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di Agustín Saiz
A Tiahuanaco culla della civiltà, da dove provenivano i primi uomini che poi popolarono la regione fino ai confini del territorio, la storia viene scritta da un'altra prospettiva. La speranza di ricostruire il mondo dove un tempo abitarono i nostri antenati in sintonia con le leggi che reggono la dinamica del cosmo, è rimasta intatta ed è urgente. La ricostituzione del Tahuantinsuyu (insieme unitario dei territori inca), inteso come il riconoscimento di un governo autonomo è un faro di luce civilizzatrice. Un orizzonte prossimo che si avvicina e si fa strada tra le macerie di un impero in rovina, sgretolato nelle sue basi, incapace di riflettere sulla sua mortale natura sanguinaria per evitare così di trasformarsi in un soffio effimero della storia del tempo.
La società attuale, come un parassita diffuso su tutto il mondo, si è trasformata in una pompa di estrazione sistematica delle risorse naturali. Della totalità dei 2.000.000.000.000 di barili di petrolio che esistevano a metà del secolo XIX, ad oggi abbiamo consumato già praticamente tutto. In un solo anno si consuma il petrolio originato durante 5.000.000 milioni anni grazie al calore della nostra Madre Terra. La maggior parte dei paesi soffre di scarsità di risorse, 54 dei 65 principali produttori hanno superato il picco massimo della produzione di petrolio. Ora, per mantenere il ritmo, bisogna scoprire l'equivalente energetico di un paese grande come l’Arabia Saudita ogni tre anni; ma è chiaro, non ci sono altri nuovi giacimenti da scoprire. La decrescita è inevitabile e non sarà né dolce, né programmata. Sarà un collasso della civiltà, un colpo così duro che trasformerà la vita di tutti noi. Si stima che per mantenere lo standard di vita di un cittadino nordamericano medio si necessita l'equivalente energetico di quello che possono fornire 150 uomini lavorando 24 ore. Negli ultimi tre decenni nessun Stato ha adottato alcuna delle politiche che avrebbero permesso di mitigare la caduta. Ora è ormai troppo tardi. Le città così come le conosciamo non avranno più ragione di essere quando diventeranno insostenibili e avrà fine la civiltà dell'automobile ed il commercio estero sarà impossibile. Con loro crolleranno anche l’industria alimentare, l'industria chimica, l'industria farmaceutica e l’indotto che oggi costituiscono la vita urbana così come la conosciamo.
Agli inizi del secolo XX, gli USA si scoprono produttori dopo aver scoperto grandi giacimenti petroliferi nel proprio territorio e negli anni ‘30 raggiungono il loro apice come produttori. Da quel momento in poi si rendono sempre di più dipendenti dall'importazione e la dinamica geopolitica di guerra si trasformò nella strategia di sopravvivenza ed espansione dell'impero. Dopo la seconda guerra e successivamente al conclave del progetto Manhattan, gli USA esportano “lo stile di vita americano” nel resto del mondo e nasce così la scala di classificazione dei paesi. Da allora esisteranno quelli "sviluppati" o del "primo mondo" ed i "sottosviluppati" del "secondo e terzo mondo". Viene distrutta la diversità culturale e si standarizza il consumo. All’orizzonte viene proiettato un unico modello di società universale. Cercare di uscire dallo stesso è un atto di ribellione che si paga caro, tutto viene trasformato in merce per il gran supermercato del mondo.

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Per controllare la concorrenza i piani negli anni ‘60 erano semplici. I documenti del Pentagono indicavano la distruzione del 70% della capacità industriale dell'ex URSS e della Cina con un attacco nucleare simultaneo su oltre 30 diverse città. L'idea era impedire che quelle società fossero capaci di rimettersi in piedi. Ma dopo la strategia viene modificata. Negli anni ’70 figure come Rockefeller e Kissinger si recano in Cina per negoziare la ricollocazione di grandi industrie e dieci anni dopo, con la caduta della Perestroika, viene completato il grande disegno della globalizzazione. Nasce così il mostro a due teste che conosciamo oggi le cui bocche affamate ed insaziabili devono essere alimentate fino alla morte. E alla fine, quando non rimarrà più niente, si mangeranno inevitabilmente a vicenda.
Gli USA sopravvivono oggi grazie allo shale gas e alle sabbie bituminose in maniera transitoria. Estraggono la rimanenza di petrolio intrappolato nei micropori della roccia sotterranea mediante detonazioni e lavano la sabbia canadese per estrarre solamente l'equivalente energetico di una scatola di cereali di un kg. Gli ultimi giacimenti convenzionali sono stati quelli di Anwar (Alaska), e le piattaforme offshore nel golfo del Messico. Ognuno gli ha garantito il consumo energetico interno per quasi un anno, non molto di più. L'ultima riserva fuori dal suo controllo è anche la più grande. In Venezuela si è concluso il periodo di lavoro del suo ex socio commerciale Hugo Chávez che gli garantiva il 30% delle importazioni di petrolio. Con la sua uscita dallo scenario mondiale, una prossima invasione sembra inevitabile e con essa la possibile balcanizzazione di tutta la regione latinoamericana.
Non esiste un solo documento declassificato del Pentagono che dica che gli USA stiano andando verso una transizione pacifica del potere con Russia e Cina. Al contrario, gli scenari di guerra sono costantemente aggiornati: tecnologie come l'ipersonico, l'intelligenza artificiale, la robotica e le armi ad energia diretta costituiscono le basi delle forze nordamericane che si aggiungono alle migliaia di testate nucleari con capacità di distruzione centinaia di volte superiore a quella vista a Hiroshima e Nagasaki. Mentre l'obiettivo alla fine degli anni ’70 in un conflitto nucleare, durante l'amministrazione Carter, era garantire la sopravvivenza di oltre l’80% della popolazione USA, oggi i documenti di Stato prevedono la perdita massiva inevitabile della maggioranza dei propri abitanti. Cioè, vanno in guerra a scapito del loro popolo, non interessa loro assolutamente niente e tanto meno gli altri, noi.
L'alternativa millenaria di un modello di civilizzazione continentale che emerge dal cuore di Tiahuanaco e Cuzco, non ha mai smesso di cercare di riemergere. Nemmeno i più brutali episodi della conquista sono riusciti a cancellare dalla memoria dei popoli Aymara, Quechua e delle altre 35 etnie dell'altopiano i ricordi di un ordine sociale autosufficiente, senza gerarchie arbitrarie, che contempla la diversità delle espressioni culturali di tutto il continente in un clima armonioso e vitale. I movimenti indigeni lottano da allora e con costanza nella rivendicazione di una lotta che continua ancora oggi con uguale intensità. È indicativo quanto sta accadendo negli ultimi decenni nel territorio che oggi conosciamo come la Bolivia. L’insediamento di un governo sovrano indigeno è molto di più di un sogno o di una lontana utopia. È un cambiamento rivoluzionario della civiltà del continente sempre più vicino ed il cui orizzonte si colloca nel 2032, prima dei 500 anni dalla morte dell'Inca Atawallpa.

L'imminente arrivo del Pachakuti. (*1)
"Noi elaboriamo la nostra analisi dalla prospettiva del Pachakuti e nel contesto del Katar Pacha, inteso come continuità storica di guerra anticoloniale, alla ricerca permanente di un orizzonte civilizzatore" queste le parole di Pachakuti Arakarpi Wanka, uno dei leader ideologici dell'attuale movimento indigeno e creatore del calendario 2032 al fine di restituire l'autogoverno indio o Tawantiusyu: "In questa perspettiva si avviano varie tendenze politiche e teoriche, alcune più vicine alla comprensione del Pachaqama (Buon vivere), ed altre più lontane. Si potrebbe anche dire che man mano che viviamo il Macha (disgregazione dei quattro elementi che compongono la coscienza dell'uomo), ci si allontana dalla comprensione del Pacha (unità del tutto); l'espressione ideologica e politica del katarismo e dell'indianismo vanno in quella direzione quando queste tendenze si manifestano ancora in uno stato di Macha, di incomprensione totale dell'Ayllu (consigli, circoli assembleari), ecc. Quindi, bisogna distinguere a grosso modo, due tipi di cultura indiana, l'indianismo razionale-Macha (disatteso dalla coscienza di Pizarro), e l'indianismo Pacha (rafforzato dalla coscienza di Atawallpa)". tawantisuyu 3
L'indio senza la coscienza dell'Ayllu è il migliore incrementatore della coscienza coloniale, dal 2006 ad oggi "… il presidente della Bolivia Evo Morales Ayma è un indio, allo stesso tempo in altre sfere governative ci troviamo di fronte alla presenza di ministri e viceministri aymara-quechua, inoltre, la maggioranza dei senatori e deputati nel Legislativo sono indios, anche governatori, sindaci, consiglieri comunali, membri dell'assemblea, ecc. ma, tutti loro, avviluppati dal mito del progresso della modernità. In effetti, dalla prospettiva del cambiamento di orizzonte, non è cambiato assolutamente niente, anzi, si ripropongono come i riproduttori dello stato coloniale”.
La crisi istituzionale del territorio che chiamiamo Bolivia tra il 2000 e il 2005 e l’assedio delle popolazioni della città di La Paz, hanno segnato una svolta recente che ha significato quasi la presa del potere indigeno. Il pensiero indiano katarista aprì la strada al processo attuale che ha dato al linguaggio della politica di protesta "una connotazione indiana". Senza l'attivismo di sfida verso il potere di Felipe Quispe e di altri leader, difficilmente Evo Morales sarebbe arrivato alla carica di presidente: "… Dai primi blocchi stradali nel 2000, la marcia indigena per l'assemblea costituente del 2002, le elezioni generali di quello stesso anno, la rivolta della polizia nel Febbraio del 2003, il conseguente riversarsi della folla nelle città di La Paz e l'Alto, la guerra del gas nell’ottobre del 2003, le successive dimissioni del presidente Sánchez di Lozada ed il crollo del suo governo, la prima transizione politica, le mobilitazioni di maggio e giugno del 2005, la sostituzione costituzionale del presidente della corte suprema di Giustizia ed ancora una volta la decisione di ricorrere alle urne per uscire dalla crisi politica… Dall'ottica del discorso del Pachakuti o da un orizzonte di autodeterminazione qolla-tawantina, possiamo dedurre che, agli inizi del secolo XXI, il discorso ed il progetto indiano di decolonizzazione o Pahcakutti riemergeva apertamente in contrasto al Macha (ordine coloniale e neoliberale)".
A parlare è l’Inca Waskar Chukiwanka ed è proprio lui che ha fatto il lavoro di raccolta per restituire i principali simboli ed istituzioni religiose come la Whipala o la celebrazione dell'Inty Raymi, oltre ad essere leader del movimento indigeno è stato molto attivo politicamente nel periodo di crisi:
"… nel 1992 abbiamo ricostituito il Qollasuyu come Stato… la Bolivia era repubblica. Nel 1999 abbiamo costruito e fondato l'Università Indigena del Tahuantinsuyu, per ricostruire il Tahuantinsuyu e lì nacque il progetto, clandestinamente, della Repubblica dello Stato del Tahuantinsuyu.... nel 2000, ho parlato di nuovo con il fratello Felipe Quispe, (leader indigeno protagonista dell’assedio di La Paz nel 2003), sono addirittura sceso con lui… non si riuscì, abbiamo proseguito. La sinistra si approfittò di noi, dei nostri discorsi, si approfittò di tutto, del nostro Wiphala… loro stavano andando giù e noi crescevamo quando insieme al fratello Felipe portammo avanti l’assedio a la Paz. Il terzo assedio contro il sistema capitalista ed imperialista era un embrione del nuovo Qullasuyu-Tahuantinsuyu; il quale risorge come un terremoto dalle viscere degli Ayllus e dalle comunità. Tutta quell'illusione di paese moderno e di vittorie, andò in frantumi ad aprile e settembre del 2003 e dagli altopiani più elevati ritornarono nuovamente le ancestrali guide della nazione qollasuyuna: Tupaj Katari, Bartolina Sisa, Tomas Kataria, Kurusa Llawi….
Nel 1781 Tupac Katari con un esercito di 40.000 uomini circondò La Paz due volte, la nuova ribellione indigena, protagonista la CSUTCB (Unified Syndical Confederation of Rural Workers of Bolivia) del 2003 era considerato il terzo assedio che apriva definitivamente la porta al Tahuantinsuyu: "… Pensavamo insieme ad Evo e David Choquehuanca… quando eravamo deputati, ci siamo riuniti nel salone dell’hotel Paride e abbiamo parlato ed io gli dissi: "fratello siccome sarai presidente… quello che dobbiamo fare è ristabilire il Tahuantinsuyu..! gli dissi io, ci sono come Inca, avrai l'appoggio... sto parlando del 2002, nel parlamento continuavo a rimarcarlo, potete vedere i miei interventi, riguardano sempre Tahuantinsuyu, non ho parlato mai di difendere la Bolivia né ho cantato il suo inno, ho persino buttato la sua costituzione. Il fratello Evo è entrato alla presidenza con il nostro discorso, che discorso potevamo fare noi? Se il fratello Evo stava facendo il nostro discorso, eravamo senza parole, non sapevamo cosa fare, la sinistra ci aveva rubato il nostro discorso… "(*2)
Tra gli anni 2000-2003, l'enorme offensiva ‘decolonizzatrice’ ed emancipatrice delle nazioni indigene, oltre ad altre rivendicazioni popolari toccarono l’apice. Ma all'improvviso iniziò un cambiamento. Pertanto l'anno 2006 segna l'inizio del trasferimento di quello spirito verso l’inserimento nella sfera statale, questo il trionfo ed il ritorno del Macha indebolito durante l'ultima fase di resistenza anticolonialista/antiliberale: "… Già lì, con il Pachakuti abbiamo fatto la prima conferenza nel 2010 (calendario Atawallpa 2032) che fu il seme. Nel 2011 avevamo più forze per portare il Tahuantinsuyu.... In quel tempo le mobilitazioni si fecero sentire come forte movimento Aymara, c'era solidarietà, cacciarono via quell'impresa che voleva sfruttare l’argento.... Quel movimento clandestino del 1992 si trasforma nello stato reale del Tahuantinsuyu in quell'epoca (2012) ma era molto difficile, non c'era modo di parlare ai mezzi di comunicazione, di annunciare la nostra indipendenza... nessun giornalista, nessuno, stavamo lavorando nella clandestinità”.

L'usurpatore del tempio e l'eclissi dello stato coloniale
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"Oggi incomincia un nuovo anno per i popoli originari del mondo, una nuova vita in cui cerchiamo uguaglianza e giustizia, una nuova era, un nuovo millennio per tutti i paesi del mondo, da qui Tiahuanaco, da qui La Paz Bolivia". (Evo Morales) 21 Gennaio 2006. Con queste parole del discorso di Evo Morales a Tiahuanaco, il 21 gennaio 2006, giorno del suo insediamento, torna a rinascere il moribondo stato nazione Boliviano che si era visto messo con le spalle al muro da una crisi interminabile tra il 2000 ed il 2005. Finalmente avevano ottenuto nuovamente il controllo sociale necessario, per ristabilire l'ordine istituzionale e democratico. A Tiahuanaco “è avvenuto il trasferimento simbolico della rappresentanza, della volontà e del potere fondamentalmente al leader carismatico. Da allora, gradualmente, i movimenti sociali lasciano l'iniziativa e la trasferiscono all’esecutivo, dove vengono prese le decisioni politiche" (Prada). Il governo ancestrale di carattere simbolico a Taypi Qala-Tiahuanaco di fronte ad una numerosa concentrazione indigena e di altri settori popolari, oltre alla presenza di leader politici, indigeni e di movimenti sociali internazionali costruiscono l'immagine di Evo Morales come primo presidente indigeno della Bolivia e dell'America latina:
"… il governo ancestrale del 21 Gennaio 2006, a Tiahuanaco, non ha validità formale né legale ma è semplicemente un atto simbolico stravagante (oltre ad essere una truffa rituale), per indorare ciò che viene dopo (gestione coloniale), e contemporaneamente per presentarsi alla comunità internazionale come qualcosa di autentico e vero. Mentre il 22 gennaio (il giorno dopo al congresso), compie tutte le tradizioni formali coloniali-repubblicane per il passaggio di consegne presidenziale, per tale ragione, al momento del giuramento come presidente costituzionale della Repubblica quasi pianse, perché per lui, quell’atto era la cosa più importante" (Pachakuti Akarapi Wanka).
Una tale forza di rivendicazione ‘decolonialista’ ed emancipatrice portata avanti dagli esclusi del progetto moderno costruito durante i primi cinque anni di questo secolo, viene affidata al leader "capo" Evo Morales e, pertanto, alla gestione pubblica, e non c’era più senso continuare con la resistenza e le rivendicazioni verso lo stato coloniale-neoliberale: "… Dalla prospettiva degli indios, la prima gestione governativa di Evo Morales (2006-2009) costituisce una nuova fase del Leone Macha, ingenuamente immaginato dalla maggioranza indiana come il nuovo tempo degli esclusi.
Tuttavia, ha segnato l’ inizio di una nuova strategia di dominazione o, come sottolinea Illapa Kallisaya, dell’espansione della politica dell’"indigenismo presidenziale". Che vuole dire che l'indio è presente in quasi tutte le sfere governative, ma solo come "presenza" che non influenza le radici del disordine coloniale. È presente nello Stato e nelle sue istituzioni ma senza un proprio progetto politico. Non discute l'ordine "del disordine" della civiltà occidentale né la politica liberale né l'economia estrattiva incoraggiata dagli stati progressisti, anche se può parlare del sesso delle pietre, delle qualità afrodisiache del ‘papaliza’, della fine di un'era, dell'orologio del sud o del cambiamento climatico…".
Evo Morales proveniva dal settore ‘cocalero’, infatti, era sostenuto da quel settore di mercato proveniente da fonti interne o esterne: "… nella percezione della gente, il potere pubblico e i partiti politici erano lontani dalla loro vita quotidiana ed in questo modo Morales sfruttò la buona fede e l'ingenuità degli insorti trasformandosi in impostore" (Kafka). Soprattutto di fronte alla comunità internazionale doveva cambiare ed esporsi in modo differente dal suo profilo antico e non rispecchiarsi nei suoi precedessori neoliberali. Allo stesso tempo, doveva emulare gli altri leader politici in ambito internazionale, consolidarsi ed entrare nel circolo dei leader politici della sinistra latinoamericana (Chávez, Lula, Kirchner, Vázquez, Lugo): "… Nel contesto internazionale sarà possibile consolidare la sua immagine solo se si presenta come il "buon” indigena/o. Cioè, Evo Morales ed il Movimento per il Socialismo (MAS) non avevano mai rivendicato il tema etnico né la prospettiva degli indios ed ora è il momento propizio per riconfigurare l'immagine, da un sindacalista ‘cocalero’ a messia indigeno, usurpando tutte le risorse ideologica, simbolica e culturale che gli intellettuali del mondo Aymara avevano ricostruito negli ultimi cinquanta anni".

Il futuro del continente
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La programmazione dell'agenda 2032 è iniziata nel 2010 a Tiahuanaco, sono trascorsi già 9 anni: "… abbiamo organizzato annualmente conferenze a favore della costruzione politica, economica e sociale, analizzando la situazione culturale del contesto boliviano e latinoamericano… È un progranna di resistenza anticolonialista degli indios, di riaffermazione del nostro proprio orizzonte di civiltà Aymara, Quéchua, Tupi Guaranì. Vale a dire che, il nostro programma di ripristino dell'Ayllu Tahuantinsuyo contemporaneo, attuale, moderno, se si vuole, ma senza ignorare ciò che produce la modernità e ciò che viene da altri contesti di civiltà. Cioè, utilizzare, integrare la tecnologia, gli strumenti idonei per lavorare contro l’egemonia". (*2)
La stessa è promossa da un insieme di giovani, tra uomini e donne, provenienti da distinti paesi, nazioni o città, che fanno parte di questo Centro e della Scuola di Pensiero che promuovono con le proprie risorse, i propri sforzi, il proprio contributo. Questa è una delle nostre attività al margine della politica statale o governativa, sia a livello macro, regionale o locale, cioè il programma dell'agenda 2032 non è stato influenzato da organizzazioni sociali o sindacali, affini al governo locale, regionale o nazionale, nè ONG`s che si finanziano nell'ambito di queste attività. È una costruzione autentica, autonoma nel sentire indiano, nel senso Aymara:
"… stiamo rimarcando la questione dell’industria estrattiva, e la sua incidenza in paesi come Bolivia, Ecuador, Peru, Argentina, Brasile e in tutto il contesto latinoamericano, oltre alla crisi ecologica, nell'ecosistema, la biodiversità e l'inquinamento…, siamo già all’analisi ed al dibattito sulla politica internazionale e le guerre scoppiate negli ultimi anni, ma la finalità della conferenza indiana è ristabilire la prospettiva ed il senso di vita precoloniale, dell'economia, la società, la famiglia e l'aria. Cioè, un uomo ancestrale ma contestualizzato, con una relazione familiare e sociale precoloniale che ci permetta di vivere e di svilupparci nel contesto attuale". “Dobbiamo riorganizzare i rapporti sociali di dominazione politica ed economica, delle società contemporanee, a partire da principi e criteri propri del Tahuantinsuyu. Ad esempio, nel potere politico bisogna applicare questo criterio e questo principio di rotazione e di servizio, al posto della forma liberale. Per quanto riguarda la società ed il popolo, nell'ambito dell'ambiente applicare il principio basilare che la natura è la madre e che l'umanità è parte della natura e non il contrario”.
In sintesi, il pensiero da promuovere a partire dal programma del 2032 e della conferenza "Atahuallpa 2032" è quello di Tiahuanaco, dall'Ayllu (consiglio delle comunità), ma senza dimenticare quello che offre la modernità. “Dobbiamo organizzare l'ordine politico - economico con il criterio e con i principi del pensiero Aymara Quechua… in questi 13 anni che mancano, tutte le nazioni indigene, indios originari di questo continente devono uscire dallo squilibrio, dal disordine coloniale, dalla dominazione coloniale. La riconfigurazione politica - economica, non solo negli Stati-nazione attuali, ma, in tutto il contesto regionale e mondiale, questo è il nostro obiettivo”.
Questa è l’impostazione del pensiero ideologico autoctono, in questo caso Aymara, con cui si stanno gettando le basi di una rivoluzione. In un mondo dove il conto alla rovescia è in atto, la rinascita dalle radici ancestrali di questi processi, aprono contemporaneamente orizzonti di speranze e di certezze. È necessario un cambiamento radicale dei nostri modi più elementari di pensare e concepire. Il tempo a disposizione per un cambiamento è breve, ciononostante è in atto un nuovo Tahuantinsuyu ed è inevitabile che avvenga.

Riferimenti:
*(1) PachaKuti significa la trasformazione del tutto, un cambiamento generale dell'ordine, un capovolgimento, quello che era "sopra" passa "sotto" e al contrario. È un cambiamento che, secondo i popoli andini, è successo altre volte. L'ultimo Pachakuti si ebbe con l'arrivo degli spagnoli, oltre 500 anni fa, e la leggenda orale andina ci parla di un nuovo Pachakuti che starebbe avvenendo in questo tempo, dove quello che in origine era sopra ritorna al suo posto.
http://repositorio.uchile.cl/handle/2250/101502
*(2) estratti dai libri Pensiero Pacha (memorie della 6ª conferenza Indio-Tiahuanaco), e Macha (Politiche di decolonizzazione dello stato plurinazionale della Bolivia - (Scuola Pensiero Pacha),
*(3) www.cultura.mendoza.gov.ar

*Foto di Copertina: www.antonioheras.com

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