Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

kennedy-jfkdi James Galbraith* - 13 novembre 2013
Nel 1961 c'era un piano per un primo attacco nucleare contro URSS e Cina, da lanciare nel 1963 dopo un pretesto. La reazione di Kennedy fu furiosa.
Non ho mai incontrato il Presidente Kennedy, sebbene abbia ricevuto una sua lettera, nel giorno del mio nono compleanno, nel 1961, in cui egli esprimeva la speranza che io potessi crescere e diventare un buon democratico come mio padre, "ma preferibilmente di una statura più opportuna". Nel giorno in cui fu ucciso io ero a scuola. Ricordo, soprattutto, il viso cupo di mia madre, ed i piccoli capannelli di uomini raccolti sui marciapiedi di Cambridge, mentre noi tornavamo a casa in macchina.
Papà si trovava a Washington. Il messaggio che trovammo a casa era "è il giorno peggiore della mia vita". Immaginando che la Casa Bianca non sarebbe più stata la casa della First Lady, organizzò affinchè la Signora Kennedy andasse presso la casa di Averell Harriman, a Georgetown. Pochi giorni dopo, scrisse la prima stesura del testo del discorso che il Presidente Johnson avrebbe dovuto fare al Congresso. Non fu quello, il testo che Johnson utilizzò.
Per i trenta anni successivi, non ho quasi più pensato a quei giorni. Nella nostra famiglia - lo capisco oggi - il dolore costruì un muro attorno a quei momenti. Il Vietnam, il Watergate, la carriera, il matrimonio ed il divorzio vennero e se ne andarono. E infine, quasi per caso, nel 1993, iniziai a pensarci di nuovo. All'epoca erano stati scritti più o meno 600 libri sull'omicidio di Kennedy, o almeno così ho saputo.

Ho letto circa un decimo di quei libri, in quei giorni in cui l'argomento iniziò a far presa su di me. Cosa appresi? Che quando la storia è controversa diventa difficile. Che la lunghezza non si accompagna alla profondità. Che espressioni come "autorità" e "garanzia" non significano nulla. Che le note a piè di pagina sono importanti. Che per scandagliare l'omicidio di John Fitzgerald Kennedy, devi imparare come si legge.
Ho dato un contributo alla storia. Una questione controversa riguardava la decisione di Kennedy, presa nell'ottobre del 1963 con il supporto di Robert McNamara, di ordinare il ritiro di tutti i consiglieri militari americani dal Vietnam entro la fine del 1965. E il fatto che quella decisione sia poi stata cancellata dalla storiografia ufficiale. Riaffermare quella verità, persino con evidenza ancora più chiara di prima, richiese una battaglia tra gli storici che è durata quindici anni. E che continua ancora oggi. Il 27 ottobre scorso, Jill Abramson ha pubblicato un lungo saggio sulla "New York Times Book Review", che contiene questa frase: ".la diceria secondo cui [Kennedy] era intenzionato a limitare la presenza americana in Vietnam è radicata più nel romanzo del 'cosa avrebbe potuto essere' che nei documenti storici".
Ma la documentazione delle riunioni, le registrazioni ed i memorandum dimostrano il contrario. Una nota inviata dal Generale Maxwell Taylor al suo pari, il Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate americane, datata 4 ottobre 1963, e in cui si trattava il tema della decisione del Presidente, afferma chiaramente: "Tutti i piani dovranno essere predisposti al fine di preparare l'esercito della Repubblica Vietnamita al ritiro di tutto il personale e di tutte le unità di appoggio speciale degli Stati Uniti d'America entro la fine del 1965".
Un altro argomento è quello dei piani americani per la guerra nucleare. Venti anni fa, una mia studentessa, Heather Purcell, scoprì, tra i documenti del Vice Presidente del 1961, che il piano strategico americano prevedeva un primo attacco contro l'URSS e la Cina, da lanciare verso la fine del 1963 a seguito di un qualche pretesto non ben specificato.
La reazione del Presidente verso questi piani fu furiosa. Non era per scherzo che il Presidente Johnson, affacciandosi dal finestrino del volo da Dallas, osservò, parlando con Bill Moyers, "mi chiedo se i missili sono in volo".
Questi fatti ebbero un ruolo nella morte di Kennedy? E se lo ebbero, quale fu la loro importanza, rispetto - per così dire - alla possibilità che Kennedy avrebbe potuto raggiungere la normalizzazione delle relazioni con Cuba, o persino la fine della Guerra Fredda?
Potrei argomentare il mio punto di vista, ma la cosa non servirebbe più di tanto. Per cinquanta anni, le controversie sulla morte di JFK hanno smentito la credibilità delle versioni ufficiali. La comprensione delle cose non può essere impedita: né dalla Commissione Warren, né dall'House Select Committee on Assassination, né da Oliver Stone, né dal sottoscritto. Mi lasci solo raccontare qualcosa che mi disse Mikhail Gorbaciov, quando ci incontrammo in Italia nel 2010: che quando egli visitò il museo che oggi è ospitato al sesto piano della Biblioteca Scolastica del Texas1, scrisse, sul libro degli ospiti, "io penso di sapere perché".
Cinquanta anni dopo, non è poi così difficile afferrare i fatti principali. E' possibile separare le indagini oneste da quelle condotte da incapaci. Molti lo hanno già fatto. Ma ciò richiede lavoro, richiede una attenta ed accurata lettura critica, sostenuta da approfondite discussioni in gruppi di lavoro. Bisogna studiare, prendere annotazioni, fare ipotesi, e fare questo lavoro da soli e insieme a persone fidate. Democraticamente. Per dirla tutta, io non sono un Democratico del valore di mio padre. Ma forse, la speranza che il Presidente espresse su di me, tanto tempo fa, in qualche modo, dopo tutto, si è realizzata almeno un pò.

*James Galbraith insegna alla Lyndon B. Johnson School of Pubblic Affairs. Suo padre, John Kenneth Galbraith, insegnò economia al giovane John F. Kennedy ad Harvard, e servì come suo Ambasciatore in India dal 1961 al 1963. Era alto due metri e tre centimetri - un'altezza davvero inopportuna.

1. L'edificio di Dallas da cui la versione ufficiale sostiene abbia sparato Lee H. Oswald

Fonte: globalresearch.ca/jfk-after-50-years
Traduzione per Megachip a cura di Giampiero Obiso.

Tratto da: megachip.globalist.it

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos