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di Giovanni Bongiovanni

I volontari di FUNIMA International Onlus consegnano vestiti ed alimenti alle comunità andine

Un nuovo giorno è all'orizzonte e dopo aver visitato la comunità Pacha Inti e supervisionato i luoghi dove verrà realizzato il nuovo sistema di distribuzione dell'acqua è arrivato il momento di far visita alle famiglie che vivono tra le montagne. Alimenti non deperibili (una bottiglia di olio, riso, pasta, sale, farina, legumi, carne in scatola, erba mate), taniche di acqua, vestiti, scarpe, giocattoli per bambini e qualche medicinale hanno riempito i borsoni che di buon mattino ci siamo trovati a raccogliere. In tutto abbiamo riempito 80 borsoni per le 80 famiglie che rientrano in questo progetto di assistenza. Vi sono tantissimi bambini che sopravvivono in questa zona affrontando le durissime condizioni ambientali e povertà. Qui tutto è estremo, il freddo scende a -20° d'inverno e 0° d'estate, il caldo secco del sole che picchia fortissimo sopra i 3.200 mt, una siccità che rende difficile la presenza dell'acqua. Questo bene di primissima necessità di fatto si raccoglie in pochi piccoli punti, in genere molto lontani da raggiungere e l'esigua quantità non permette di irrigare i campi. Poi ci sono le fortissime raffiche del vento che alzando terra e sabbia tagliano la faccia causando, così, problemi agli occhi.
E' un problema serio quella della siccità, perché così anche vivere di agricoltura e pastorizia diventa difficile. C'è chi alleva capre e mucche ma non hanno quella fisicità che siamo abituati a vedere nella nostra terra. Inutile pensare al commercio. Gli unici investimenti in questa terra sono delle multinazionali che estraggono minerali ma certo non pensano a migliorare le condizioni di vita di questa gente.
Ramon ci ha spiegato che fino a qualche tempo fa, ai bambini era dedicata poca attenzione da parte delle famiglie. C'era una gerarchia precisa per sopravvivere e si sceglieva di far mangiare prima gli animali, poi il bambino, seguendo una logica di "selezione naturale" quasi assurda. E' stata la Fundacion a educare le famiglie verso una nuova logica generando maggiore attenzione per il bambino e la sua tutela. Risultati che si sono iniziati a vedere anche nel numero delle nascite. C'è una nuova attenzione ai rapporti, ma anche una nuova attenzione nella gestione dell'alimentazione.

Giocattoli, un piccolo dono

Tra le donazioni ricevute ci sono anche tanti giochi usati. Anche questi abbiamo inserito nelle buste. Il criterio scelto per dividerli è semplice, separando quelli per i maschietti e le femminucce. Da una parte una macchinina, un animaletto e un pupazzeto. Dall'altra un peluche, una bambolina, o giochi per la cucina. Sandra ci ha invitato a pensare in modo semplice, scegliendo i regali come se dovessimo farne uno a nostro figlio. All'interno cosa metteremmo? Così abbiamo cercato di scegliere il meglio, selezionando i giochi in buono stato e cercando di aggiustare quelli che avevano un piccolo difetto. Anche un gioco può essere un piccolo dono capace di regalare un sorriso. Stiamo cercando di documentare il più possibile questa esperienza e oltre a questo diario abbiamo il sito ed i social per divulgare quanto stiamo vivendo. Purtroppo la connessione internet è presente solo a Salta, nella sede operativa della segreteria della Fundacion, e non scendiamo in città tutti i giorni. Lo scambio culturale passa anche da momenti semplici com un pranzo. Tra marchigiani ed umbri siamo "buone forchette" e ci piace assaggiare l tipicità dei prodotti locali, così Leandro, il figlio di Ramon, ci accompagna in qualche posto.
La povertà è presente anche in questi luoghi dove con un piccolo euro si può già fare molto (al cambio un euro equivale a 38-41 pesos). Anche qui c'è chi chiede l'elemosina e quello che mi colpisce è che non si chiedono i soldi, ma direttamente qualcosa da mangiare. Anche questa è una differenza con il nostro Paese.


L'opera di divulgazione

Un altro aspetto importante per la Fundacion è l'opera culturale di divulgazione. Così ci è capitato di accompagnare Ramon alla radio dove hanno dedicato un programma per diffondere le attività dell'associazione. Si chiama "Aguila Andina" e già il nome rende proprio l'idea del lavoro che viene svolto, come se un'aquila dall'alto vegliasse sulle persone in difficoltà precipitandosi per aiutarle. Ed è proprio la sensazione che si ha viaggiando con loro. I mezzi della Fundacion, furgoni e fuoristrada, indispensabili per percorrere queste strade di terra e pietra dove spesso si deve attraversare qualche piccolo fiume, "sorvolano" queste montagne distribuendo aiuti, portando amore e solidarietà, affetto ed "amistad".
"Compartir" è la parola che risuona continuamente quando si dialoga con Ramon e Sandra. "Compartir", condividere con gli altri ciò a cui più teniamo e sentire la sofferenza altrui come la nostra. Così con Sonia siamo intervenuti per raccontare l'esperienza di Funima International Onlus, e con noi è intervenuto anche Leandro, che fa parte anche del movimento internazionale Our Voice, che noi sosteniamo come progetto per promuovere il protagonismo giovanile e la diffusione di una cultura alla pace, alla solidarietà e di denuncia sociale delle problematiche che affliggono il nostro pianeta.
E' stata anche l'occasione per presentare i progetti "Mama Cocha" per la comunità Pacha Inti con la distribuzione dell'acqua nelle case degli abitanti, e la ristrutturazione di un centro sanitario a El Palomar, un'altra località dove vivono comunità Andine.

Gli occhi dei bambini
Il giorno successivo è stato quello della consegna di borsoni preparati al sabato. Per raggiungere chi vive tra le montagne si deve fare un percorso lungo, lasciando la via principale e passando per una strada sterrata. Passi intorno al nulla e non si ha la sensazione che da quel punto si possa raggiungere ciò che di li a poco iniziamo a vedere. Le montagne sovrastano gli altopiani con la strada a tratti quasi impercorribile. Poi, dopo un'ora di viaggio, siamo arrivati alle casette di terra e paglia. Ramon, proprio come un'aquila andina, riesce ad avvistarle da lontano. Anche questo viaggio è stato ampiamente documentato sui nostri social e vi invitiamo a guardarli. E' qui che abbiamo conosciuto un anziano che ha sempre vissuto in queste terre. Ci ha mostrato la sua casa fatta di mattoni di terra e paglia, sterco di animali. Con il legno dei cactus ha realizzato le porte e il tetto. E con questo legno ha realizzato dei piccoli utensili, ciotole e altro.
Durante il viaggio abbiamo conosciuto intere famiglie, uomini, donne, bambini che con Ramon hanno ormai un rapporto diretto ed amichevole. Le condizioni di vita qui non sono facili le piante che possono offrire un pò d'ombra non crescono da sole e il sole batte fortissimo. La "Puna" si fa sentire per noi così mastichiamo qualche pianta di coca. Gli adulti la usano soprattutto per fermare i morsi della fame. La gente è cordiale con Ramon e più volte siamo scesi e saliti dai furgoni lungo il percorso per consegnare le buste con il cibo, l'acqua, i vestiti ed i giocattoli per i bambini. Gli occhi di quest'ultimi arricchiscono i nostri cuori. Vediamo i loro volti, rossi per il freddo e il caldo secco che il vento deteriora, con piccoli tagli in faccia e alle mani. La condizione negli ultimi anni è migliorata moltissimo su questo aspetto, grazie alle creme che la fondazione consegna loro. Poter dare un pò di conforto anche a queste persone è qualcosa che ti resta dentro. Ramon ha fatto un lavoro straordinario e non è stato facile far accettare gli aiuti a queste persone. Spesso i politici che vengono in queste zone portano promesse, qualcosa da mangiare, appendono qualche manifesto e dopo le elezioni se ne vanno, come se nulla fosse. Per questo in principio c'era diffidenza. Oggi non è più così ed ogni volta siamo stati accolti come fratelli, salutandoci con un abbraccio o una stretta di mano. Ci si bacia anche sulla guancia ma c'è da stare attenti perché il verso è al contrario rispetto all'Italia, prima la guancia sinistra e poi la destra. Quando lungo il viaggio abbiamo incontrato mamme incinta o persone con con difficoltà fisiche la prima cosa che ci siamo chiesti è stata: "ma come si fa se accade qualcosa e qualcuno si fa male?". E la risposta è stata semplice: "Ci si arrangia come un tempo". Qui le donne partoriscono da sole, senza assistenza, senza strumentazioni e con bassissima igiene. Il centro sanitario più vicino dista chilometri e non tutti hanno i mezzi per poterli raggiungere. C'è chi ha una macchina o una moto e questa viene messa al servizio degli altri quando c'è un'emergenza ma non sempre è possibile.
Il viaggio è proseguito per tutta la giornata. Nel volto di ogni bambino ho visto gli occhi di mia figlia, Amira, e l'emozione mi ha travolto continuamente. Ad ogni vestito consegnato, ad ogni scarpetta fatta indossare. Vedevo i loro piedini e pensavo a lei. In molti ci hanno sorriso e noi abbiamo fatto altrettanto, contagiati da quella serenità disarmante. Siamo così tornati a casa dopo una giornata intensa. Poco importa se il corpo è rimasto scottato dal sole ed infreddolito per la temperatura che era scesa rapidamente per la notte. Il nostro spirito si è arricchito di qualcosa che resterà dentro in eterno.

Tratto da: laprovinciadifermo.com

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