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cocaina-web1di Piero Innocenti - 26 aprile 2013
Gran parte del Messico è sotto il “controllo”, ormai da qualche anno, di almeno dodici cartelli di narcotrafficanti (dediti anche ad altre remunerative attività criminali), che si disputano violentemente il controllo delle rotte di esportazione e dei mercati internazionali delle droghe, in particolare quello americano. Ed è proprio su questo mercato che i narcos messicani, avvalendosi di diverse bande di strada, stanno inondando di cocaina e amfetamine oltre mille città americane. A gennaio 2013, l’intelligence americana indicava i seguenti gruppi delinquenziali responsabili dello spaccio al minuto: Mexican mafia, Calle 18, Latin Kings, Mara Salvatrucha, Barrio Atzeca, Familia Guerrilla Negra, Bllods, Mongoles, Crips, Nortenos, Florencia 13, Surenos, Tango Blast, Hells Angels, Texas Syndicate, Hermnos de pistoleros latinos.

Intanto in Messico si sono andate sviluppando forme di alleanza, con conseguenti spartizioni territoriali, tra i vari cartelli e altri gruppi criminali minori (“cartelitos”, per usare il termine colombiano quando ai grandi cartelli tradizionali subentrarono strutture di dimensioni ridotte), in un panorama generale in continua evoluzione in tema di accordi, alleanze, anche temporanee, e spaccature. Nonostante la cattura, in diversi casi conclusa con la morte, di oltre duemilacinquecento narcotrafficanti dal 2006 al 2012, in conflitti a fuoco con le forze di sicurezza, il Messico ancora oggi continua a vivere un periodo di indicibile violenza mai vissuto prima. Ai cartelli più noti (del Golfo, di Sinaloa, dei Los Zetas, dei Cavalieri Templari, della Familia Michoacana, di Tijuana, dei Valencia, di Colima, di Oaxaca, di Jalisco, dei Beltran Leyva e di Acapulco), si sono aggiunti nuovi gruppi dando origine ad un processo di frantumazione (“balcanizzazione”) dei cartelli. Ecco allora che a metà del 2009, a Yautepec, dopo la scoperta di un laboratorio per la produzione di droghe sintetiche, viene individuato un “minicartello”, a gestione familiare, noto come Los Rojos, diretto dalla intraprendente Maria de Jesus Arellano (alias La Chucha) e dal fratello Abel Gasca (El Cascabel). Altri tre fratelli (Arnulfo, Francisco e Javier), curano i settori della sicurezza del gruppo e dell’organizzazione, in grado di commercializzare fino ad una tonnellata di marjiuana in tutto lo Stato di Guerrero. Javier Arellano, tra l’altro, in passato, è stato sindaco di Yautepec. Dalle indagini emerge la solita ragnatela di rapporti con autorità ed esponenti politici locali anche con finanziamenti di campagne elettorali (come, per esempio, per Cornelio Agustin Alonso Mendoza, ex presidente del Consiglio comunale di Yautepec). Il cadavere, con tre fori di proiettile nella testa, rinvenuto il 13 aprile u.s. lungo la strada che conduce a Puente de Ixtla, di Antonio Elì Roman Miranda (La Mona), capo dei Los Rojos, è il segno di uno scontro tra gruppi rivali nella zona.

Un altro “cartelito” viene scoperto,agli inizi del 2011, ad Acapulco, subito dopo l’arresto di alcuni narcotrafficanti. Si tratta del Cartello indipendente di Acapulco (CidA). Nei mesi successivi, dopo una lunga sequenza di omicidi, sequestri di persona ed estorsioni, viene catturato Benjamin Flores Reyes ritenuto il “padrino” dell’organizzazione. La sostituzione al vertice avviene in tempi  rapidissimi con un ex agente di polizia, tale Moises N., detto Il Coreano, che, tuttavia, avrà vita breve dal momento che va in carcere a fine 2011. Risale sempre a questo periodo la nascita del gruppo delinquenziale di Mano con Ojos, dal nome del suo leader che verrà arrestato nell’agosto e al quale vengono attribuiti più di seicento omicidi. Si tratterebbe di una “costola” del più famoso cartello dei Beltran Leyva, decapitato negli anni passati da una martellante azione della polizia federale. Sempre dai fratelli Beltran sono nate le cellule delinquenziali dei Los Primos, dei Los Pelones e dei Guerreros Unidos. Così come di un pezzo dei Beltran sarebbe il cartello del Pacifico del Sud (CPS), alla cui guida si trova Julio de Jesus Rodilla Hernandez (El Negro). A questo cartello viene attribuito, tra l’altro, l’omicidio, nel marzo 2011, del figlio del noto scrittore e poeta Javier Sicilia. Nel settembre 2011, dopo le stragi di Veracruz in cui, in tre distinti episodi vengono massacrate una settantina di persone, le autorità arrestano otto narcotrafficanti che si dichiarano membri del cartello di Jalisco Nueva Generation (JNG), noto anche come Matazetas. Nel corso del 2012 gli episodi di violenza attribuiti al cartello aumentano considerevolmente ( in agosto a Guadalajara viene bloccata la città incendiando decine di auto lungo le principali vie di accesso), nonostante la cattura di diversi membri tra cui uno dei capi, Erick Valencia Salazar (El 85), famoso per la sua ferocia negli omicidi. E’ ancora libero Nemesio N. detto El Mencho, considerato il numero uno del cartello.

Ha raggiunto la sua autonomia anche il gruppo che si identifica come Los Linces (o La Linea), un tempo (2009), alle dipendenze, con funzioni di sicariato, del cartello di Juarez. Inizialmente composto da una ottantina di ex militari dei reparti speciali dell’esercito messicano, con strutture atomizzate (cellule di non più di 5 uomini), la Linea ha continuato a privilegiare la commissione di omicidi e di estorsioni. Dalla Familia Michoacana, nel 2010, si è formato, ad opera di alcuni dissidenti (Servando Gomez Martinez detto La Tuta e El Chayo), un nuovo cartello denominato dei Caballeros Templarios, dall’ordine medioevale dei crociati cattolici che combatterono i musulmani per il controllo di Gerusalemme). Su questa organizzazione criminale sono interessanti le ventidue pagine di un “quadernetto” sequestrato dai federali durante un’operazione di polizia ad Apatzingan. Si tratterebbe di una sorta di “Bibbia” su cui prestare giuramento per entrare  nella struttura il cui fine è quello di difendere i valori messicani e il loro onore. Regole di condotta in cui si esalta il patriottismo, l’orgoglio di appartenenza del popolo messicano, il rispetto dovuto alle donne  e alle madri, con la formula del giuramento “… davanti a tutti di vivere e morire con onore”. La pena capitale è la giusta punizione per i “traditori” ai quali vengono pure confiscati tutti i beni. La rilevanza, sullo scenario criminale, dei Cavalieri Templari, emerge il 23 marzo del 2012, in occasione della visita pastorale a Leon del Pontefice Benedetto XVI. Lungo la strada che dall’aeroporto conduce al centro città, alcuni striscioni ben visibili, rammentano a tutti la “tregua dalla violenza per la visita papale”. Una pace temporanea sancita dal cartello dei Templari che si sono fatti garanti con le autorità nei tre giorni di permanenza del Pontefice! Subito dopo sono ripresi i sequestri di persona, gli omicidi, le estorsioni, lo spaccio di stupefacenti, i violenti scontri con la polizia e altri gruppi criminali. L’ultimo il 10 aprile u.s. nel municipio di Gabriel Zamora con l’uccisione, in uno scontro a fuoco con la polizia, di cinque “cavalieri” tra cui Francisco N. responsabile locale del cartello.

Fallita la strategia del precedente presidente Felipe Calderon, riuscirà l’attuale (insediatosi nel dicembre 2012) a fermare l’avanzata del crimine che sta mietendo, anche in questi primi mesi del 2013, migliaia di vittime? In che modo è possibile aiutare il Messico a fronteggiare una minaccia che si sta propagando a macchia d’olio e ha raggiunto anche l’Europa (inclusa l’Italia)?

Tratto da: liberainformazione.org

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