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iran bandieradi Margherita Furlan
Dopo che l’Albania, il 19 dicembre scorso, ha espulso due diplomatici iraniani, l’ambasciatore Gholamhossein Mohammadnia e il funzionario Mostafa Roudakì, l’Unione europea l’8 gennaio ha esteso le sanzioni già precedentemente adottate contro Teheran e approvato all’unanimità l’inclusione dell’intero l’organigramma del ministero dell'Intelligence e della sicurezza iraniano nell'elenco dei terroristi. La decisione, che blocca i beni finanziari dell’unità del ministero iraniano e di due suoi funzionari, il viceministro e direttore generale dell'intelligence di Teheran, Saeid Hashemi Moghadam, e Assadollah Asadi, diplomatico residente a Vienna, giunge dopo le pressioni ricevute da parte dei governi di Copenhagen e di Parigi. Quest’ultimo aveva già congelato il 2 ottobre scorso i beni dei due funzionari iraniani Asadi e Moghadam, accusati di avere organizzato un attentato sventato lo scorso 30 giugno ai danni di una manifestazione dei Muhjaheddin del popolo (MEK) a Villepinte, a nord di Parigi. Da parte sua, Teheran ha smentito qualsiasi coinvolgimento e ha sostenuto trattarsi di una mossa del MEK, con l’aiuto dei servizi segreti israeliani, al solo fine di mettere in ombra la visita in Europa del presidente iraniano, Hassan Rohani.

A questo punto, è bene ricordare che i meeting propagandistici annuali del MEK, ai quali ha partecipato anche l’ex rappresentante USA alle Nazioni Unite e attuale consigliere per la sicurezza nazionale, John Bolton, si tengono tutt’ora a Villepinte, mentre la base militare del MEK dal 2013 è stata trasferita, con il sostegno dell’aviazione degli Stati Uniti, dall’Iraq all’Albania, dove società israeliane hanno costruito una piccola cittadina in quel di Manza, come puntualizza Thierry Meyssan. E proprio in Albania la leader dei Mujaheddin e-Khalq, Maryam Rajavi, il 23 giugno 2014, davanti a 80mila membri della setta e 600 personalità occidentali, si rallegrò della riconquista dell’Iraq da parte di Daesh.

Formalmente “disarmato” dall’esercito statunitense, rimosso dalla lista delle organizzazioni terroristiche internazionali dall’allora segretario di Stato statunitense Hillary Clinton, il MEK continua a svolgere una intensa azione propagandistica contro Teheran. Sempre lasciato libero di agire dai servizi segreti americani, israeliani, francesi. E proprio per tale attività, Maryam Rajavi viaggia spesso. D’altronde, come abbiamo visto di recente, a lei che appoggia l’ISIS, i finanziatori non mancano. Così la Rajavi il 13 gennaio scorso si trovava a Parigi negli uffici del Consiglio nazionale della resistenza iraniana per annunciare ai sindaci degli arrondissement di Parigi e ai funzionari della Val d'Oisiens e dell’Ile de France, tutti insieme riuniti per l’occasione, la grande manifestazione che si terrà a Parigi il prossimo 8 febbraio, organizzata ufficialmente dal Comitato francese a sostegno dei diritti umani in Iran (CSDHI). In prima fila ad ascoltare la leader del MEK anche il noto vescovo francese soprannominato ‘Il Chierico Rosso’, Jacques Gaillot, e l’ex First Lady d‘Algeria, Anissa Boumedienne.

Ma si sa, viaggiare è bello, si conosce sempre gente nuova. Così da Parigi la Rajavi ha preso un volo per l’Afghanistan, dove si trovano 7mila soldati di Daesh, lì trasferiti, dopo la sconfitta in Siria, anch’essi con armi e bagagli, direttamente dalle forze speciali americane sotto l’attento sguardo di John Bolton. Lì, nella terra dell’oppio, i tagliagole non sostengono i Talebani, che oggi si oppongono a ogni presenza straniera, ma li combattono. Maryam Radjavi, che risiede in Albania, a Kabul ha incontrato il presidente del Consiglio Nazionale per la Sicurezza ed ex ambasciatore negli Stati Uniti, Hamdullah Mohib, e in queste ore è a Herat, dove è tutto pronto per una nuova base militare del MEK. Un’altra. E guarda caso, è proprio qui che, secondo il giornale pakistano Ummat, a ottobre 2012 il Pentagono avrebbe già addestrato 2mila Mujahiddin del Popolo. A soli 120 chilometri dal tortuoso confine con l’Iran.

La grande operazione israelo-americana di destabilizzazione del Medio Oriente attraverso l’uso di forze jihadiste, iniziata molti decenni fa, sembra dunque proseguire ancora. E questa volta pare guardare diritto all’Iran. Con la silenziosa complicità dell’Europa, incapace di una politica autonoma, una oscura alleanza tra pezzi dell’amministrazione Trump e uomini dei deep states americani sta ora preparandosi per un altro crogiolo di puntute provocazioni. A noi non resta che aspettare la prossima puntata.

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