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casa-biancaMa l’Amministrazione Obama è ancora divisa. Merkel contraria: “La soluzione dev’essere politica”
di Paolo Mastrolilli - 25 agosto 2013
Vertice alla Casa Bianca ieri per decidere le mosse da fare in Siria, mentre il Pentagono prepara i missili per punire Assad. Secondo la televisione Cbs, i militari hanno fatto i passi preliminari per lanciare raid con i Tomahawk sulle strutture del regime usate per le armi chimiche. Una nave che doveva rientrare a Napoli è stata tenuta in zona, per l’eventuale attacco. Le unità americane presenti ora davanti alle coste della Siria sono quattro: Uss Barry, Uss Gravely, Uss Mahan e Uss Ramage. Sono tutte equipaggiate con almeno 90 missili ciascuna, e quindi in grado ci colpire a distanza le batterie di artiglieria e i posti di comando del regime.

Il presidente Obama non ha ancora deciso se intervenire e in che modo, ma ieri ha riunito il Consiglio per la sicurezza nazionale alla Casa Bianca proprio per discutere la crisi. Il capo degli Stati Maggiori Riuniti Dempsey ha presentato le opzioni militari, aggiornate nelle ultime ore con nuovi obiettivi.
Il presidente non ha ancora deciso anche per le divergenze emerse nell’amministrazione. Il consigliere per la sicurezza Rice, che sta emergendo come il leader interventista del governo in politica estera, e il capo dello staff della Casa Bianca McDonough spingono per agire, perché non farlo farebbe perdere ogni credibilità ad Obama, dopo la «linea rossa» tracciata un anno fa. Dempsey invece frena, perché teme di aiutare i gruppi legati ad Al Qaeda e provocare ripercussioni sulla stabilità degli altri paesi vicini. I gruppi legati ad al Qaeda, come Jabat al Nusra, fanno paura e ormai dominano la scena. Il rischio è che l’intervento americano, anche se finalizzato solo a punire Assad per l’attacco chimico, li aiuti a prendere il controllo del paese.
Alle divisioni poi si sono aggiunte anche le polemiche per l’assenza della nuova ambasciatrice all’Onu Power, che era in vacanza in Irlanda. Obama ha detto che attaccare senza il via libera del Palazzo di Vetro sarebbe pericoloso, ma come alternativa legale si sta pensando al modello del Kosovo. Sarebbe il precedente per lanciare un’operazione che, come allora, non potrà avere l’assenso dell’Onu a causa del veto russo. La giustificazione legale, dunque, accompagnata da una coalizione determinata a sostenerla. In Kosovo l’Italia, con D’Alema a Palazzo Chigi, appoggiò i bombardamenti per 78 giorni.

A un’«ipotesi Kosovo» è però contraria la cancelliera tedesca Angela Merkel: «Dev’essere trovata una soluzione politica». E il problema a questo punto sembra solo politico, perché sul piano delle indagini restano pochi dubbi che l’attacco chimico sia avvenuto. Anche l’Iran, principale alleato di Assad, lo ha ammesso e condannato, mentre Medici Senza Frontiere ha rivelato di aver soccorso parecchie vittime, di cui almeno 355 sono morte.

L’intelligence Usa aveva notato attività nei siti chimici siriani prima della strage, e questo confermerebbe l’azione del regime, anche se Damasco ieri ha detto di aver trovato armi con agenti vietati nei tunnel dove si nascondo i ribelli. I servizi segreti di vari paesi stanno raccogliendo separatamente le prove, per poi confrontarle insieme. Angela Kane, l’inviato dell’Onu, è a Damasco per convincere Assad ad accettare l’inchiesta internazionale. Ma intanto Washington si prepara all’attacco.

Tratto da: La Stampa

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