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pianta oppiodi Piero Innocenti
Alla fine del 2018 le forze di polizia e le dogane avevano sequestrato in tutto il territorio nazionale poco meno di 900kg di eroina, il secondo più rilevate quantitativo del quinquennio dopo quello del 2014 (937kg).
La maggior parte dell’eroina intercettata proveniva dall’Afghanistan che, oltre il mercato europeo, approvvigiona quello del Medio Oriente, dell’Africa, dell’Asia meridionale e, in misura minore, il Sud est asiatico, il Nord America e l’Oceania. C’è, poi, l’eroina del Myanmar e del Laos che va in Cina e nella stessa regione del Sud est asiatico mentre quella raffinata proveniente dalle coltivazioni di papavero da oppio del Messico, Colombia e Guatemala, viene commercializzata sul mercato americano e, in misura ridotta, su quello sud americano.
L’Afghanistan è sempre il primo produttore mondiale di oppio con una estensione delle coltivazioni di papavero che è andata ancora aumentando in questi ultimi anni passando dai circa 304 mila ettari del 2016, ai 328 mila del 2107, ai 350 mila del 2018, per una produzione complessiva stimata di oltre 7 mila tonnellate di oppio in gran parte utilizzate per produrre eroina (almeno 600 tonnellate) e in parte consumate senza ulteriore processo di trasformazione. In genere, il rapporto di conversione tradizionale è di 10 kg di oppio per produrre 1 kg di eroina.
Secondo gli analisti della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (Dipartimento della Pubblica Sicurezza) i sequestri sia di oppio che di eroina “..si sono mantenuti stabili a livello globale (..) indipendentemente dalle variazioni della produzione di oppio...” con i maggiori quantitativi di sequestri di morfina ed eroina registrati in Asia (70%), in Europa (18%) e nel continente americano (10%). L’oppio, d’altronde, è commercializzato da un paio di secoli a questa parte.
Fu la Gran Bretagna che alla fine del Settecento si assicurò, grazie all’East India Company, il monopolio dell’oppio del Bengala (riconosciuto di eccellente qualità) e per stimolare i bengalesi ad una produzione sempre maggiore, i commercianti britannici li pagavano addirittura in anticipo inducendoli, così, ad estendere le piantagioni e ad abbandonare altre forme di colture.
E’ quanto si rileva dalla lettura dell’interessante saggio sulla “storia medica e sociale delle droghe” di Henri Margaron (“La stagione degli dei”, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2001), che ci ricorda come, sin da allora, la vendita della droga doveva costituire fonte di ricchezza per trafficanti e commercianti ma anche per lo stesso governo britannico che si avvaleva della “Onorevole Società” (così era chiamata l’East India Company) per controllare il traffico di oppio.
Il cinismo della classe dirigente della Compagnia si rileva in tutta la sua ampiezza in una lettera del 24 ottobre 1817 indirizzata al Governatore dell’India nella quale si affermava che “... se si potesse impedire l’uso della droga, coll’eccezione del suo impiego in medicina, saremmo felici di farlo per compassione per l’umanità..” ma siccome questo “male non può esser sradicato possiamo solamente impegnarci a regolarlo e controllarlo”. Altre grandi compagnie furono attratte da questo commercio e a causa della guerra commerciale che ne seguì si ebbe una sensibile caduta dei prezzi dell’oppio che portò ad una sua maggiore diffusione tra la popolazione cinese, in particolare tra gli strati più poveri. Senza contare l’aumento di patologie che si ebbe a causa di sostanze adulteranti che venivano utilizzate dai trafficanti per tenere basso il prezzo dell’oppio.
Le guerre dell’oppio della Gran Bretagna contro la Cina fanno parte della storia come lo è la diffusione di quella sostanza negli USA a partire dalle ondate migratorie di cinesi del 1846 tanto da far registrare, secondo le statistiche del governo americano del 1875, il considerevole numero di cittadini, 120mila, divenuti consumatori abituali di oppio. Altre guerre si sono registrate nel tempo e tra queste quella contro tutte le droghe lanciata oltre mezzo secolo fa dal presidente americano Ronald Reagan, con i risultati insoddisfacenti che sono sotto gli occhi di tutti.

La guerra (persa da tempo) all’oppio in Afghanistan
Il ritiro dall’Afghanistan, sia pure parziale ma consistente, delle forze militari americane annunciato a dicembre scorso dal presidente Trump e ribadito in questi ultimi giorni, avrà sicuramente ulteriori ricadute sul traffico di droghe. L’Afghanistan, lo ricordiamo, produce il 90% dell’oppio mondiale, è, da alcuni anni, il secondo produttore mondiale di hashish, dopo il Marocco e buona parte della sua economia si regge sul commercio di queste droghe. Le politiche antidroga occidentali attuate nel Paese negli anni passati sono risultate un fallimento.
Negli ultimi venti anni la produzione di oppio ha toccato il valore massimo nel 2018 (oltre 7mila tonnellate) con una estensione delle coltivazioni di papavero di circa 350mila ettari, quasi il quadruplo rispetto al 1999 ( stimate in circa 91mila ettari). I Talebani continuano ad imporre le loro leggi, regole e attività illecite alle popolazioni locali fornendo protezione ai trafficanti e coltivatori ai quali richiedono, rispettivamente, una tassa del 10 e del 20% per i “servizi” prestati. Le attività dirette alla eradicazione delle coltivazioni di oppio sono state gravemente condizionate dalla corruzione diffusa nei vari livelli degli apparati di governo. L’unico periodo in cui si registrò un calo nella produzione di oppio fu nel 2009-2010 a causa di una malattia che colpì il papaver somniferum e non si è mai capito se si trattò di un parassita o di un erbicida spruzzato sulle colture dalle forze militari americane.
Gli attentati terroristici, l’ultimo a Kabul il 20 novembre scorso, con una cinquantina di morti, contribuiscono al generale deterioramento del paese dove sono sempre più fitti gli intrecci fra trafficanti, affaristi, protettori politici e terroristi. E’ noto, infatti, come a fianco dei Talebani siano operativi gruppi più semplicemente di criminali e non necessariamente fondamentalisti e vi siano contatti con i trafficanti che operano nei paesi limitrofi ove transitano le droghe di provenienza afghana e con le mafie attive nei paesi di destinazione, l’Europa soprattutto. L’eroina consumata in Europa è di provenienza quasi totalmente afghana (in Italia, nel 2018, sono state sequestrati oltre 900kg di eroina, ma il dato non è consolidato).
L’eroina è raramente ceduta nella sua forma pura e si presenta come eroina brown o bianca (cloridrata). Viene anche tagliata con altre sostanze tra cui la caffeina, la clorochina, la fenalftalina e il paracetamolo. L’eroina di elevata purezza è meno voluminosa rispetto a quella di bassa purezza e questo, ovviamente,consente un più facile trasporto. Difficile avere un quadro generale dei vari gruppi di narcotrafficanti afghani in genere composti da una decina di persone appartenenti allo stesso villaggio che gestiscono il traffico dalla raccolta dell’oppio alla consegna ai laboratori. Questi ultimi sono gestiti da gruppi diversi e sono in contatto con i Talebani che assicurano protezione e lasciapassare per le rotte che portano in Iran, Pakistan e nelle Repubbliche Centro-Asiatiche. Aumento delle coltivazioni di piante di cannabis registrato anche nell’anno da poco concluso con una stima nella produzione di hashish compresa tra le 1.500 e le 3.000 ton.
L’hashish di migliore qualità (“yak garda”) si ottiene praticando incisioni lungo il gambo della pianta in fioritura mentre per la seconda scelta (“du garda”) bisogna percuotere più volte il gambo con un bastone e ripetendo tale operazione si arriva ad una resina di terza scelta (“see garda”). La resa della cannabis varia in relazione alle zone del paese in cui è coltivata tenendo presente che, mediamente, da un ettaro coltivato a cannabis si ricavano poco più di 2.700 dollari contro i 4.500 della stessa estensione coltivata a papavero. Profitti ingenti che finiscono in molte tasche, anche di insospettabili.

Un mercato sempre in crescita
Gli undici chilogrammi di eroina pura sequestrata in questi ultimi giorni dai carabinieri nelle campagne di Alghero e l’arresto, il terzo dall’inizio dell’anno, ad Olbia, di un nigeriano con una trentina di ovuli, sempre di eroina, nello stomaco, confermano l’andamento al rialzo sul mercato di questa droga nell’Isola ma, più in generale, in diverse città (a Milano, si chiede l’elemosina per comprare dosi di eroina).
In effetti, secondo dati elaborati sulla scorta di report mensili della DCSA, in tutto il Paese, nel 2018, le forze di polizia e le dogane hanno sequestrato circa 900kg di questa sostanza, il secondo più rilevante quantitativo del quinquennio dopo i 937kg del 2014. Eroina afghana che giunge a noi, occultata in mille modi, dopo esser stata prodotta in laboratori clandestini e in condizioni igieniche precarissime.
Bisognerebbe vederli questi laboratori, in genere piuttosto “rustici”, dove l’oppio viene convertito in eroina utilizzando semplici attrezzature come secchi, vecchie pentole, tessuti e prodotti chimici (la cui purezza è ignorata) come l’anidride acetica, l’ammonio cloruro, basi e solventi vari. Tutto nelle mani di “praticoni” di laboratorio che raramente hanno alle spalle studi in chimica. In Colombia, dove molti anni fa ho avuto la possibilità di vedere alcuni di questi laboratori artigianali scoperti dalla Polizia Antinarcotici per produrre eroina, nascosti tra la fitta boscaglia e coperti da teloni mimetici, i “chimici” che operano la trasformazione dal lattice di oppio all’eroina Hcl, utilizzano il metodo dell’ammoniaca (ammoniaca e acetato di etile) per estrarre morfina base.
Ma, tornando all’Afghanistan che, lo ricordiamo è sempre il maggior produttore mondiale di oppio, il processo di conversione in eroina pura passa sostanzialmente attraverso due fasi: nella prima, la morfina (ed altri alcaloidi) è estratta dall’oppio grezzo aggiungendo acqua calda e altre sostanze chimiche come l’ossido di calcio e il cloruro di ammonio. In linea teorica da un quintale di oppio con un contenuto medio di morfina del 12%, si possono produrre 12kgdi morfina pura; nella seconda fase, la morfina viene trasformata in eroina base aggiungendo precursori come l’anidride acetica che cede alla molecola di morfina due ulteriori “gruppi acetilici” che appesantiscono l’eroina (normalmente 1,29 volte di più della morfina utilizzata inizialmente). Alla fine, se non vi sono “perdite” nella lavorazione dovute alle singole capacità dei “chimici” e all’efficienza dei laboratori (qualità dei precursori, delle attrezzature usate), a trasformazione completata, 1kg di morfina pura può produrre 1,29kg di eroina.
Sulla scorta di informazioni acquisite da esperti antidroga europei presenti nella regione relativamente ai sequestri di oppio, morfina ed eroina in Afghanistan e nei paesi confinanti, calcolando una purezza media del 52% dell’eroina da esportazione, si ritiene che su ogni 100kg di oppio, 62kg siano quelli trasformati in eroina e 38kg quelli non lavorati. Relativamente ai prezzi all’ingrosso dell’oppio essiccato, stando alle informazioni dei rapporti dell’Afghanistan Drug Price Monitoring-Monthly Report Verification, si è rilevato un ulteriore calo negli ultimi due anni con una media nazionale oscillante tra i 120 e il 130 dollari per chilogrammo. Gli affari, alla fine, vanno bene per molti, inclusi i “ribelli” che dal traffico di droga ricaverebbero fino a 400 milioni di dollari l’anno.
Gli sforzi antidroga, tra cui l’eradicazione e la programmazione di colture alternative, attuati dal Governo afghano sin dal 2014 sono stati un fallimento. Il ritiro, quasi definitivo, delle forze militari americane annunciato dal presidente Trump a dicembre 2018 e ripetuto negli ultimi giorni, rende il futuro politico dell’Afghanistan molto incerto. Meno incerta sarà, sicuramente, la produzione di oppio e di eroina, con particolare soddisfazione dei tanti personaggi che fanno affari con il loro commercio.

Tratto da: liberainformazione.org 

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