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di Karim El Sadi
L'esecutivo di Netanyahu e Gantz ottiene la fiducia dalla Knesset
A sedere in alcuni ministeri chiave anche ex ufficiali dell'esercito che hanno guidato o partecipato alle invasioni di Gaza

Sono servite tre tornate elettorali, ma alla fine in Israele, dopo uno stallo politico durato 17 mesi (il più lungo della storia di Tel Aviv), il nuovo governo è venuto alla luce. Domenica la Knesset (il parlamento israeliano) ha dato il via libera con 73 voti a favore e 49 contrari. Il governo durerà tre anni, 18 mesi con a capo Benjamin Netanyahu (il premier uscente e leader del partito Likud), e gli altri 18 con Benny Gantz (leader del partito Blue&Bianco). Questi sono gli accordi. Ufficialmente si tratta, come abbiamo scritto qualche giorno fa in occasione del raggiungimento dell'intesa tra Netanyahu e Gantz, di un governo di unità nazionale d'emergenza per affrontare la pandemia, anche se in realtà la sua costituzione è esclusivamente politica. La nuova squadra di governo, presentata alla nazione, è composta da ben 36 ministri, più altri 16 vice ministri. La più numerosa della storia di Israele. A fare un buon governo però non è la quantità dei suoi componenti, ma la qualità, che in questo caso è pressoché assente. Come del resto nei precedenti governi. Alcuni dei ministri e vice ministri che hanno prestato solenne giuramento davanti al Parlamento, infatti, sono ex membri dell'esercito che in passato si sono distinti per essere stati ai posti di comando durante le invasioni israeliane nella striscia di Gaza nelle quali sono stati compiuti massacri di civili, macchiandosi a loro volta di crimini contro l'umanità. Crimini di cui non hanno mai risposto e mai risponderanno visto l'alone di impunità che notoriamente accompagna gli uomini di potere israeliani nel mondo. Altri, invece, si sono distinti per le loro posizioni apertamente razziste, xenofobe e omofobe e le loro interviste sconcertanti rilasciate alla stampa. Difficile, se non impossibile, dunque che questo esecutivo possa portare un nuovo vento in Israele. Soprattutto per quanto concerne la cruciale questione dei palestinesi e dei territori occupati che tra l’altro Netanyahu sottoporrà in parlamento già il prossimo 1° luglio, contro il parere della comunità internazionale e dell'Unione Europea che si è opposta facendo muro.
Vediamo dunque quali sono i nuovi membri di governo che sederanno nei palazzi di Tel Aviv. Ne citiamo solo alcuni tra quelli che ricoprono le posizioni più importanti, partendo dall'ormai cinque volte presidente Benjamin Netanyahu. Il capo del governo è stato il primo promotore delle più sanguinarie invasioni militari nella Striscia di Gaza e delle più scellerate politiche segregazioniste e razziste contro i palestinesi. Netanyahu deve inoltre rispondere di accuse di corruzione, frode e abuso d'ufficio davanti al tribunale di Gerusalemme dopo essere stato incriminato dal procuratore generale israeliano Avichai Mendelblit a fine novembre scorso.


Il nuovo ministro della Difesa è Benny Gantz (rivale di Netanyahu in campagna elettorale e ora alleato di governo) che tra 18 mesi prenderà il suo posto come presidente. In un'intervista televisiva Gantz si vantò pubblicamente di aver portato Gaza all'"età della pietra" nel 2014 quando guidò l'invasione "Protective Edge" al tempo in cui era Capo di Stato Maggiore dell'esercito israeliano. Alludendo alla distruzione e devastazione provocate dai bombardamenti israeliani. Agli Affari Esteri siede Gabi Aschkenazi. Anche lui guidò un'invasione militare a Gaza, precisamente tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009 con la tristemente nota operazione "Piombo Fuso" (durata 22 giorni) nella quale vennero uccisi 1400 palestinesi di cui oltre 400 bambini. In quell'invasione l'aviazione israeliana utilizzò contro i civili anche bombe incendiare al fosforo bianco, come documentato da Human Rights Watch, che rientrano nelle armi bandite dalle convenzioni internazionali perché ritenute disumane. E ancora, tra i nuovi ministri che a più riprese hanno pubblicamente manifestato le loro idee nefaste su questione palestinese, immigrazione e diritti degli omosessuali, troviamo Amir Ohana avvocato ed ex funzionario del servizio di intelligence israeliano Shin Bet. Ohana ora guiderà uno dei ministeri chiave in Israele, quello di Pubblica Sicurezza. "Cos'è il popolo palestinese? - si era chiesto nel 2017 al quotidiano Haaretz - Cosa lo contraddistingue? Ha una sua lingua? La sua valuta? No. Pertanto, posso andare da Maometto e dirgli: 'Anche se tuo nonno, e forse il nonno di tuo nonno, sono nati qui questo è il mio paese'". Al ministero delle Finanze c'è Yisrael Katz, membro del Likud e di recente ministro pro tempore degli esteri, che ha invitato Israele a impegnarsi in "eliminazioni civili mirate" dei leader attivisti del BDS (movimento globale di boicottaggio di prodotti israeliani) con l'aiuto dell'intelligence israeliana. Al ministero degli Affari e del Patrimonio Culturale di Gerusalemme siede invece Rafi Peretz, anche lui ex capo militare delle forze di difesa israeliane, che supporta la cosiddetta terapia di conversione gay e ha affermato che il matrimonio misto di ebrei americani "è paragonabile a un secondo olocausto". Per concludere poi riportiamo i nomi di Miri Regev, ex capo di brigate dell'IDF (Israel Defence Forces) ora al ministero dei Trasporti, che al quotidiano britannico The Guardian dichiarò che i sudanesi, che rappresentano una delle principali fette di popolazioni africane fatte emigrare in Israele nel secolo scorso, "rappresentano un cancro nel nostro corpo". E poi Yoaz Hendel, ex militare e giornalista in forze al partito Blue&Bianco, da ora ministro della Comunicazione, che in un'intervista a febbraio scorso ha detto: "Credo che la cultura araba sia la giungla. Lì trovi gravi violazioni di ogni diritto umano che riconosciamo in Occidente. Non hanno raggiunto lo stadio dell'evoluzione in cui vi sono diritti umani". Questi sono i ministri che a partire da ieri avranno in mano le redini del potere in Israele per i prossimi tre anni. Questa è la squadra di governo che ha ricevuto il plauso di Stati Uniti e della loro claque di Stati-feudi come l'Italia. Ieri mattina il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha rivolto i propri "best wishes" (migliori auguri, ndr) a Netanyahu e Gantz per l'intesa raggiunta e la fiducia ottenuta dalla Knesset. "Non vedo l'ora di lavorare con voi - ha detto il premier su Twitter - per continuare a rafforzare il partenariato strategico e la vera amicizia che unisce Italia e Israele". Quello che si prospetta è un governo di estrema destra neo-conservatore che si impegnerà al massimo per impedire il cambiamento dello "status quo" in Israele, puntando invece a minare tutti i processi politici di cambiamento interni al Paese e di dialogo con i palestinesi e l'Autorità Palestinese. Un governo che comunque poggierà sul sottilissimo filo tessuto dall'alleanza Gantz-Netanyahu. E' probabile, come sostengono alcuni analisti, che il filo possa spezzarsi da un momento all'altro prima della fine del mandato.

Foto © Imagoeconomica

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