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arrigoni bambino palestinesedi Karim El Sadi
Questo era il suo motto. Il suo cavallo di battaglia. La frase che ogni volta prima di andare a dormire durante la sua avventura in terra santa, il guerriero Vittorio Arrigoni si ripeteva all’infinito tra quelle terre dimenticate dall’uomo, o meglio, vogliono essere dimenticate con l’insabbiamento dei crimini Israeliani attraverso la diabolica mano mediatica.
Lui era lì. Unico fiore fra chilometri e chilometri di macerie. Lui era li. Uno dei pochi audaci che ha provato e che è riuscito a fronteggiare lo stato ebraico. Se ne fregava delle pressioni del governo Israeliano e se ne fregava della morte stessa. Aveva un solo compito, ed era quello di divulgare la verità al mondo. Testimoniare il genocidio Palestinese o come lui stesso preferiva definire “La pulizia etnica dei palestinesi”. A pensarci, è incredibile come si possa passare da vittime a carnefici in soli tre anni, ossia dalla chiusura dei cancelli di Auschwitz alla successiva nascita di Israele nel ’48. Ed è altrettanto incredibile come si possa dare altrettanta importanza a un solo genocidio fra i migliaia caduti nel mondo, solo perché i nipoti di talune vittime siano capi governativi o direttori di banche internazionali. Questo denunciava “Vik”, come i suoi sostenitori lo avevano soprannominato; egli si armava del suo solito quadernino, di una penna e dell’immancabile pipa, girando e rigirando per i quartieri di Gaza, scrivendo e annotando ciò che i cittadini palestinesi erano costretti a subire durante l’assedio Israeliano. Il suo stato di giornalista e di attivista ha fin subito dato fastidio, tant’è che il suo soggiorno nella Striscia di Gaza è stato visto male dal governo Israeliano. Infatti, come quando i magistrati in Italia combattono la mafia, la stessa fa appello all’aiuto di politici che fanno si che queste piccole grandi voci di giustizia si stronchino definitivamente; così anche in Palestina quando qualcuno prova a denunciare i soprusi di Israele, questi viene immediatamente zittito con la forza. È il caso del nostro amato Vittorio. restiamo umaniLa notte del 14 Aprile del 2011, di rientro dalla palestra dove era solito allenarsi con i suoi fratelli palestinesi, un gruppo armato di matrice jihadista lo ha rapito e torturato chiedendo in cambio alcuni terroristi detenuti in prigioni palestinesi. I poliziotti di Hamas non hanno fatto in tempo a rilasciare i prigionieri richiesti, che i terroristi, con le accertate sollecitazioni dei servizi segreti israeliani, hanno deciso di strangolare a morte Vittorio. Il mondo è in subbuglio, dalle strade italiane a quelle palestinesi migliaia e migliaia di persone scendono in piazza con una fiaccola in una mano e il pugno alzato nell’altra in segno di resistenza e di solidarietà. Il pensiero era unanime... Vittorio Arrigoni ha vinto...
Come i martiri assetati di giustizia che lo hanno preceduto, anche lui ha raggiunto il Signore difendendo la verità fino all’ultimo, e per questo il suo sacrificio non è stato vano. Grazie ai suoi scritti le persone hanno aperto gli occhi e appreso la verità. Ora sta insieme a Handala, la mascotte palestinese che raffigura un bimbo profugo scalzo e girato di spalle. Entrambi si incamminano verso una strada sconosciuta con i piedi nudi e le dita sollevate in simbolo di vittoria. Mano nella mano. Perché si “Vik” era “scalzo”, solo e senza protezioni, vulnerabile ma allo stesso tempo imperterrito nella sua lotta alle ingiustizie. I due camminano insieme nei nostri cuori e nei nostri spiriti, soprattutto oggi (4 febbraio), giorno del suo 41esimo compleanno. Grazie infinite Vittorio, sei il mio eroe preferito.

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