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Doc Banana Islands FOTOdi Palladino - Tornago - 23 maggio 2014
Ai 900 abitanti delle Banana Islands della Sierra Leone alla fine è andata bene. I tre strani commessi viaggiatori arrivati da lontano sono stati rispediti a casa, con il gentile consiglio di non farsi più rivedere da quelle parti. Nel marzo del 1995 si erano presentati con un progetto grandioso: «Trasformare le tre piccole isole rocciose situate a 25 miglia a sud di Freetown in un mega centro residenziale e “industriale” con un investimento di circa 70 milioni di dollari». Peccato che ci fosse il trucco.  I tre uomini di affari sono personaggi noti nelle indagini che proprio in quei mesi stavano conducendo gli uomini del Corpo forestale della Stato di Brescia insieme al capitano di corvetta Natale De Grazia: Giorgio Comerio, la sua compagna Giuliana Giunta e il loro socio Rocco Jack Mezereku, ovvero il “signore del Porto di Lavagna”, morto lo scorso anno nella sua casa di Lugano. Nei documenti declassificati oggi dalla Camera dei Deputati la vicenda è riportata – con nomi e cognomi – in un cablo partito il 7 marzo 1995 dall’ambasciata italiana di Conakry: «Potrebbe trattarsi di un semplice schema di copertura per avviare in effetti un’attività collegata con lo stoccaggio di rifiuti tossici», commentavano le nostre autorità, chiedendo a Roma maggiori informazioni su quel curioso team di imprenditori in trasferta. Un’impresa, dunque, «facilmente dissimulabile con l’avvio dei cantieri di lavoro che verrebbero poi abbandonati dopo la sistemazione dei carichi di rifiuti».

Il progetto Sierra Leone. Pochi giorni dopo la nota inviata al Sismi, nella perquisizione alla villa di Giorgio Comerio a Garlasco (Pavia) gli agenti del Corpo Forestale di Brescia avrebbero trovato, come racconta il magistrato titolare delle indagini, «numerosa corrispondenza (e fotografie) di incontri con rappresentanti governativi della Sierra Leone per ottenere l’autorizzazione a smaltire in mare rifiuti radioattivi. Si accertava così – prosegue il dott. Neri – che soci nell’affare erano tale Paleologo Mastrogiovanni (presunto principe dell’Impero di Bisanzio) e tale Dino Viccica, uomo ricchissimo che avrebbe dovuto finanziare l’operazione “Sierra Leone”».

L’ultima perquisizione del capitano De Grazia. Nei giorni successivi, sarebbe emersa una rete inquietante, fatta di presunti ex appartenenti alla Marina Militare, faccendieri, principi e ministri di Stati inesistenti. Una rete potente, solo apparentemente bizzarra. Seguendo le tracce emerse nella documentazioen sequestrata a Comerio, il 12 maggio ’95 il nucleo investigativo di Brescia si precipita a Roma, in via Lungarina, a perquisire l’abitazione di Dino Viccica. Sarà l’ultima perquisizione cui ha partecipato il capitano di corvetta Natale De Grazia, prima di essere distolto dall’incarico dai suoi superiori. Preludio di mesi di pedinamenti, registrazioni illegali, controlli ambientali di apparati occulti, culminati nella morte in missione del capitano il 13 dicembre ’95 per una «causa tossica».

Fonte: Toxicleaks.org

Tratto da: liberainformazione.org

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