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di Jean Georges Almendras
A 47 anni dal colpo di stato civile militare è una tenace difenditrice della Memoria Viva

Vive a Montevideo in un quartiere popolare vicino al Parco Rivera, ma è nata nell’entroterra del paese, a Salto. Dinamica componente di Plenaria Memoria e Giustizia. Ha 67 anni. Una vita di lotta e attivismo intensi, in cui la sensibilità rivoluzionaria è andata oltre l’inimmaginabile, generando "odio e amore" - come direbbe Eduardo Galeano - perché Irma Leites è per alcuni una radicale, ma per altri, tra cui noi, è una donna che porta la passione e la forza rivoluzionaria sulla sua pelle, ed è un emblema e un punto di riferimento di ciò che in questi tempi significa essere una combattente per la libertà, per la giustizia e per preservare la memoria. Una lotta quotidiana, totale, per abbattere l’impunità pre e post dittatura che in Uruguay venne allo scoperto all’alba del 27 giugno del 1973 ma, che nel concreto, sebbene ci fosse una "democrazia", era già radicata da alcuni anni.
Irma Leites mi ha detto molte volte di persona di non fare della sua vita e del suo passato, un’icona o un mito. Me lo ha sottolineato, perché è umile e non le piace la pomposità dei riconoscimenti. Ma parlando chiaramente, i riconoscimenti li merita, non solo per il suo passato di giovane impegnata nella guerriglia degli anni '70, dopo essersi unita al MLN Tupamaros, o per aver trascorso quasi nove anni in prigione, vivendo sulla propria carne la repressione e la tortura, e poi l'esilio, ma perchè nelle sue parole, nelle sue azioni, ben lontana dalla figura costruita dalla grande stampa nazionale, che l'ha dipinta come una lancia bombe, terrorista, estremista, dallo stile di vita, in cui senza dubbio prevale la personalità e la forza di una combattente sociale che sin da ragazzina comprese la sofferenza della sua famiglia per sopravvivere giorno per giorno, e quella della realtà nazionale del suo tempo, ha capito che non bisognava reagire con egoismo, come fa la maggior parte della gente, con quell'affanno di procurarsi un futuro di ricchezza e di sicurezza, ma al contrario, che bisognava sviluppare la sensibilità e la solidarietà, il senso del sacrificio, pensando alla comunità, pensando agli altri e non a sé stessi.
Irma Leites, per alcuni una ribelle senza causa, in questo 2020, in cui non sono mancati cambiamenti a livello politico, lotte sociali, repressione, cultura dell'impunità, disegni di legge - anti popolari - come quelli di Urgente Consideración, ingiustizie sociali, criminalizzazione delle lotte sociali, promesse non mantenute di consegnare alla giustizia i colpevoli di reati di violazione dei Diritti Umani - prima, durante e dopo gli anni di dittatura -, attacchi impuniti contro la giustizia per aver adottato risoluzioni contro i repressori del terrorismo di Stato, perseverando - all’interno della casta militare - nell’omertà rispetto alle sepolture di cittadini uruguaiani in proprietà militari, presenza della criminalità organizzata del narcotraffico in Uruguay e in tutta la regione, per noi è una militante coerente, coraggiosa e convinta attivista delle cause giuste che ci ha dato molto, in un dialogo molto arricchente e rinnovatore, dedicandoci il suo tempo nonostante la sua intensa attività come membro di Plenaria Memoria e Giustizia.
Un dialogo costruttivo che accresce la consapevolezza, proprio il giorno dopo il 20º anniversario dalla nascita dell'Organizzazione Sociale di cui lei è una delle fondatrici e rappresentanti più significative e tre giorni prima di un nuovo anniversario del colpo di Stato in Uruguay, per mano di un politico del Partito Colorado chiamato Juan María Bordaberry, presidente costituzionale, che con il sostegno di altri suoi pari, astutamente, consegnò il paese ai militari. I militari che oggi, purtroppo, sono seduti al Parlamento Nazionale, sistemati ai seggi ottenuti dall'ex generale Guido Manini Ríos, precursore e anima mater del partito Cabildo Abierto perché il popolo uruguaiano lo ha permesso nelle ultime elezioni nazionali. Abbiamo parlato di tutto ciò con Irma Leites. E le sue risposte sono state coerenti con la sua vita. Una vita di lotta sociale quotidiana insieme a sua figlia Iara, altrettanto attivista e combattiva in differenti ambiti, tra cui la Casa de Enfrente, Colectivos contra la Reforma e ora contro la Repressione e, ovviamente, in Plenaria Memoria y Justicia, senza però tralasciare la lotta a favore dei popoli originari, con la quale si identifica dentro e fuori dell'Uruguay.

Cosa ti viene in mente davanti ad un nuovo 27 giugno, 47 anni dopo il colpo di stato in Uruguay?
"Che il terrorismo di Stato è un fenomeno che non è scomparso ed è ancora vigente. Questa è la prima cosa che mi viene in mente. Per di più stiamo vivendo un momento che ricorda il processo di militarizzazione che abbiamo vissuto prima dello scioglimento delle Camere il 27 giugno 1973. Quello fu il vero colpo di stato, la preparazione di tutta la strategia che culmina quel giorno, con lo spiegamento dell'esercito, delle truppe e dei carri armati. Mi viene in mente quest'immagine e l'occupazione dalle fabbriche alle sei del mattino, senza tener conto delle decisioni di nessuno, né dei vertici del CNT, né di altri. Tutto ciò mi viene in mente”.

Secondo i settori di destra si è sempre detto che il colpo di stato fu la conseguenza della guerriglia tupamara. È così?
"Non è stato così. Potremmo dire che già nel 1953 le forze armate di tutto il cono meridionale venivano addestrate per avvenimenti di maggiore prelievo fiscale dalla tasca dei lavoratori, dei settori popolari, delle riforme dell'Istruzione. La guerriglia tupamara non fu la causa del golpe. È vero che rappresentò un grande passo in avanti dei movimenti popolari nella rivendicazione dei propri diritti e della difesa delle conquiste ottenute fino a quel momento. Quindi, mi sembra di individuare un elemento, ovviamente da parte delle classi dominanti, di giustificazione, della repressione statale, quando alcuni settori popolari si lasciano andare alla violenza. L'unica violenza che legittima lo Stato è la sua violenza, quando i settori popolari organizzati assumono un livello di confronto più violento, e quindi la reazione giustifica le loro azioni”.

Il MLN da una parte, d'altra gli Squadroni della Morte. A quel punto il terrorismo di Stato si intensifica con maggiore violenza?
"È così. La formazione dei quadri militari, dei torturatori, della Scuola delle Americhe negli Stati Uniti, la preparazione delle ambasciate di Stati Uniti, Francia, Germania e Israele. Perché qui non ci sono stati soltanto gli USA nella preparazione di questi gruppi. La collaborazione di para-polizia e para-militari degli squadroni della morte è nata prima in Brasile e qui con il coordinamento con la Direzione Nazionale di Informazione e Intelligence. Riguardo quest’ultima, in questi giorni è stata trovata in un edificio della polizia la foto del torturatore Víctor Castiglioni (*) membro dell'intelligence della repressione. Il Frente Amplio salì al governo nel 2005 e solo 2016 quel quadro fu tolto e adesso lo hanno rimesso. Castiglioni è il simbolo di ciò che erano gli Squadroni della Morte, guidati all'epoca anche - secondo le denunce che abbiamo fatto - da Julio María Sanguinetti, dal Vice Ministro dell’Istruzione Acosta e Lara, da Miguel Sofía. Tutti membri identificati dello Squadrone. Più quelli identificati dal MLN, il 14 aprile del 1972”.

leites irma

Cosa ne pensi di questi personaggi, che hanno dei conti in sospeso, uno di loro fa parte del sistema politico e altri hanno il sostegno di Cabildo Abierto? Stiamo vivendo una buia retrocessione? Il tema della placca commemorativa del repressore Víctor Castiglioni, la preoccupazione del governo che critica la Giustizia per processare dopo 47 un soldato per aver ucciso un tupamaro sparandogli una raffica di mitra alla schiena, sono segnali di questa retrocessione?
… La novità storica in questo paese è stata l'abilitazione del Partito Militare. Ed è legata al nuovo processo di militarizzazione in atto, dove il ruolo protagonista delle FF.AA (Forze armate) incomincia ad avere i suoi effetti in tutto l’ambito parlamentare. C'è una fusione di quei membri del potere militare, del settore militare dello Stato, introdotti in una politica che mi sembra che stia dando ancora più legittimità al ruolo delle Forze armate, del suo ruolo.
A questo punto, vedendo il risultato delle ultime elezioni… dovremo chiederci cosa ha portato a quest’esito, dovremo guarda indietro... È stato grazie all'impunità mai venuta meno in nessun momento, perché quando noi diciamo che l'impunità è sempre la stessa, ieri e oggi, non vuole dire che abbia le stesse caratteristiche. L'impunità è anche che i torturatori mantengano i loro privilegi… Inoltre dobbiamo anche citare quel concetto di mafia che è l'omertà, il silenzio e la cospirazione silenziosa degli Stati, delle Forze armate e degli apparati repressivi per non far emergere alcuna verità di quanto è accaduto, prima parlavi degli Squadroni della Morte. Tutto questo è un capitolo nero dell'intera storia del Continente che non è mai stato riconosciuto. La cosa più grave è che quei personaggi adesso stanno occupando posizioni all'interno del sistema politico. Questa è la cosa più grave”.

Come capovolgere questa situazione?

"In questi giorni, per fortuna, abbiamo avuto delle riflessioni, ma soprattutto discussioni, con i giovani, perché bisogna smantellare molte cose. Riguardo il tema della Memoria c’è una versione egemonica. Una storia bianca, una storia ufficiale dei fatti accaduti. Per questo motivo è molto importante trasmettere che la dittatura non è una foto, quella del 27 giugno ma la dittatura è un processo. Oggi stiamo vivendo una dittatura di natura molto potente, il confinamento, il controllo sociale, il disciplinamento. Questo ha a che vedere con le dittature e con il terrorismo, perché la storia non è iniziata né il 27 giugno, né quando Pinochet e tutti i comandi delle FFAA si unirono in Cile per pianificare il Piano Condor. E' iniziato molto tempo prima con la dottrina della sicurezza nazionale.
Incominciò con le leggi repressive, con i tagli all'istruzione, con i tagli alle libertà sindacali e alla sicurezza individuale delle persone, con tutto quello che ha a che vedere con quella strategia. Perché per me, se noi la pensiamo così, dobbiamo affrontare chiaramente il processo che sta avvenendo, che si sta delineando da molto tempo: per esempio con la legittimazione della legge antiterrorismo che non si menziona e che fu approvata dal governo progressista; con la questione delle leggi come la LUC. Ciò che fa questa legge è rafforzare quelle già in vigore, come ad esempio la condanna dell'occupazione di terre, la violazione del diritto umano che è il diritto alla casa…, limitando i diritti sindacali, e altre cose come ad la legge anti picchetti.
Mi sembra che un tale processo, di criminalizzazione, di sfiducia da parte degli agenti di polizia - quello che sta succedendo per le strade - sembrano atti criminali. C’entra tutto. L’importante è la mentalità critica e non permettere che venga imposta la versione ufficiale… Gli Stati si preparano per nuove rivolte che non c’entrano niente con quelle degli anni sessanta, con l'esistenza di movimenti popolari potenti di guerriglie di insurrezioni di un altro tipo. Oggi vedremo scontri, ovviamente, perché il saccheggio li provoca, la fame li provoca, le necessità non soddisfatte della gente li provocano. Allora nella misura in cui la gente si organizza, loro risponderanno con una polizia militarizzata, come stanno facendo ora attraverso apparati e gruppi specializzati contro una diversa insurrezione”.

Plenaria Memoria e Giustizia compie 20 anni. Cosa ci puoi dire al riguardo?

"C’è bisogno di organizzazioni più autonome che non siano legate agli Stati, né alle Istituzioni e che abbiano una certa autonomia. L'altro giorno osservando le immagini degli avvenimenti di questi 20 anni, ho pensato al tema della condanna sociale di una Memoria Viva per le strade e di non immortalare le compagne e i compagni con il bronzo. Tutta la lotta che abbiamo fatto. Dobbiamo crescere, crescere molto”.

Ed i giovani sono presenti?

"Ovviamente. Se ciò non esiste, non c’è una comunicazione sociale che permetta il trasferimento di questa Memoria attraverso il cuore, potenziando e rinnovando la lotta, io credo che i giovani sono presenti in prima linea in tutto questo."

(*) Víctor Castiglioni, negli anni settanta era un repressore la cui fotografia, che anni fa era stata rimossa dall'Aula magna della sede della Direzione di Intelligence in via Maldonado, è stata nuovamente ricollocata nelle ultime settimane su esplicita iniziativa di un’alta autorità della polizia, senza il consenso del capo del Ministero dell'Interno. Un atto che ha generato l’immediato ripudio dell’opposizione e delle organizzazioni per i Diritti Umani. Ci sono state ripercussioni a tutti i livelli, mentre la polizia ha difeso l'iniziativa, fino a quando il Ministro Larrañaga ha ordinato la rimozione della targa fotografica di Castiglioni, ma solo per non aggravare la polemica e non perché fosse d’accordo con i principi di coloro che hanno chiesto con forza che non rimanesse esposta in quel luogo.

Foto di Copertina: Leandro Gómez di Our Voice
Foto 2: www.laizquierdadiario.com

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