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mapuche 1 c sergio lopezdi Jean Georges Almendras e José Guzmán
Nella solitudine delle terre mapuche si lotta contro l'usurpatore Benetton e l'impunità
Addentrandoci nelle viscere del territorio appartenente alle comunità mapuche (benché sia proprietà della famiglia Benetton), a circa 80 km dalla città di Esquel, nella provincia di Chubut, Argentina, solo adesso possiamo comprendere la portata dell'episodio che ha visto come protagonista Santiago Maldonado, scomparso durante un’operazione delle forze di polizia intervenute il 31 luglio scorso, e che è all’origine di uno dei fatti più controversi e complessi accaduti negli ultimi tempi riguardante la lotta dei popoli autoctoni. 
La bellezza del paesaggio patagonico e della cordigliera si scontra con la situazione estremamente difficile che vivono i membri della comunità Lof di Cushamen, in un clima di incertezza per la sorte del giovane Maldonado e il timore per la sua integrità fisica. Giunti sul luogo dei fatti, che vede gli agenti della Gendarmeria Nazionale sospettati di essere i responsabili diretti della sparizione forzata dell'artigiano Maldonado, abbiamo dialogato con alcuni dei testimoni oculari dell'episodio che hanno anche incontrato giornalisti di Buenos Aires e locali, oltre a Nora Cortiñas dell'Associazione Madri di Piazza di Maggio. Il pensiero predominante è che sarebbe molto importante che i testimoni dichiarino davanti alle autorità giudiziarie e ai pubblici ministeri incaricati del caso, considerando che dalle fila governative si insiste con la versione secondo cui gli agenti intervenuti sono estranei alla scomparsa del giovane. Nel frattempo, nella zona regna una calma carica di tensione ed il sentimento di indignazione e di condanna dell'episodio che cresce gradualmente fa prevedere varie mobilitazioni nei prossimi giorni.mapuche 2 c sergio lopez
Un striscione che inneggia alle lotte delle comunità mapuche - appeso sulla recinzione di filo spinato con la foto di Santiago Maldonado - ed una costruzione in lamiera e legno in un punto isolato della “ruta” 40 - vicino alla località El Maitén, a cento metri circa del fiume Chubut, - segnano il posto dove si è verificato l’intervento della polizia lo scorso 31 luglio. All’ingresso della struttura, dove risiede un gruppo di membri della comunità mapuche, c’è un precario focolare ed utensili di uso domestico, alcuni di essi distrutti durante le incursioni dei poliziotti in precedenti operazioni di repressione. Ad accogliere noi e un’equipe di giornalisti di C5N, televisione via cavo di Buenos Aires, alcuni membri della comunità che coprivano i loro volti con cappucci confezionati con indumenti. 
"Dobbiamo fare attenzione a non essere identificati, perché temiamo per le nostre vite" ci hanno detto i dirigenti che hanno accettato l'incontro. All’interno c’erano altri mapuche, con i volti coperti e posizionati strategicamente "per una questione di sicurezza, perché dovete capire che viviamo praticamente assediati e soffriamo le incursioni delle forze di polizia che ci accusano di avere armi, quando non abbiamo altro che pietre e le nostre mani per difenderci".
L'intervista giornalistica è stata realizzata insieme ai colleghi di Buenos Aires. I loro cameraman ed i reporter grafici dell’equipe hanno costantemente filmato immagini. I nostri intervistati ci hanno raccontato particolari del giorno dei fatti sottolineando che sono stati testimoni del momento in cui Santiago Maldonado veniva colpito e fatto salire su un camioncino bianco, lungo la “ruta” 40. Hanno asserito anche che le forze di polizia sono mapuche 3 c sergio lopezresponsabili di questa sparizione forzata che per loro è stata "pianificata sin dalla repressione lo scorso mese di gennaio, quando per la prima volta hanno ferito due dei nostri compagni e fermato Facundo Jones Huala, un nostro dirigente. Lo dissero già allora che dovevano ammazzare uno di noi o almeno farlo sparire. E così hanno fatto. Ma non era uno di noi, era un ragazzo che ci sosteneva. Noi riteniamo Macri e tutto il suo Gabinetto responsabile. L'operazione è stata diretta personalmente da Eugenio Bursaco, Segretario della Sicurezza, e l'impresa Benetton per la logistica. È un tema politico. Ci vogliono spogliare delle terre perché ci sono interessi capitalisti ed economici. La nostra lotta si basa su un reclamo ancestrale, ha un fondamento".
Perché non hanno dichiarato ancora davanti al Tribunale, al giudice federale Otranto ed al Magistrato competente?, chiediamo. Ci rispondono che non credono nella giustizia ordinaria, nella giustizia federale. Allo stesso tempo ci dicono che le loro vite sono in pericolo, ma non scartano l’ipotesi che si possa giungere ad un accordo con il pubblico ministero affinché siano ammesse le loro testimonianze, così da aggiungere all’espediente il racconto dei fatti. Un racconto sconvolgente e che non può restare nel silenzio. mapuche 4 c sergio lopez
Ed è proprio questo l’aspetto che abbiamo toccato dopo l’arrivo di Nora Cortiñas, accompagnata da Roberto Cipriano e Sandra Maggi. Nora, con i suoi 87 anni (una forza e uno spirito di lotta ammirevoli), insieme ai suoi, oltre ad ascoltare attentamente il racconto del momento della scomparsa di Maldonado, ha sollecitato gli intervistati a dichiarare davanti alla giustizia affinché sia aperta una causa. Bisogna fare in modo che l'impunità non si fortifichi e si arrivi alla verità su un fatto che potrebbe perfettamente essere definito un atto di terrorismo di Stato, principalmente perché da file ufficiali tutto sembra indicare che si cerca di distorcere e minimizzare i fatti. 
La questione è che nella terra delle comunità mapuche della provincia di Chubut si vivono momenti di dubbi sull’azione della giustizia, ma anche di certezze rispetto alla lotta mapuche che, dopo i fatti accaduti, si trova a vivere una delle sue tappe più mediatiche e trascendentali.

Foto © Sergio Lopez

 

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