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moran isais yolandadi Yolanda Morán Isais*
Lunedì 6 febbraio l’Università Statale di Milano ha inaugurato l’anno accademico con il conferimento della laurea magistrale honoris causa in “Relazioni Internazionali” a tre madri, che da tempo testimoniano la violazione dei diritti umani nel caso dei Desaparecidos in Argentina e nel Messico.

Vera Vigevani Jarach ed Estela Barnes de Carlotto, anime della storica Plaza de Mayo, e Yolanda Morán Isais (in foto al centro), del gruppo FUNDEM, Fuerzas unidas por nuestros desaparecidos en México, Region Centro sono state insignite del prestigioso riconoscimento.

Di seguito, invece, il discorso che Yolanda Morán Isais ha tenuto nel corso della cerimonia. Lo presentiamo in segno di solidarietà alla straordinaria e difficile battaglia che Yolanda con tante altre donne e uomini del Messico portano avanti per denunciare quella che è, a tutti gli effetti, una vera e propria guerra civile e che Libera Informazione, per quello che può, vuole continuare ad illuminare.

Magnifico Rettore, Consiglio Universitario,

mi sento onorata ed emozionata nel ricevere l’importante riconoscimento che oggi mi conferisce la vostra prestigiosa Istituzione Universitaria. È difficile per me esprimere tutta la gratitudine che provo nei confronti delle autorità universitarie e delle persone artefici della proposta e dell’approvazione del titolo che oggi mi viene concesso. Mi permetto di riceverlo non a titolo personale, ma in nome e in rappresentanza delle migliaia di madri messicane e latinoamericane che, come me, si adoperano nella ricerca dei loro figli.

Questo riconoscimento è un balsamo per l’anima che servirà per continuare a lavorare ancor più intensamente fino a che non avremo ritrovato le oltre 33.000 persone scomparse in Messico. Un riconoscimento che mi sprona a respirare profondamente e a non smettere di esigere che le autorità messicane svolgano il proprio ruolo con maggiore professionalità, mettendo in essere una strategia di ricerca più efficiente, visto che quella utilizzata durante gli ultimi 11 anni con l’esercito nelle strade non ha prodotto nessun risultato apprezzabile: le persone scomparse non sono ritornate dalle loro famiglie e il numero dei sequestri di persona e degli omicidi continua ad aumentare in maniera allarmante. Solamente nel 2017, l’anno peggiore dell’escalation iniziata nel 2006, si sono infatti registrati oltre 26.000 omicidi connessi con la criminalità organizzata. L’esercito non solo è l’istituzione messicana principalmente responsabile delle violazioni dei diritti umani, ma è anche direttamente responsabile di un alto numero di sequestri di persona.

Dov’è allora la milizia che protegge la popolazione? Il Messico non sta vivendo un conflitto armato, bensì una guerra interna contro i propri cittadini.

Noi familiari da anni stiamo lottando non solo contro il crimine organizzato, ma anche contro i suoi alleati nel Governo o, come diciamo noi vittime, contro la criminalità istituzionalizzata. Abbiamo lavorato intensamente facendo incidenza politica per l’approvazione di leggi, come quella sulla sparizione forzata recentemente promulgata, la legge generale sulle vittime, i protocolli di indagine e forensi e qualsiasi altro strumento giuridico o tecnico che ci possa aiutare a far fronte a questa terribile tragedia umanitaria.

Ci resta molta strada da fare per avere giustizia e verità, la sfida in questo momento è l’implementazione della legge costitutiva della Commissione Nazionale per la ricerca delle persone scomparse, il Sistema Nazionale, le Procure Specializzate e le Commissioni Statali. Sappiamo che per risolvere realmente il problema dei sequestri e avanzare nel riconoscimento delle migliaia di resti umani che sono stati recuperati nelle fosse comuni non solo sono necessarie risorse umane, tecniche ed economiche, ma anche una chiara volontà politica.

La tragedia umanitaria delle sparizioni forzate in Messico sarà ulteriormente aggravata dall’imminente promulgazione della Legge per la Sicurezza Interna, che autorizza le forze armate ad operare nell’ambito della pubblica sicurezza, generando evidenti lacune e storture istituzionali che avranno l’effetto di aumentare le violazioni dei diritti umani e di rendere inaccessibili le informazioni fondamentali per le ricerche delle persone scomparse.

Questo riconoscimento è la prova del sostegno e della solidarietà di un paese amico, preoccupato per le violazioni dei diritti umani e per i sequestri di persona in Messico. Si tratta di un aspetto essenziale poiché lo sguardo attento dei governi esteri, degli organismi internazionali e delle organizzazioni della società civile ci consente di esercitare una pressione politica più efficace nei confronti dei nostri governanti.

Il mio paese sta soffrendo, il futuro di un’intera generazione è stato distrutto, ma le autorità continuano ad essere passive e indolenti. Sebbene la corruzione abbia ormai permeato tutti i livelli di governo, la società civile resta indifferente. Anche se abbiamo ottenuto importanti risultati legislativi, il debito del Governo verso le persone scomparse è lontano dall’essere saldato. C’è ancora molto lavoro da fare, però senza la reale volontà politica di tutte le istituzioni dello Stato messicano, non otterremo risultati rilevanti e i nostri cari non faranno ritorno a casa.

Colgo questa opportunità per invitare la comunità universitaria e accademica italiana ad accompagnare la nostra lotta con studi e pubblicazioni, condividendo esperienze e conoscenza, esercitando pressione politica e sociale, sostenendoci a distanza attraverso le reti sociali e mediante documenti che manifestino solidarietà e preoccupazione di fronte all’assenza di risposte da parte dello Stato messicano.

La mia lotta è per Dan Jeremeel e per le oltre 33.000 persone vittime di sequestro nel mio paese, ma anche per tutti i migranti centroamericani scomparsi mentre attraversavano il Messico alla ricerca del loro sogno americano e per coloro che tutti i giorni si espongono a tale rischio. Sono tutti figli miei, li stiamo cercando perché li amiamo e perché VIVI CE LI HANNO PORTATI VIA E VIVI LI RIVOGLIAMO.

*Coordinatrice di FUNDEM

Tratto da: liberainformazione.org

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