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È un Paradiso in Terra, ma da oltre vent’anni si è trasformato in un autentico Inferno. È la Repubblica Democratica del Congo. La condanna di questo Paese è paradossalmente legata allo sfruttamento delle sue immense risorse naturali: foreste pluviali, riserve idriche, piantagioni di caffè, zucchero, cotone.

Il suo vero tesoro è però nascosto nel sottosuolo ricco di petrolio, diamanti, oro, rame. Ma soprattutto coltan, materia prima fondamentale per la produzione di telefoni cellulari e computer. L’estrazione di questo raro minerale (di cui il Congo detiene il 50% dei giacimenti mondiali) è alla base del conflitto che da oltre vent’anni insanguina l’ex colonia belga.
La guerra - nata per garantire il monopolio del prezioso materiale nelle mani di pochi affaristi - ha causato migliaia di vittime, costringendo la popolazione in uno stato di assoluta povertà. Le miniere sono concentrate a Est, nella provincia di Kivu. Le condizioni dei minatori (molti sono ragazzi giovanissimi) sono al limite della sopravvivenza: lavorano dall’alba al tramonto in cunicoli soffocanti, spesso trasformati in trappole mortali dagli improvvisi allagamenti; vivono accampati in tendopoli costruite con lamiere e materiali di fortuna; sono decimati dalle malattie e privi di assistenza medica. Ma sono soprattutto alla mercé delle bande armate che li derubano, li uccidono e violentano le loro donne per assicurarsi il controllo delle miniere.

Il fotografo torinese Stefano Stranges ha vissuto un mese in Congo per raccontare il dramma degli schiavi del coltan. Il reportage - parte del progetto “The victims of our wealth” - ha ottenuto la Menzione d’Onore all’Ipoty (International photographer of the year) ed è arrivato alle finali del Sifest Premio Pesaresi 2016.

Tratto da: lastampa.it

Foto © Stefano Stranges/Walkabout-Ph - All Rights Reserved

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