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galeano eduardo salutadi Jean Georges Almendras
Né intellettuale. Né semi Dio. Soltanto un uomo molto intelligente. Un senti-pensante che ci ha lasciato un'impronta inconfondibile. Un uomo con una sensibilità e capacità di sintesi eccezionale. Sapeva cos’era la vita, lo aveva imparato dalla vita stessa, dalla sua nascita avvenuta il 3 settembre del 1940, a Montevideo, fino al momento in cui andò via, il 13 aprile del 2015, sempre a Montevideo. Lasciandoci il vuoto della sua essenza, ma pervasi dei suoi pensieri, sempre di irrefutabile validità.
Un essere umano unico, irripetibile. Ambasciatore ed artefice di storie. Storie distanti dalla finzione e dalla banalità. Storie di vita reale. Storie di estrema sensibilità e umanità, ma anche di acuta destrezza e fermezza per accusare e denunciare le assurdità umane, in particolar modo dei potenti, assetati di impunità ed ambiziosi di ricchezze.
Si è operato attivamente nel suo tempo e consone ai suoi valori. Un uomo impegnato per il prossimo e che osservava saggiamente il mondo, per poi descriverlo con la sua filosofia di vita. Quella che aveva coltivato sin dall'infanzia, durante la adolescenza e gioventù, trascorse nelle redazioni di giornali e riviste, ed esposto a rischi dovuto all'infamia dei dittatori, e poi come marito e padre, prima lontano dalla sua terra in esilio. Conquistando amici, lettori e figli della sua letteratura, aprì strade e speranze, ovunque. Quelle speranze che i politici si impegnano a rubare, a distruggere.  
Non poche volte ci siamo incrociati lungo il canale in Via Paraguay, salutandoci cordialmente o scambiando qualche battuta circostanziale e anche se io sapessi da sempre che abitava in via Dalmiro Costa, nel cuore del quartiere Buceo di Montevideo, non ebbi mai l'audacia di andare a visitarlo. Di questo mi pentirò sempre.
Sono andato avanti nella mia professione senza smettere mai di seguirlo a distanza con i suoi libri, le sue riflessioni, le sue denunce e le sue storie. Ero sempre prigioniero della timidezza insita nella condizione umana.
Ma ho seguito attentamente il suo cammino, come uno in più dei suoi milioni di lettori dell'Uruguay e del pianeta. Più recentemente, spezzando il cerchio delle sciocchezze umane e vincendo gli ostacoli del mio microcosmo, contattai lui e sua moglie Helena, per chiedergli un suo pensiero da portare in Paraguay, dopo la morte del giornalista Pablo Medina, per mano della narcopolitica.
Eduardo non mancò all'appuntamento nella sua cara terra paraguaiana. Ho letto il suo messaggio di sostegno e di lotta, diretto al giornalismo attaccato dal potere, in una piazza di Asunción. Un messaggio con la sobrietà e la sensibilità che lo caratterizzava.
Una mattina, mentre guardavo in internet le notizie della stampa paraguaiana, appressi della sua morte. Era il 13 aprile dell’anno scorso 2015. Rimasi paralizzato davanti al computer. Il ciclo della sua vita si era chiuso, aprendo così il ciclo dell'eternità.
Eduardo che semplicemente stai viaggiando nell'universo, facendone parte; sei sempre stato un senti-pensante che, seppure a disagio di fronte alla morte, non hai avuto altra alternativa che abbracciarla con l'integrità che sempre ti ha caratterizzato.
È vero. Particolarmente i dimenticati, gli abbandonati, i sottomessi, i massacrati e gli insultati dal potere e dalla superbia dell'autoritarismo civile, politico, militare e finanziario, sono rimasti orfani della tua voce che è stata, è - e sarà - la loro e la nostra voce.
Quanto ci piacerebbe sapere cosa ci diresti, e cosa scriveresti del mondo di oggi, considerando gli eventi in corso! Ma, immaginando le tue parole ed i tuoi scritti, proseguiremo sempre avanti, come lo facevi tu. Senza abbatterci, costruendo l'uomo nuovo.
Grazie di molte cose Eduardo. Ci vedremo nell'Universo, giorno per giorno. Fin quando lo disporranno gli Dei, o fin quando gli uomini si stancheranno di commettere tanta malvagità.

* Foto di copertina: www.lavozdelsur.es

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