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missilidi Margherita Furlan
Bomba sei crudele come l’uomo ti fa”, scriveva il poeta Gregory Corso nel secolo scorso, quando già era chiaro che la società del consumo privilegia l’aspetto economico sul rispetto dei diritti umani, generando un sistema di morte, fatto di guerre criminali che colpiscono i popoli più poveri, che vivono spesso in Paesi ricchi di petrolio.
Il gran bazar delle armi produce soldi, interessi e posti di lavoro. Un business inarrestabile. Al limite si può decidere che le bombe non vengano prodotte in patria, lasciando però ad altri Paesi l’onere della fabbricazione. Come ha fatto il governo tedesco che ha vietato l’esportazione di armi a favore dell’Arabia Saudita per il caso Jamal Khashoggi, il giornalista saudita ucciso nell’ambasciata del regno wahabita ad Istanbul il 2 ottobre scorso. Ben sapendo che altre succursali dei fabbricanti di morte possono sopperire alle commesse con un surplus di produzione. Il divieto del governo tedesco infatti non sarà applicato alle filiali estere della Rheinmetall Waffe Munition (RWM) - leader mondiale nella produzione dei dispositivi smart che rendono le bombe ordigni “intelligenti” - che ha uno stabilimento anche in Italia, a Domusnovas, nel Sulcis Iglesiente.
D’altronde, nei primi sei mesi del 2018 la Rheinmetall ha esportato armi per un valore di oltre trentasei milioni di euro. Gli affari sono affari e non possono essere fermati. Nemmeno nel Belpaese, dato che nel 2012 è stato siglato un contratto, tuttora riservato, tra Rwm Italia, Rheinmetall e la britannica Raytheon Systems, per 63,2 milioni di euro di forniture made in Italy, al fine di garantire l’accordo di collaborazione precedentemente stilato tra Raython Systems e il ministero della Difesa di Riyhadh.
E’ il sistema cosiddetto ‘scaricabarile’, tutti sono colpevoli ma nessuno può essere dichiarato tale.

Così la fabbrica di armamenti di Domusnovas triplicherà la produzione, portandola da 5mila a 15mila bombe l’anno. 35 milioni di euro sono già pronti a spiccare il volo dalla Germania per la realizzazione di due nuovi reparti che occuperanno un’area di 13 ettari. Con conseguenze che si ripercuoteranno anche sull’indotto lavorativo: al momento sono 350 le persone impiegate alla Rwm di Domusnovas, senza contare l’indotto; con l'ampliamento i posti di lavoro saliranno a 500. E forse non sarà un caso che in una terra dalla bellezza straordinaria ma con una crisi economica persistente, capiti anche che ex funzionari pubblici vengano assunti dalla stessa Rwm. “Ma non è un ricatto, chiarisce l'ad Fabio Sgarzi, sono scelte dettate dagli investimenti e dalle strategie di sviluppo.
La Regione Sardegna ha concluso l’istruttoria per l’ampliamento dell’azienda senza procedure perché la richiesta di autorizzazione è stata formulata in modo che le strutture, impiegate nel processo di miscelazione, caricamento e finitura di materiali esplodenti, non risultino inquadrate come impianti chimici. La valutazione d’impatto ambientale non è stata necessaria e le ruspe sono già sul posto. Mentre sette organizzazioni ambientaliste e pacifiste si appellano al TAR per l’annullamento dell’autorizzazione rilasciata dal comune di Iglesias.
Ma gli armieri, si sa, non si fermano davanti a nulla. Perchè sanno che la legge italiana 185/1990 vieta le esportazioni di armamenti verso Paesi in stato di conflitto armato, come l’Arabia saudita, visto il suo “impegno” nello Yemen. Ma sanno anche che la legge non prevede sanzioni per le aziende che ottengono autorizzazioni dal governo, pur senza ottemperare al dettato legislativo e pur senza essere rese ufficialmente note. Non è un caso che nel 2017 dalle migliaia di pagine della relazione presentata dal governo in carica al parlamento italiano sui dati dell’export di armi italiane non è stato possibile sapere nel dettaglio quali specifici sistemi militari siano stati esportati negli 82 Paesi destinatari. A parte la mega commessa di 7 miliardi di euro per gli Eurofighter al Kuwait, anch’esso coinvolto nella tragedia yemenita, la relazione governativa non riporta informazioni al riguardo e tutto questo rende impossibile al parlamento esercitare quel ruolo di controllo dell’attività dell’esecutivo che gli competerebbe. Cosi negli anni si è assistito a una serie di esportazioni “disinvolte”.

Il 24 ottobre 2018 il ministero degli Affari Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha paventato la possibilità che anche Roma blocchi l’export di armi verso l’Arabia saudita, ma ha subito specificato: “Peraltro non sono a conoscenza di situazioni specifiche riguardo a forniture in corso”.
Cantavano i Nomadi. “Ora sta cambiando il vento. […] Ma giù dal cielo una bomba [ancora] cadrà. Sulla terra evaporerà il riso dei bimbi, il verde dei prati, i sogni d'amore mai giocati.

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