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di Jean Georges Almendras
Sono trascorsi quattro anni da quando Eduardo Galeano ci ha lasciato fisicamente.
Nella sua terra natale (e nella sua America Latina natale, dove gli accadimenti sociali e quelli politici si moltiplicano e si complicano, e ogni giorno appaiono più drammatici, ci indignano e ci irritano), la cultura dell'impunità è ancora un coltello conficcato nel cuore stesso di chi ha perso genitori, figli, fratelli, mariti ed amici, nelle mani dei repressori della dittatura militare uruguaiana e del Río de la Plata, nei giorni del Piano Condor.
Una cultura dell'impunità che che genera in noi sentimenti di impotenza e di rabbia.
Gli stessi sentimenti che provò anche Eduardo Galeano.
Sono trascorsi quattro anni da quando Eduardo Galeano ci ha lasciato fisicamente.
Nella sua terra natia, l'Uruguay, i militari - dominati dalla superbia e dall’ipocrisia in democrazia - oggi si sono inseriti nel sistema politico.
Nonostante una serie di avvenimenti recenti che possono sembrare controproducenti per loro, ma in realtà potrebbero rivelarsi addirittura vantaggiosi, perché la cultura dell'impunità, continua a fare da sfondo al governo di Tabaré Vázquez (come lo è stato, purtroppo, nel suo primo mandato e durante la gestione di José Mujica) nell’ambito dello scandalo che ha travolto proprio Vázquez, per il solo (e alquanto significativo) fatto di "non avere letto i verbali del Tribunale d'Onore Militare" che raccolse la dichiarazione dell'ex Colonello repressore José Gavazzo; dichiarazione filtrata dalla stampa e grazie alla quale tutti siamo venuti a conoscenza che Gavazzo fece sparire il corpo dell’attivista tupamaro Roberto Gomensoro Josman, nelle acque del Río Negro, nel marzo del 1973, cioè, 46 anni fa.
Sono trascorsi quattro anni da quando Eduardo Galeano ci ha lasciato fisicamente.
Nella sua terra natale, l'Uruguay, la cultura dell’impunità purtroppo è stata favorita sottilmente, proprio dal sistema politico della sinistra uruguaiana con il tacito o esplicito consenso dell’estrema destra e della casta militare, e da uomini e donne dei partiti tradizionali (in una congiuntura per niente favorevole al Frente Amplio) che mette in dubbio la trasparenza e l’onestà del presidente Tabare Vázquez, il quale adesso, proclama con insistenza ai quattro venti che non conosceva il contenuto dei Verbali del Tribunale di Onore Militare, quando in realtà tutto indica il contrario. I verbali - che portarono alla ridicola sentenza, del divieto ad indossare l’uniforme, nonostante Gavazzo fosse già stato condannato al carcere per 28 omicidi commessi nel periodo della dittatura - avallati e firmati dal titolare dell’Esecutivo. In tempo debito, l'allora Ministro della Difesa Jorge Menéndez, (deceduto appena 48 ore prima di scrivere queste righe) aveva suggerito al Presidente Vázquez che vista la portata ed il tenore delle dichiarazioni di Gavazzo e di un altro militare interrogato dal Tribunale d'Onore, doveva rendere conto dei fatti alla Giustizia, cosa che non avvenne. Di fatto, Gavazzo ed i suoi superiori, nel 2010, omisero di dirlo alla Giustizia Penale, ovviamente in piena sintonia con l’omertà militare, prevalente in quel tempo (e che continua ancora oggi allo stesso modo).
Sono trascorsi quattro anni da quando Eduardo Galeano ci ha lasciato fisicamente.
Nella sua terra nativa, l'Uruguay, oggi, il grande scandalo all’interno del Frente Amplio, non è stato precisamente la decapitazione della cupola militare o del Ministero della Difesa Nazionale disposto dal presidente di sinistra uruguaiano Tabaré Vázquez, ma la scarsa trasparenza del suo rapporto con le Forze armate per quanto riguarda i violatori dei Diritti umani e l’omertà per tutelare i repressori che hanno provveduto alla sepoltura dei detenuti desaparecidos nei terreni di strutture militari in tutto l’Uruguay. I repressori che si avvalgono delle negligenze dei governanti, per trarre profitto, un profitto che dimostra l’insensibilità e gli spropositi più riprovevoli dei governi Vázquez-Mujica-Vázquez, in materia di Diritti umani, che vorrebbero far credere che solo dopo la pubblicazione dei verbali, entrambi avessero scoperto le barbarità del terrorismo di Stato, e quindi di aver agito in conseguenza, come se Vázquez prima, Mujica poi, e ancora una volta Vázquez, fossero i grandi eroi di una storia, in cui invece in realtà hanno fatto ben poco in risposta agli insistenti appelli di Verità e Giustizia da parte delle Madri e dei Famigliari dei Detenuti Desaparecidos in Uruguay. Appelli ignorati spudoratamente dall’istituzione della democrazia, fino ai nostri giorni.
Sono trascorsi quattro anni da quando Eduardo Galeano ci ha lasciato fisicamente.
Nella sua terra nativa, l'Uruguay (dove lui fu un baluardo della lotta contro l'impunità), la cultura dell'impunità è oggi favorita dall'indifferenza dei politici ‘frenteamplistas’ che ostacolano, ed impediscono che torturatori ed assassini della dittatura, ed i responsabili delle sepolture clandestine, siano consegnati in mano della giustizia.
Sono trascorsi quattro anni da quando Eduardo Galeano ci ha lasciato fisicamente.
Nella sua terra nativa, l'Uruguay, a proposito dell'impunità, ho molto viva l'immagine della sua presenza attivista in una manifestazione in Plaza Libertad, proprio davanti alla Suprema Corte di Giustizia, il giorno in cui venne ufficializzato il trasferimento della giudice Mariana Motta: trasferimento (con intento tendenzioso e subdolo) che voleva unicamente allontanarla con un colpo di penna dalle oltre cinquanta cause penali contro militari accusati di violazioni di Diritti Umani; una furba manovra durante il governo di José Mujica e che rappresentò un grossolano schiaffo della cultura dell'impunità, imposto a sorpresa (e astutamente), dall’interno della "Suprema Corte dell'Ingiustizia", come la definì Galeano in persona, alla stampa, quello stesso giorno; giorno che vide calpestati i diritti, con la forza pubblica ed i manganelli della polizia); giorno in cui il popolo espresse il proprio sostegno al giudice Motta; giorno in cui Eduardo Galeano, (accompagnato dal cantautore Daniel Viglietti), non esitò a presentarsi dinnanzi al Potere Giudiziario esprimendosi duramente nei confronti della giustizia uruguaiana.
Sono trascorsi quattro anni da quando Eduardo Galeano ci ha lasciato fisicamente.
Ed oggi, se lui fosse qui, nella sua terra nativa, sicuramente ripeterebbe, più forte che mai gli stessi aggettivi, e sicuramente le sue riflessioni, sul caso dei verbali di Gavazzo, sarebbero laceranti ed incisive nei confronti del Potere: Potere Giudiziario, Potere Politico e Potere Militare. Le tre basi cupe di una democrazia di dubbia trasparenza, nei nostri giorni.
Sono trascorsi quattro anni da quando Eduardo Galeano ci ha lasciato fisicamente.
E quella che un tempo era la sua coraggiosa lotta contro l'impunità, oggi è la nostra, così come lo sono i suoi sentimenti e pensieri: propri di un ‘senti-pensante’ come era lui.
Un ‘senti-pensante’ presente più che mai.
Presente, ora e sempre, perché nei suoi testi e nel suo proficuo lavoro di impegno verso la realtà sudamericana, che fu di fatto un'implacabile frusta contro i potenti e i lacchè dei potenti, ci ha lasciato uno straordinario insegnamento.
Quello che solo un rivoluzionario come lui poteva lasciare alle generazioni che gli hanno succeduto: che l’insegnamento più sublime degli uomini liberi è quello di lottare per la giustizia e la verità e contro la cultura dell'impunità.
Senza abbassare le braccia. 

Foto di Copertina: www.radiointernacionalcada.com

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