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argentina flag dollaridi Juan Aragonés Randó
Il periodo analizzato nella prima parte di questo lavoro si era concluso con la fine del governo di Carlos Saúl Menem, il quale aveva modificato il sistema pensionistico creando le ‘Administradoras de Fondos de Jubilaciones y Pensiones’ - A.F.J.P - (Enti per l’amministrazione di Fondi Pensionistici, ndr.), e aveva implementato (tramite il suo Ministro dell’Economia Domingo Cavallo) quella che sarà chiamata Ley de Convertibilidad (Legge di Convertibilità) che stabiliva la parità tra dollaro e peso argentino: $1 = $USA1.

Per mantenere questa parità fittizia l’Argentina dovette sovraindebitarsi portando il debito estero a $USA 145.000.000.000; il prodotto interno lordo era diminuito del 3,4%, il tasso di disoccupazione raggiunse il 14% e la sottoccupazione  il 20%.

Il Governo di Fernando de la Rúa Bruno (1999-2001)
Il 10 Dicembre 1999 viene eletto presidente dell’Argentina Fernando De la Rúa, candidato della Alianza por el Trabajo, la Justicia y la Educación, nata dalla coalizione tra Unión Cívica Radical (U.C.R.) ed il Frente País Soberano (Fre.Pa.So.).
De la Rúa - il ministro dell’Economia del suo governo era José Luis Machinea (il quale, come abbiamo già visto, partecipò nei governi della dittatura civico militare e di Raúl Ricardo Alfonsín)- mantenne la convertibilità del peso, il che significò una sempre maggiore domanda di dollari, e l’indebitamento era usato per sostenere il deficit fiscale ed il pagamento ai creditori, uno schema finanziario recessivo a tutti gli effetti.
In un contesto dove i prezzi a Chicago erano: U$S 108 una tonnellata di grano, U$S 190 una di soia ed U$S 80 una di mais. D'altra parte il barile di petrolio  quotava U$S 20.

Il Blindaggio
A gennaio del 2001, Machinea – d’accordo con il FMI – pone in essere un’operazione finanziaria denominata "Il Blindaggio" (El Blindaje), uno dei tanti pacchetti di sostegno finanziario, pari a U$S 40.000.000.000, al quale parteciparono attori finanziari locali ed internazionali (banche AFJP, FMI, BM, BID, etc.), allo scopo di "… dare sicurezza di riscossione ai creditori…”. Da parte sua il Governo si impegnò tra altre cose, a tagliare le pensioni future e deregolamentare le opere sociali, misure già avviate da decreti di necessità ed urgenza" (Pagina 12, 13-01-01).  
Fu così che si rese necessario il governo avviasse: una Riforma Fiscale che eliminasse la Prestación Básica Universal ed elevasse l'età pensionistica delle donne; la Razionalizzazione dell'amministrazione pubblica riducendo lo Stato; la Riduzione della spesa pubblica mediante  l’applicazione della legge cosiddetta "Deficit Zero"; la Ristrutturazione dell'ANSES e del PAMI, e il Deregolamento delle Opere Sociali.  
Queste misure rispondevano ad una logica di speculazione finanziaria: lo Stato, appena riceveva  i dollari doveva usarli per pagare i debiti preesistenti e sottostare  alle disposizioni degli organismi di prestiti che a loro volta erano i beneficiari di uno scandaloso giro di bonifici di denaro.
Ovviamente, il blindaggio non apportò alcuna soluzione al problema strutturale dell'economia.

Le Tangenti nel Senato
In consonanza a quanto pattuito con il Fondo Monetario Internazionale, il presidente De la Rúa presentò in parlamento una Legge di Riforma Lavorale che metteva fine gli ultimi spiragli della legislazione che tutelava i diritti del lavoratore argentino.   
La sua approvazione in Senato - a maggioranza peronista - avvenne in mezzo allo scandalo. Furono denunciate tangenti. Lo scandalo coinvolse il ministro del Lavoro, Alberto Flamarique, il direttore della SIDE, Fernando di Santibáñez, e numerosi senatori peronisti e radicali. Flamarique, invece di essere sanzionato per il suo agire, fu promosso a Segretario Generale della Presidenza.   
Il vicepresidente Carlos Álvarez si unì ai denuncianti dello scandalo, ma preso atto di ciò che lui considerava un'evidente complicità dell’esecutivo nella manovra, il 06/12/00 presentò le sue dimissioni irrevocabili. I suoi compagni del FrePaSo preferirono mantenere le loro cariche, isolandolo.   
Successivamente, De la Rúa, Flamarique e Santibañez furono processati penalmente, accusati dal "pentito" Mario Pontaquarto, ex segretario parlamentare del Senato che avrebbe partecipato alla "distribuzione" delle tangenti.

Il Caso Sevel
Nell’ambito del processo per contrabbando aggravato a carico dell’azienda Sevel (che fa parte del gruppo Socma), nell’ Ottobre dell'anno 2000, la Sala B della Cámara Penal Económica conferma il rinvio a giudizio per Franco Macri e dispone il proseguimento delle indagini su Mauricio Macri, sugli esecutivi Luis Da Costa ed Armando Amasanti e sull'ex titolare dell'Unión Industrial Argentina, Jorge Blanco Villegas, anche lui appartenente all’azienda.   
Affidata nuovamente la causa al giudice Liporaci, nel febbraio del 2001, il magistrato dispone il rinvio a giudizio di Mauricio Macri e dei dirigenti di Sevel.  
Inaspettatamente, l’Administración Nacional de Aduanas, querelante nella causa, si ritira per ordine di José Luis Machinea. Preso atto di ciò il giudice Liporaci avrebbe espresso che "risulta suggestivo per il tribunale che l’avvocato patrocinante della querela solleciti tre giorni prima l'ampliamento delle indagini a periodi posteriori a quelli già investigati per dopo, accogliendo il criterio del Ministro di Economia, desistere dell’azione nella causa”.  
Secondo quanto pubblicato da “Pagina" 12, portavoci del Tribunale avrebbero assicurato che il Ministro Machinea avrebbe dato istruzioni di desistere dalla querela dopo  che dirigenti della firma francese Peugeot – assorbita da Sevel - gli fecero presente che si sarebbero visti danneggiati materialmente nel caso di una sentenza sfavorevole al punto che se la Sevel fosse condannata, i suoi successori dovrebbero pagare multe anche per centinaia di milioni di dollari.  
Nonostante l’Administración Nacional de Aduanas avesse ritirato la querela, la causa seguì il suo corso grazie al pm María Gabriela Ruiz Morales, ma a Novembre del 2001, la Cassazione dispose "di non procedere contro la Peugeot-Citroen Argentina, subentrata alla Sevel” perché il fatto non costituiva reato. E si concluse con un non luogo a procedere per gli imputati.   
Il quotidiano El Litoral del 17/11/01 scrive quanto appreso da fonti giudiziarie: "È insolito. I pubblici ministeri, tre giudici ed una ‘Cámara Penal Económico’  hanno investigato il caso e non hanno mai dubitato che il delitto ci fosse stato. Ora, la Cassazione, che normalmente non si intromette in questioni di fatto e provate, in questo caso lo ha fatto chiudendo in questo modo virtualmente la causa e favorendo tutti coloro che avrebbero potuto essere oggetto di investigazione per questa manovra”.  
Tale risoluzione beneficiò tanto i Macri quanto i dirigenti dell'ex Sevel che erano stati imputati per contrabbando aggravato, un crimine punibile con pene fino a 12 anni di prigione.  
In quel momento il Ministro dell’Economia era Domingo Felipe Cavallo.

Il Megacanje (Megascambio)
Dopo le dimissioni di Machinea e quelle successive di López Murphy, il Ministero dell’Economia fu affidato a Felipe Cavallo, mentre Federico Sturzenegger fu nominato Segretario di Politica Economica.  David Mulford (ex segretario del Tesoro degli Stati Uniti, che in quel tempo lavorava per la banca Credit Suisse First Boston), propose di implementare un’operazione di megascambio (Megacanje).   
Come ebbe a dire Felipe Pigna: "A prima vista, l'operazione sembrava semplice e vantaggiosa per il paese: si cambiavano 46 tipi diversi di buoni di debito sovrano per 5 tipi di buoni, con scadenze fino all'anno 2031. Tuttavia, l'operazione fece aumentare vertiginosamente il debito del paese.  La perizia della causa giudiziaria riguardante il Mega-Canje realizzato dall'esperto in ingegneria finanziaria Moisés Resnick Brenner sostiene che il paese soffrì un danno valutato in 55.000 milioni di dollari. Sette furono le banche implicate in questa fenomenale truffa, che incassarono 150 milioni di dollari in commissioni. Le banche erano: Banco Francés, Santander Central Hispano, Galizia, Citigroup, HSBC, JP Morgan e Credit Suisse First Boston. L'ideologo, David Mulford, avrebbe riscosso commissioni per un valore di 20 milioni di dollari.  
Le banche e le AFJPs fornirono titoli di scambio per un valore complessivo di 27.000 milioni di dollari per essere scambiati con i nuovi buoni di debito del paese. Tuttavia, 20.000 dei 27.000 milioni di dollari erano già nel portafoglio delle banche e delle AFJPs. Pertanto, le pesanti commissioni da loro riscosse erano dovute al loro ruolo di intermediari finanziari di se stessi"!  (Il grassetto è dell'autore).  
A peggiorare le cose, prima del Mega-Canje si calcolava che l'Argentina doveva pagare nel periodo 2001-2031 U$S 60.500.000.000 alle scadenze del debito pubblico; ma dopo il  Mega-scambio, quel valore salì di un 63%, raggiungendo la cifra di U$S 98.400.000.000. Inoltre, gli interessi del debito ascesero da U$S 82.300.000.000 ad U$S 120.700.000.000.  
Per questa manovra furono processati per il presunto reato di negoziazioni incompatibili con la funzione pubblica persone direttamente coinvolte nell’operazione di scambio, intenzionati a garantire dei benefici alle banche autorizzate, Domingo Cavallo, Federico Struzenegger, Jorge Baldrich (Segretario del Fisco), Julio Dreizzen (vicedirettore di Finanziamento), Guillermo Mondino (capo di Gabinetto di Consulenti del Ministero di Economia), Horacio Tomás Liendo (consulente del Ministro dell’Economia), Ernesto Marcer (Procuratore del Tesoro), Carlos Molina (Direttore dell'Ufficio Nazionale di Credito Pubblico), Norberto López Isnardi (Direttore di Finanziamento Esterno dell'Ufficio Nazionale di Credito Pubblico) e David Mulford (che non si presentò mai al processo). La causa contro Salvo Cavallo ed il resto dei funzionari fu archiviata perché prescritta.  
L'operazione del Megacanje si concluse nel Novembre del 2001 e, poco tempo dopo, con la scusa che l'Argentina non era riuscita a rispettare il suo impegno di "deficit zero", il FMI si rifiutò di sborsare la rimanenza in sospeso del prestito accordato con "Il Blindaggio".  
Per arginare l'angosciante situazione finanziaria e frenare la fuga di capitali (in 6 mesi furono portati all'estero capitali per un valore di U$S 20.000.000.000); il governo dispose il congelamento dei fondi depositati nelle banche, misura nota con il nome di “corralito”, oltre ad una drastica riduzione della spesa pubblica. Le pensioni furono tagliate del 13%.   
La sfiducia della popolazione nella classe dirigente politica, l'indebitamento dei produttori agrari, il congelamento dei depositi esasperò la classe media che accorreva in massa all’ingresso delle banche a reclamare i loro risparmi congelati. La situazione sociale colpiva pesantemente i settori con meno risorse (disoccupati, precari, e persone assunte con salari miseri). In una tale situazione, si svilupparono proteste popolari con saccheggi ed assalti ai supermercati.  
Il 19 dicembre De la Rúa decretò lo “stato di emergenza" ma l'esplosione sociale continuò, la polizia non riusciva a controllare la situazione,  ed il saldo della repressione fu di 27 morti ed oltre 2000 feriti.  
Il 20 dicembre del 2001, nel pomeriggio, De La Rúa presentò le sue dimissioni  da presidente.   

I Quattro Presidenti, 2001 - 2003

Federico Ramón Puerta (20/12/01-23/12/01)  
Preso atto delle dimissioni del Presidente della Repubblica, e seguendo le procedure di successione presidenziale, la carica di Presidente spettava al Vicepresidente Carlos Álvarez (che a sua volta rivestiva la carica di Presidente del Senato), il quale però aveva presentato le dimissioni un anno prima. La carica di Presidente Provvisorio del Senato era stata affidata a Federico Ramón Puerta.
Ramón Puerta creò un Gabinetto di urgenza e convocò a sessione l'Assemblea Legislativa per eleggere un Presidente Provvisorio che avrebbe dovuto indire elezioni nel termine di 90 giorni.  
L'Assemblea nominò Adolfo Rodríguez Saá, senatore per la provincia di San Luis.  
Pochi giorni dopo Puerta, per motivi di salute (sic), rinunciò all’incarico di Presidente Provvisorio del Senato, pur mantenendo il suo incarico di senatore della Provincia di Misiones.

Adolfo Rodríguez Saá (23/12/01 - 30/12/01)  
Appena assunto l’incarico, dichiarò la sospensione dei pagamenti del debito estero e la creazione di una nuova valuta non convertibile (che mai si concretizzò), l'Argentino, con la quale promise che avrebbe finanziato l’edilizia sociale ed erogato oltre 100.000 sussidi, oltre ad aumentare pensioni e stipendi  statali. Questa moneta avrebbe dovuto coesistere con il Peso che avrebbe mantenuto la convertibilità con il dollaro, e si sarebbe svalutato gradualmente.  
Il governo di Rodríguez Saá, dopo tortuose dispute nel congresso (anche con aggressioni fisiche), e senza l'appoggio di un importante settore del giustizialismo, dovette dimettersi. Il suo governo durò appena sette giorni.  
Posteriormente ebbe a dichiarare che a fare pressione sulla sua “destituzione” furono i membri dei settori imprenditoriali appartenenti all'Unión  Industrial Argentina (U.I.A), i quali pretendevano che i loro debiti in dollari fossero ‘pesificados’ (valutati in pesos),  procedendo successivamente ad abbandonare la convertibilità e alla svalutazione del Peso. Accusò il "Gruppo Clarín" – accennando che avevano un debito di U$S 940.000.000 e ritenendolo uno degli artefici del "golpismo democratico" - di essere stato "punta di lancia" di questa operazione. Attribuì anche a Héctor Horacio Magnetto - direttore esecutivo del gruppo editoriale - di esercitare pressioni affinché fosse attuata la ‘pesificación asimmetrica’, che in seguito avrebbe concretizzato Eduardo Duhalde.

Eduardo Óscar Caamaño (30/12/01 - 02/01/02)
Dopo le dimissioni di Rodríguez Saá della carica di Presidente Provvisorio della Repubblica e di Federico Ramón Puerta come Presidente Provvisorio del Senato, la successione passò al Presidente della Camera di Deputati, Eduardo Óscar Caamaño.  
Caamaño convocò l’Assemblea Legislativa, la quale designò il Governatore della Provincia di Buenos Aires, Eduardo Alberto Duhalde come Presidente Provvisorio della Repubblica al quale fu data potestà di proseguire nell’incarico fino al compimento dell’intero periodo presidenziale interrotto.  
Duhalde era ritenuto di essere stato il promotore delle mobilitazioni che portarono alle dimissioni di De La Rúa e della lobby che culminò con le dimissioni di Rodríguez Saá.

Il Dr. Eduardo Alberto Duhalde (02/01/02 - 25/05/03)  
Assunto il potere, Duhalde si trova di fronte ad una situazione economica senza controllo, banche chiuse, conti bancari congelati dovuto al "corralito", il default  dichiarato ufficialmente ed il malessere sociale espresso in migliaia di manifestazioni in tutto il paese.   
Nomina Jorge Remes Lenicov Ministro dell’Economia e José Ignacio di Mendiguren (presidente dell'UIA) Ministro della Produzione, e dichiara pubblicamente che "... sarà rispettata la moneta con cui sono stati pattuiti originalmente i depositi (…) chi ha depositato in dollari riceverà dollari... chi ha versato in pesos riceverà pesos".  
Tuttavia, ed era prevedibile, perché il tasso di cambio pesava profondamente sul saldo della bilancia commerciale, pochi giorni dopo il governo dispone l’abrogazione della Legge di Convertibilità.  
Ad ogni modo, non viene decretata una semplice svalutazione del peso, ma, anche se il nuovo tasso di cambio ora corrispondeva a U$S 1= $1,40, si decide che i debiti in dollari verso gli enti finanziari devono essere estinti in pesos secondo il tasso di U$S 1= $1, generando un'importante liquazione dei passivi delle grandi aziende e del settore agricolo con un cospicuo debito ipotecario, che sarebbe poi finanziata dallo Stato.  
Parallelamente, furono aumentate le tasse sulle esportazioni di grano dal 3 al 20% e oltre, in questo modo le entrate per il diritto di esportazione passarono da U$S 52.000.000 nel 2001 ad U$S 5.022.000.000 nel 2002.  
Successivamente alle sue dimissioni come Ministro dell’Economia, si legge nelle pagine del quotidiano Pagina 12, del 14/08/02, Remes Lenicov spiega che le misure adottate derivarono dalle "pressioni di imprenditori ed anche delle banche che si erano riuniti congiuntamente con Duhalde e con noi. Gli imprenditori asserivano che se il loro debito aumentava di un 40% non avrebbero potuto pagarlo e le banche non avrebbero riscosso niente: motivo per cui  decisero in forma congiunta di implementare la ‘pesificación asimmetrica’, (la sottolineatura è mia).  
Alcuni testimoni di quel periodo hanno dichiarato che "l’intera gestione era in mano di dirigenti come Carlos Giovanelli (Citibank), Enrique Cristofani (Rio Santander), Emilio Cardenas, HSBC, e Manuel Sacerdote (Boston), ed industriali come Héctor Massuh, per l'Unión Industrial Argentina, mentre José Ignacio de Mendiguren il Ministerio de Producción e militava nella stessa lobby”.
Il 01/02/02 la Corte Suprema di Giustizia dichiara l'incostituzionalità de "il corralito”.  
Il 03/02/02, mediante il decreto 214/02 il governo dispone che tutti i depositi in dollari statunitensi o altre valute straniere in circolo nel sistema finanziario, siano convertiti in pesos al tasso di $1,40 per ogni dollaro statunitense, o l’equivalente in un'altra moneta straniera, e che l'ente finanziario adempirebbe al suo obbligo restituendo pesos secondo il tasso sopra indicato. I pagamenti furono rinegoziati e fu stabilito un Coefficiente di Stabilizzazione di Riferimento applicabile alla data dell'effettivo reintegro. Questa misura fu denominata "Il Corralón". Le banche percepivano in compensazione un buono dello Stato per "equilibrare" la differenza.  
Il risultato fu che il dollaro statunitense (banconota), nel mese di marzo era quotato a $3. - ed alla fine dell’anno a $3,65. A beneficiarne tutti coloro che - protetti dalla legge di convertibilità - avevano ritirato i propri depositi e portati i dollari all'estero, e quelli che ebbero convertiti i propri debiti in dollari in ragione di $1 per ogni dollaro.  
Nel mese di aprile fu nominato Ministro dell’Economia e Produzione del governo Kirshner Roberto Lavagna, il quale decretò la fine del ‘corralito’ nel dicembre del 2003.    
Per decisione politica o per pressione lobbista, la cosa certa è che questo fu "il prezzo" che il governo decise di fare pagare allo Stato.  
Secondo Mario Cafiero (Infosur 12/06/12) "per esigenza del FMI e della banca internazionale, il governo concretizzò l'uscita della crisi bancaria del 2001, e dei famosi corralito e corralón, mediante il semplice espediente di effettuare un salvataggio integrale delle banche, caricando il costo della ‘pesificación asimmetrica’ allo Stato nazionale che se ne fece carico, e per estensione tutti coloro che abbiamo contribuito al suo sostegno. L'informazione riguardante le somme percepite da ogni banca gode del più alto riservo, come se fosse top secret. Ma l'importo totale dei Boden emessi in interim ascendono ai 27 mila milioni di dollari. Analisti economiche sostengono che il costo fiscale di quella crisi, equivale al 18% del PIL. Cioè circa 32.000 milioni di dollari che in un modo o nell’altro furono risanati dal fisco”.  
In contrapposizione, i più danneggiati non furono solo i piccoli risparmiatori e lo Stato nazionale, cioè tutti gli argentini, ma anche - e fondamentalmente – gli stipendiati che dovettero sopportare durante l'anno 2002 un'inflazione del 41% annuale ed un rialzo dei prezzi dei prodotti di prima necessità del 74,9%.  
Questo stato di cose provocò delle manifestazioni e blocchi di strade da parte dei cosidetti "gruppi piqueteros" ed il 26/06/02, nel corso di queste proteste, vicino alla Stazione Avellaneda, la Polizia di Buenos Aires uccise (assassinò) a fucilate Darío Kosteki e Maximiliano Santillán.   
Duhalde anticipò di sei mesi le elezioni e lasciò il potere presidenziale a Néstor Kischner il 25/05/03.   
Il 13/07/04 la Corte Suprema di Giustizia dichiarò costituzionale il "corralón”.

Articolo originale
Corrupción - Dependencia (Parte II – De 1999 a 2003)

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