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di Giorgio Bongiovanni - 1 gennaio 2010
Pur nel rispetto della carica più alta dello Stato, non posso fare a meno di esprimere la grande delusione per il discorso del presidente Giorgio Napolitano.
  



Nel consueto messaggio alla nazione di fine anno non ha fatto alcun riferimento ad uno dei peggiori problemi del nostro Paese, se non il peggiore: il cancro mafioso.
Non solo; non ha espresso nessuna parola di solidarietà per tutti coloro che, a prezzo di sacrifici immensi, riescono comunque ad assicurare alla giustizia e alla scarsa dignità del nostro Paese uomini d’onore e gregari, come i magistrati e le forze dell’ordine.
Il discorso è stato incentrato sulla crisi e sui problemi economici, ancora una volta facendo finta di non sapere che molto del dissesto finanziario d’Italia è causato proprio dal ricatto mafioso, e non solo al sud con l’ancora diffusissimo problema del pizzo, ma in tutta la nazione con la vera e propria contaminazione dell’economia legale con quella illegale, divenuta immensa grazie al degrado e alla corruzione che stanno divorando il senso dell’onestà e dell’integrità di gran parte dei cittadini: chi per vantaggio, chi per disperazione.
Altro che problema del mezzogiorno! Se non si combattono il riciclaggio e non si colpisce il giro economico mafioso sempre più intrecciato con quello legale non ci sarà nessun riscatto per il nostro Meridione. Dopo cent’anni ancora si gira intorno al cuore del problema!
E ancora parole per la Chiesa, per il richiamo ai valori morali. Una Chiesa sempre più coinvolta negli scandali, tra pedofilia e finanza sospetta, e non una sola parola per i missionari come Don Ciotti o Padre Zanotelli impegnati con la loro quotidianità nella testimonianza dei valori non con chiacchiere e paramenti.
Un’ultima cosa. Non un richiamo ai nostri giovani soldati morti in questi anni nelle guerre in Afghanistan e in Iraq in cui siamo coinvolti e protagonisti, non un cenno ad un piccolo dettaglio che dovrebbe coinvolgerci tutti nel profondo: siamo in guerra. Nessuno ha il coraggio di pronunciare queste tre semplicissime paroline: l’Italia è in guerra. E un Presidente della Repubblica dovrebbe curarsi di dire ai suoi cittadini almeno questa verità.
In ogni caso qualsiasi discorso di qualsiasi presidente sarà comunque vano se nell’affrontare i nodi che impediscono un vero sviluppo del Paese non terrà conto che ancora oggi non si è fatta luce sulle stragi del ’92 e del ’93, sui quei mandanti esterni che sul sangue di Falcone, Borsellino e tanti innocenti hanno edificato la cosiddetta seconda Repubblica.
Buon Anno!

Giorgio Bongiovanni

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