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knights-templardi Paul Imison - 4 agosto 2013
Los Reyes (Messico). Il 22 luglio all’ora di pranzo alcuni uomini armati fecero irruzione sulla piazza di Los Reyes, una cittadina dello Stato di Michoacán, nel Messico occidentale e aprirono il fuoco contro un gruppo di circa 150 dimostranti uccidendone cinque. Secondo i numerosi testimoni, i poliziotti presenti non intervennero. La dimostrazione era stata organizzata per protestare contro le autorità locali che nulla farebbero per proteggere la popolazione dai “Knights Templar”, un potente cartello della droga che minaccia gli abitanti di Los Reyes.

“Abbiamo protestato per chiedere giustizia”, dice Miguel. “Quanto è accaduto è incomprensibile. Ci hanno sparato a sangue freddo. Non hanno avuto pietà nemmeno delle donne e dei bambini. È stato un comportamento da vigliacchi”. Gli abitanti di Los Reyes si trovano in aperto conflitto con i narcotrafficanti da quando qualche mese fa hanno deciso di dare vita a un corpo di polizia privato per difendersi dagli uomini del cartello. Otto superstiti del massacro del 22 luglio si sono recati a Città del Messico per incontrare le autorità federali e i media nazionali. Il presidente Enrique Peña Nieto a maggio ha inviato 6.000 soldati, ma la situazione non è migliorata. Gli otto uomini e donne della delegazione, indios Purepecha, avevano il volto coperto: “Chiediamo al governo di mandare altri soldati”, ha detto il loro portavoce. “Abbiamo paura. I nostri figli non giocano più e gli uomini non vanno a lavorare”. Gli uomini del cartello si sono fatti vivi per la prima volta il 21 gennaio: “Ci hanno consegnato delle buste e ci hanno ordinato di riempirle di denaro”, ha raccontato Miguel. “Eravamo indecisi sul da fare. Ci siamo riuniti e abbiamo deciso di rifiutare. Da allora sono cominciati i problemi. Il sindaco non ci ha voluto ricevere. Siamo convinti che molti funzionari e poliziotti locali siano d’accordo con i narcotrafficanti”.

LO STATO AGRICOLO di Michoacán si trova sulla costa del Pacifico ed è al momento l’epicentro della violenza della criminalità organizzata. Gli uomini del cartello hanno bloccato le autostrade, attaccato pattuglie della polizia e ucciso venti poliziotti e due agenti federali. Domenica scorsa hanno assassinato anche un vice-ammiraglio della Marina messicana. L’esplosione della violenza nel Messico occidentale fa seguito alla cattura di Miguel Angel Treviño, detto “Z-40”, capo del cartello di Los Zetas, avvenuta il mese scorso nel nord del Paese.

Ma ora l’attenzione dei narcotrafficanti si è spostata in uno Stato che si trova a centinaia di chilometri dal confine con gli Usa e le bande si combattono per il controllo delle vie di comunicazione e del territorio. Michoacán è un importante snodo nel traffico di cocaina in America Latina oltre che grosso centro di produzione di marijuana e oppio. Le bande di narcos, alleate con organizzazioni più grandi quali il cartello di Sinaloa o Los Zetas, tiranneggiano la popolazione chiedendo denaro, dedicandosi ai sequestri di persona. La regione più colpita, ribattezzata “Terra caliente”, è quella che si trova al confine tra gli stati di Guerrero, Messico e Michoacán. La latitanza delle forze dell’ordine ha fatto sorgere numerose polizie private, milizie territoriali e gruppi di auto-difesa, un fenomeno che ha diviso l’opinione pubblica proprio in quanto alcuni agenti privati si scontrano con le bande di criminali, ma anche con le forze dell’ordine.

Nel maggio scorso una organizzazione di polizia privata di Buenavista Tomatlán, altra cittadina dello stato di Michoacán, ha arrestato 24 soldati come rappresaglia per l’arresto di uno dei suoi membri. L’esercito messicano si è visto costretto a rilasciare il poliziotto privato arrestato per far liberare i 24 soldati e per evitare un bagno di sangue. “Non ci consideriamo organizzazioni di polizia privata né di auto-difesa”, ha spiegato Miguel. “Siamo gente qualunque, per lo più contadini, e abbiamo deciso di organizzarci per difendere le nostre comunità e la vita delle nostre famiglie. Ci siamo riuniti, abbiamo discusso e abbiamo votato. La decisione è stata di non pagare e di non cedere alle richieste dei malviventi”.

QUANDO NEL 2007 il presidente Felipe Calderón lanciò una costosa e sanguinosa guerra contro i cartelli della droga, lo stato di Michoacán fu il primo posto nel quale inviò i soldati. Da allora, c’è stato un susseguirsi ininterrotto di violenze. Nel 2008 durante i festeggiamenti per l’indipendenza, gli uomini del cartello lanciarono bombe a mano nella piazza della capitale, Morelia, uccidendo otto persone e ferendone oltre cento. La zona è stata a lungo dominata dalla mafia che si incaricava anche di combattere i cartelli della droga. Tuttavia negli anni 90 gli uomini della mafia cominciarono a lavorare per il Cártel del Golfo e, da una costola di questo cartello, nacquero i “Knights Templar”.

Le polizie private talvolta, ma non sempre, hanno l’appoggio delle autorità locali. Uno degli esempi più famosi è quello di Cheran, una comunità Purepecha di 12mila persone che nel 2011 ha dichiarato la propria autonomia dopo tre anni di violenze ad opera delle bande di narcos. Oggi Cheran è un Comune autonomo governato da un Consiglio comunale e la polizia organizzata dagli stessi cittadini pattuglia le strade e le foreste il cui legname dà da vivere alla gente. “Uccidevano i nostri concittadini”, ha detto un abitante di Cheran che lavora per una radio locale. “La polizia era complice. I poliziotti erano a libro paga delle bande o, quanto meno, non intervenivano per proteggere la popolazione. Non dipendiamo più dalle autorità. Ora ci difendiamo da soli e le cose vanno decisamente meglio”. “Ci stiamo facendo sentire per salvaguardare non solo la vita della gente, ma anche la nostra dignità”, ha dichiarato Miguel. “Dove viviamo nessuno ci aiuta, nessuno ci protegge. Non ci sono servizi pubblici. Vogliamo solo giustizia. Non siamo noi i criminali”.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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