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vinci-anna-bestdi Anna Vinci - 1° febbraio 2015
Nei momenti cruciali della vita della nostra Repubblica, mi viene da pensare cosa avrebbe detto Tina Anselmi che da alcuni anni, nella sua casa di Castelfranco Veneto, vive stretta nella malattia. Ero abituata ai suoi commenti brevi, sovente velati di ironia, quella ironia di chi sa dare il giusto valore agli avvenimenti umani. In queste ore, quando da pochi giorni è stato eletto il successore di Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica, l’ex giudice della corte costituzionale Sergio Mattarella, non ho bisogno di chiedermi cosa avrebbe detto. Si sarebbe rallegrata e a modo suo, in quel modo diretto e scarno che la contraddistingue avrebbe commentato, ascoltando i primi giudizi affrettati: “Non lo conoscono, il Sergio”.*
Il Sergio moroteo come lei e, ad ascoltare le biografie di queste ore, mi rammarico che tra i punti di riferimento di Sergio Mattarella o tra gli amici di partito legati a lui nella condivisione di valori e battaglie politiche non si sia ricordata Tina Anselmi, ma ancora il nostro non è paese per donne: le madri della patria sono poco menzionate, vanno ancora e sempre e per la maggiore i padri.
Nelle nostre chiacchierate nella sua casa di Castelfranco, da quando raccontai Tina Anselmi in un documentario per Raisat extra, nel lontano 2003, Mattarella era tra le persone più stimate con le quali aveva condiviso, tra l’altro, il lavoro nella Commissione bicamerale inquirente sulla Loggia Massonica P2 di Licio Gelli (Anselmi presidente, Mattarella uno dei commissari).

Nell’ascoltare la prima sintetica dichiarazione del nuovo Presidente, nel seguire la sua visita alle Fosse Ardeatine, non posso non pensare che Tina Anselmi si sarebbe riconosciuta nelle Sue parole e nei Sue gesti, soprattutto nella risposta che ha dato – riferiscono – a un giornalista della trasmissione Ballarò che chiedeva: lei è contento? Riassumo il concetto della risposta: non si tratta di questo.
Tina sei contenta del tuo lavoro alla presidenza della Commissione sulla loggia P2? Le chiesi una volta. “Anna non si tratta di essere contenti, non è questa la questione”, appunto, e mi sentii rimproverata.
Al di là delle differenze geografiche, l’uno siciliano, l’altra veneta, della differenza di genere, di età, tredici anni più anziana Tina, i politici, donne e uomini, con la schiena dritta si riconoscono, nell’eloquio ponderato, nella ricerca di parole che non nascondano allontanando i cittadini, ma spieghino avvicinando. La parola cittadini Tina amava usarla, c’era un’eco di conquiste secolari, quando iniziò il percorso dalla sudditanza al riconoscimento della dignità e della eguaglianza di tutti davanti alla legge come recitano i primi articoli della nostra Costituzione:
 Art. 1 L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Quando nel secolo scorso fu proposta per la presidenza della Repubblica anche da un settimanale satirico, da un gruppo parlamentare e da un blog,  si scriveva che delle “dieci ragioni per candidare Tina Anselmi al Quirinale”, la prima era: perché riconosce il valore della Costituzione della Repubblica italiana.
Se ripensiamo, pur nella distanza delle esperienze dei due democristiani, entrambi radicati nel cattolicesimo democratico, alle affinità, possiamo di certo elencare, oltre al rispetto della Costituzione: l’integrità del pensiero, la lucidità della visione politica nella consapevolezza, come diceva l’onorevole Anselmi che “[...] la bella politica ha bisogno di onestà, si ingannano coloro che pensano che le due cose non vadano insieme, del resto i cittadini – appunto cittadini – riconoscono coloro che non li ingannano, poi caso mai, per delle loro ragioni, non ultima per il fatto che le leggi non li proteggono, subiscono il disonesto”.
La capacità di andare fino in fondo. E se pensiamo agli ultimi venti anni, da quando Berlusconi ha occupato la scena politica, Mattarella e l’Anselmi sono stati tra i pochi che si sono opposti in modo limpido e diretto alla deriva della concezione della Res Pubblica perseguita dal ex cavaliere lombardo, piduista, ora condannato. Tina pagando un isolamento progressivo, una opposizione mai dichiarata fino in fondo, trasversale ai partiti, iniziando dal suo stesso partito, ostracismo che è stato risparmiato – almeno così è sembrato – a Mattarella, forse perché in Italia si paga una sola volta e il parlamentare siciliano, attraverso l’assassinio di suo fratello, Piersanti, ammazzato nel giorno dell’epifania del 1980, aveva già pagato. Ultimo e non meno importante, il rispetto della laicità dello Stato, come diceva Tina, non fidarsi mai di coloro che sbandierano la propria fede. L’elenco potrebbe continuare...

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Nell’ascoltare le parole del Presidente Mattarella, durante la sua visita, il suo omaggio ai caduti delle Fosse Ardeatine, ritrovo l’eco del pensiero di Tina quando raccontava la sua esperienza partigiana e spiegava che la differenza tra terrorismo e Resistenza è che il primo si nutre di odio e porta morte e distruzione, la seconda aspira alla pace. Alle ragazze e ai ragazzi partigiani – erano tantissimi i giovani che aderirono alla Resistenza, Tina, staffetta con il nome di Gabriella, aveva diciassette anni – i comandanti, di pochi anni più adulti, ordinavano di non cercare lo scontro, non provocare i nazifascisti e diceva Tina: “Credo che a tanti comandanti della Resistenza, responsabili delle nostre vite, vada reso il merito di queste loro decisioni, per rispetto della verità e perché ciò sia di monito ai ragazzi di oggi: i cattivi maestri disprezzano la vita dei propri discepoli, li conducono all’inferno  Guai a seguirli, guai a dar retta ai proclami di odio.” Andare alle Fosse Ardeatine per commemorare la Resistenza è un atto simbolico pregno di sottili significati e le parole, all’occasione pronunciate dal Presidente Mattarella, lo sottolineano: L’alleanza tra Nazioni e popolo seppe battere l’odio nazista, razzista, antisemita e totalitario di cui questo luogo è simbolo doloroso. La stessa unità in Europa e nel mondo saprà battere chi vuole trascinarci in una nuova stagione di terrore. Diceva Tina: “Adesso quando qualcuno, che evidentemente non ha vissuto e non ha capito la Resistenza, dice che non dovevamo fare azioni di guerra, perché queste hanno portato ritorsioni, vendette, eccidi, la risposta che noi possiamo dare è che se non avessimo fatto niente, i tedeschi e i fascisti per quanto tempo ancora avrebbero occupato il paese? [...]  La nostra vittoria è stata possibile, perché noi giovani della Resistenza, avevamo dalla nostra parte la maggioranza della popolazione della Castellana, eravamo benvoluti, difesi e in qualche modo protetti.” Mi chiedo cosa fu l’eccidio della Fosse Ardeatine se non una risposta? Il massacro di 335 civili e militari italiani, fucilati a Roma il 24 marzo del 1944 dalle truppe di occupazione tedesche come rappresaglia per l’atto partigiano  compiuto dai membri dei Gap romani, contro truppe germaniche in transito in via Rasella.  A Roma, in quei mesi, a partire dall’otto settembre del 1943, risuonavano le grida dei torturati nelle strade intorno a Via Tasso, luogo di reclusione e tortura da parte delle SS per oltre 2000 antifascisti, molti dei quali caddero fucilati a Forte Bravetta e alle Fosse Ardeatine.
Ebbene, sì, il metodo non aggrada a Forza Italia e a Berlusconi in primis, il metodo! È soltanto una questione di metodo, l’opposizione del centro destra alla elezione di Sergio Mattarella?! Come commenta il primo atto pubblico da Presidente Mattarella, Matteo Salvini? E i militanti di Fratelli d’Italia? O ancora i ragazzi di casa Pound?

Un uomo severo, come severa era l’Anselmi, Mattarella, pudico dei propri sentimenti, che non può e non vuole dimenticare, né abbarbicarsi al ricordo sterile di ciò che è stato, entrambi dediti al proprio lavoro, ma ugualmente amanti della vita, radicati nella propria terra e per ciò aperti alla terra degli altri, come lo certificano i tanti momenti privati da me condivisi – conservati gelosamente – con Tina Anselmi e la sua accudente famiglia e i suoi compaesani...  come lo certificano una moglie e tre figli amati del Presidente e la tenerezza e la dedizione per il fratello assassinato e la volontà di andare avanti e di dare un senso a quella morte, se mai ciò sia possibile. Tutto ciò non è forse agli antipodi della cultura che ci ammorba e inquina il paese da oltre due decenni che ha avuto bisogno di donne e uomini consenzienti alla malia di Berlusconi?! Uomo che ride e sorride, uomo delle pacche sulle spalle, uomo che ribalta e dimentica...  
Evviva l’Italia tutta e – perché no? – l’Italia di noi reduci degli anni Settanta, noi ragazze con le mimose tra i capelli e i nostri desideri di pace e di felicità, molte di noi che siamo state, per lontananza esistenziale, culturale e generazionale, diffidenti verso Matteo Renzi, noi ci diciamo, almeno io lo dico: Allora è vero che i punti di riferimento del giovanotto Presidente del consiglio, coetaneo dei miei figli, sono Benigno Zaccagnini e Tina Anselmi? È stato duro crederlo, vedendolo non solo incontrare l’ex cavaliere ma volere con lui e i suoi amici fare le riforme tanto attese. Quanta fatica per chi ha subito l’invasione degli ultra corpi berlusconiani, le paillettes e lo stridore di quel circo di improvvisati e improvvisatori, ma ora un po’ di speranza rinasce e apre le finestre delle stanze del Palazzo: forse quello che afferma Matteo Renzi è vero, altrimenti non gli sarebbe venuto in mente Sergio Mattarella.
“Eh sì – mi diceva Tina – prendendomi in giro per i miei slanci rivoluzionari di gioventù, protrattisi negli anni, in fondo non eravamo poi tanto male noi democristiani morotei sempre in minoranza. Ci hanno colpito in mille modi, ma siamo ancora qui!”.
Tina, dedico l’elezione del nostro Presidente al tuo silenzio di oggi e al tuo coraggio di sempre. 

* Le frasi riferite all’onorevole Tina Anselmi, sono tratte dai libri scritti da Anna Vinci o da conversazioni private.

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