mettere all’indice Falcone e Borsellino ed esporli alla gogna che è costata prima l’isolamento e poi la vita, c’erano diversi esemplari tra cui spicca tra tutti Lino Jannuzzi. Prima grande accusatore e poi a cadaveri caldi e anche freddi sfacciato sostenitore del loro metodo di lavoro.
Altra specie è tal Renato Farina, più direttamente e semplicemente poco giornalista e molto spia. Come dimenticare poi Giuliano Ferrara, per sua stessa ammissione, stipendiato dalla Cia.
Lo è stato a suo modo anche Leonardo Sciascia che prestò la sua prestigiosa penna ad uno degli attacchi più subdoli a Paolo Borsellino definendolo “professionista dell’antimafia”. Anche se è noto che i due poi si chiarirono e il giudice, nella sua purezza e integrità prese le difese dello scrittore.
Nell’antichità invece ha fatto scuola il libellista Morande pagato perché, al fine di infangare il conte di Cagliostro, anticattolico ed eretico, gli costruisse una controfigura del tutto fasulla facendo in modo che venisse scambiato con il palermitano Giuseppe Balsamo.
Poi di politici e simili prestati alla scrittura per ammansire il vero potere si potrebbero riempire pagine.
Oggi il signor Sgarbi ha la stessa funzione di quel tempo, forse più giullare di corte, perché peggio e forse ben più pericolosi di lui sono quelli che appaiono quali sostenitori dell’opera dei magistrati antimafia in prima linea, ma hanno tutt’altro fine.
Quelli che, per dirla con il nostro dialetto siciliano: “Tirano ‘a petra e ammucciano ‘a manu”.


La risposta di Vittorio Sgarbi

Milano, 4 marzo 2012
Io non tiro sassi e non nascondo la mano. Dico quello che so e quello che ho visto e non accetto che si continui a umiliare la Sicilia schiacciandola su stereotipi diffamatori e privi di fondamento. Per affermare che c’è la mafia occorre dimostrare che c’è e che cosa fa.
Non parlare genericamente di “terra di mafia”, come fa anche Ingroia, e “sentirne l’aria”.
Io non so chi sia Giorgio Bongiovanni di cui riscontro l’evidente ignoranza di ciò di cui parla. Non posso negare infatti di essere un libellista, e accetto la definizione, ma i libelli sono stati espressione di libero pensiero dall’Illuminismo in avanti e non sono in alcun modo legati, nelle invettive e nelle provocazioni che esprimono, alla volontà del “principe” di turno e tantomeno al suo libro paga. Che Ingroia appaia scomodo, ma “giusto”, al Bongiovanni è lecito, anche se, soprattutto per un giudice, il “giusto” non può essere un teorema o una manifestazione di pensiero, ma una certezza di verità documentata. Che non è il caso di ciò che si continua a dire in modo offensivo di Salemi e, in particolare, di un personaggio politico locale di cui si conosce l’influenza da più di trent’anni: Pino Giammarinaro. Il quale, a evidenza, prima di tutto non è un principe, neanche metaforicamente, e del quale io non sono mai stato a libro paga. Inoltre respingo di avere screditato, denigrato e deriso Ingroia, stravolgendo in tal senso il mio legittimo diritto di critica. Vuol forse dire, Bongiovanni, che Ingroia è infallibile e incriticabile? E che non è lecito indicarne i pregiudizi senza esibire prove, lui magistrato, di quello che dice?
E siccome per la mia dignità, e per amore della verità, non intendo essere offeso sulla base di considerazioni avventate e infondate, annuncio la querela nei confronti del signor Giorgio Bongiovanni e di www.antimafiaduemila.com di cui risulta essere direttore responsabile.
Avrà in tribunale, con i giudici che tanto ama, ampia facoltà di prova per dimostrare, come ha detto, che io sono “al libro paga del principe di turno”.
Non posso negare di essere lusingato, per altro, che il mio nome sia accostato a quelli di Leonardo Sciascia e di Lino Jannuzzi che, dalla sua vertiginosa altezza, Bongiovanni osa criticare. E, dal momento che io parlo per prova, dovrò ricordargli che mentre sarà difficile per lui trovare fondamento alle sue insinuazioni, è assolutamente certo che la moglie di Paolo Borsellino, venendo in visita a Salemi, e senza i pregiudizi di Bongiovanni e di Ingroia, mi ha pubblicamente definito “missionario”. Ne sono lusingato anche ora che la mia “missione” è finita ed è stata la stessa che domenica Gian Antonio Stella, giornalista più noto di Bongiovanni, che ha molto lodato la mia esperienza a Salemi, indica riferendosi all’appello del Sole24Ore: “Niente cultura, niente sviluppo”, chiosando le parole del Vescovo di Locri Giancarlo Bregantini: “I paesi più brutti e trascurati sono quelli segnati dalla mafia”. Non sarà facile capirlo per il Bongiovanni, ma sono certo che si potrà applicare a studiare il caso di Salemi per venire preparato in tribunale, avendo finalmente capito la differenza fra “giullare” e “libellista”. Speriamo.

Vittorio Sgarbi

P.S. In tribunale non mi accontenterò di generiche scuse rispetto alle offese di Bongiovanni e neppure di essere considerato meno peggio e meno pericoloso dei falsi sostenitori dell’opera dei magistrati
antimafia i quali appunto, secondo il Bongiovanni, “tirano ‘a petra e ammucciano ‘a manu”. Bongiovanni avrà la gentilezza di imparare la difesa fra un ragionamento e un insulto e una derisione, quelle che
lui, non io con Ingroia, ha usato nei miei confronti.


La replica di Giorgio Bongiovanni

Palermo, 7 marzo 2012

Professor Sgarbi,
volentieri risponderò in tribunale delle mie affermazioni. E' vero, sono ignorante in molte cose, ma sul tema mafia, non stimato professore Sgarbi, credo che potrei darle qualche lezione. Se dovessi essere rinviato a giudizio, “grazie” alla sua querela, mi presenterò in Tribunale con un tir carico di documenti che la mia piccola redazione ha raccolto in dodici anni di lavoro. Così sarò in grado di dimostrarle che purtroppo la Sicilia è ancora sotto il controllo della mafia e che spesso si serve anche di personaggi come lei (ammesso e non concesso che lei sia in buona fede) per continuare a schiacciare la mia terra. Per quanto riguarda la sua querela, sono curioso di sapere dove ho commesso il reato di diffamazione. Forse perché ho detto che lei è un giullare di corte? Si lo confermo lei è un giullare di corte. Lei fa ridere e divertire i personaggi che la pagano per questo. Lei è un urlatore e un arrogante giullare che legge il copione del suo padrone, a volte anche male, e quindi viene cacciato dal palcoscenico (vedi ultima trasmissione Rai Uno). A volte persino supera i desiderata del suo re ed esagera. E viene cacciato dal palcoscenico (vedi Sgarbi quotidiani).
Lei è un libellista per sua stessa ammissione. I libellisti erano rivoluzionari della cultura un tempo. È vero ma c'erano anche quelli al servizio del re, cioè del potere.
Le ho fatto l'esempio di Cagliostro, il quale, spero lei lo sappia, non era il palermitano Giuseppe Balsamo come ampiamente dimostrato dai documenti raccolti dal compianto scrittore Pier Carpi.
Le faccio un altro esempio, il filosofo Giordano Bruno, prima di essere trasferito a Roma come detenuto dell'inquisizione a Venezia, era stato interrogato dai giudici in base alla denuncia di Giovanni Mocenigo, il potente veneziano che lo tradì. Ebbene, non stimato Sgarbi, a scrivere quelle denunce e a presentarle al Doge, per conto del Mocenigo, erano i libellisti del Potere che venivano pagati profumatamente per questo. Oggi, dopo centinaia di anni, le storie si ripetono, i personaggi di un tempo ritornano, quasi si reincarnano. Lei è ormai marchiato dalla storia. Fra 150 anni o 200 anni molti studenti leggeranno i fatti che la riguardano e le sue gesta di gloria saranno spazzate dalla lettura dei testi e lei assisterà impotente dall'aldilà. Io sono credente e immagino che potrebbe vivere lo stesso tormento del conte Ugolino quando il Poeta lo ha collocato nella sofferenza (L'inferno). Però io credo in Cristo e sono pronto ad abbracciarla se lei si pentirà degli errori che ha fatto non tanto contro le persone, perché chi è senza peccato scagli la prima pietra ( Giovann Cap 8 vers7), quanto contro la verità.
Proverbio cinese: esiste un'unica libertà: la verità. Esiste un'unica schiavitù: la menzogna.
Ci vediamo in tribunale.
Cordiali saluti, non stimato professor Sgarbi.

Giorgio Bongiovanni
Direttore AntimafiaDuemila

P.S. Sono ben lieto che lei non sappia chi sono, non sono molto famoso, sono solo un modesto giornalista e un uomo di fede.


Il bugiardo è lei, e non è libero di giudicare senza pregiudizi.
Milano, 21 marzo 2012
In attesa che lei diventi Direttore di «Tutti per Dio 2000», attendo i suoi tir non sulla mafia, di cui lei è dichiarato maestro, ma sulla mafia a Salemi negli ultimi 3 anni, sulla sua efficacia, sulle sue azioni, sulle pressioni, sulle sue infiltrazioni.
Sono certo che lei dal suo tir estrarrà cose a me, più che a lei, note, relative al non indagato per mafia (chissà perché ? complicità dei magistrati e degli inquirenti ?) Pino Giammarinaro.  Qui, nonostante la sua elusività, è la sostanza della querela: lei, identificandolo nel «Principe», ha detto che io sono «a libro paga del Principe di turno».
Io, senza tir di documenti, ma con semplici resoconti di giornali che raccontano cronaca e storia, le dimostrerò che non è vero, e che lei ha mentito.

Trovo enorme che, dopo tante meritorie azioni della vera antimafia e di magistrati che hanno sacrificato la vita, lei possa scrivere, come per un destino ineluttabile: «La Sicilia è ancora sotto il controllo della mafia».
Un altro insulto contro la sua terra smentito da molti magistrati con i quali io mi sono confrontato, da Piero Grasso a Giuseppe Ayala, allo stesso Ingroia.

 Ricorderò che, non meno esperta di lei, e con maggiore sofferenza e coinvolgimento, Agnese Borsellino ha definito la mia azione a Salemi come quella di «un missionario». La esorto a rispettarla, senza continuare a offendermi con formule del genere: «ammesso e non concesso che lei sia in buona fede».

Nessuno si è servito di me, come lei afferma, per schiacciare la sua terra, che io, essendo anche mia, ho difeso e illustrato in ogni parte del modo. E posso farle avere i tir delle attività e dei riconoscimenti a Salemi nei 3 anni e 7 mesi della mia sindacatura.

Io non sono un giullare e non riconosco corti. Riconosco i principi della democrazia che lei calpesta.
Io non faccio ridere o divertire chi mi paghi più di quanto non faccia il giornalista che è pagato per il suo lavoro da un editore. E lei ha il dovere di rispettarlo.
Lei invece continua a insultarmi. Io non ho mai letto copioni di nessuno. Il mio pensiero è espresso sull’arte come sulla vita in innumerevoli scritti che lei ignora.

Un suo collega, Carlo Vulpio, con me, nella trasmissione che è stata chiusa anche perché ledeva gli interessi della mafia e di politici interessati, ha denunciato in prima serata gli intereressi mafiosi nell’energia pulita che lei finge di ignorare.

Ignora anche dettagli minori, come l’esaurimento della trasmissione «Sgarbi quotidiani»per la mia elezione al Parlamento Europeo.
Nei due anni successivi parlai soltanto d’arte nella trasmissione «La Casa dell’anima». Poi andai al Governo e la mia azione si può verificare in imprese non facili, come il vincolo del Porto Vecchio di Trieste (salvato da speculatori) e l’avvio alla ricostruzione del Teatro Petruzzelli.

Vedo, peraltro, che lei riconosce di avere mostrato una nozione limitata e impropria dei libellisti. E, dotato di pochi strumenti culturali, continua a parlare di Cagliostro. Poi passa a Giordano Bruno e fa riferimento a denunce scritte per altri. Io le mie le ho fatte da solo, e ho anche pagato, come toccherà a lei, per numerose querele.

 Vedo che lei, nella luce di Dio, sa già che io sono «ormai marchiato dalla Storia». E parla della distanza di 150 o 200 anni. Sarà. Ma i libri parleranno soprattutto di numerose mie mostre e scoperte nel mondo dell’arte. E forse di quello che ho fatto a Salemi proprio con un museo dedicato ai temi di cui lei si dichiara specialista.

Condivido che esiste un’unica libertà: la verità. Ma il bugiardo è lei, e non è libero di giudicare senza pregiudizi. Attendo in ogni caso che mi mostri come la mafia mi ha usato. Ma temo ancora che sarà una presunzione. Perché lei, che si dichiara credente e che pensando di essere dalla parte del giusto vuole che io mi penta, un peccato grave lo ha compiuto. E non è diffamarmi. Lei ha nominato il nome di Dio invano, facendosi scudo di lui per attaccare ingenerosamente me.

Le potrei portare un tir carico di documenti che dicono che Dio non esiste, ma mi limito a dire che non lo so, come non lo sa lei.
Ma lei ha certezze. Crede in Dio come crede nella mafia.
Per lei la mafia è come Dio. E io sono uno scettico e non accetto le verità rivelate.

Caro Bongiovanni, non si penta, ma studi e dica quello che sa.
Di Salemi e della mafia a Salemi mentre io sono stato sindaco, lei non sa e non può dire niente.

La differenza tra me e lei è che io riconosco il rigore delle analisi e lei compie atti di fede. Anche a danno della «sua» terra. Non della mia: la Sicilia di Antonello, la Sicilia di Sciascia.
Lei si tenga quella di Ingroia.

Vittorio Sgarbi


Ricevo e pubblico per l’ultima volta la controreplica del prof Sgarbi alla mia controreplica
Palermo - 21 marzo 2012

Caro Sgarbi,
riconosco in lei una profonda conoscenza in materia d’arte, della vita e delle opere dei grandi maestri di pittura, scultura e architettura, ma devo constatare, anche con un po’ di rammarico e delusione, la sua mediocre conoscenza in storia generale e filosofia. Certamente ignora Socrate e le sue opere e ancor di più Gesù Cristo e le gesta di altri uomini del passato. (Anche se per noi credenti Gesù Cristo è il figlio di Dio).
Fondamento del pensiero socratico: sapere di non sapere…
Se non vuole fare figuracce di fronte ai nostri preparatissimi lettori, mi permetto di suggerirle di informarsi meglio, sfuggono al suo sapere indagini, processi, documenti storici e dibattimentali, vicende criminali di personaggi noti e meno noti, compreso il suo amichetto Giammarinaro.
Lei che si vanta di essere in rapporti  con il procuratore Pietro Grasso ha letto il suo ultimo, ottimo libro “Soldi Sporchi”, scritto con il nostro  collega Bellavia? Sui tanti dati che fornisce ne emerge uno in particolare: la Mafia Spa fattura 150 miliardi di euro all’anno. E’ secondo lei l’indicazione di un’organizzazione criminale in declino?
Con questo ultimo scambio di battute, ritengo chiusa questa polemica.
Vorrei pero’ gentilmente fare una richiesta alla sua persona, dato che sinceramente ammiro la sua sapienza di storico dell’arte, mi piacerebbe poter usufruire di qualche lezione, a pagamento s’intende,  magari durante una pausa in quel tribunale dove dovro’ rispondere di reato di diffamazione a mezzo stampa commesso contro il "libellista del potere e giullare di Corte" prof. Vittorio Sgarbi.
Cordialmente
Giorgio Bongiovanni
Direttore AntimafiaDuemila

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