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trattaesseriumanidi Piero Innocenti - 23 aprile 2013
Tra le ripetute dimenticanze (dolose, talvolta colpose) dei Governi italiani, vanno annotati i ritardi (anche di anni) nelle ratifiche di importanti direttive comunitarie. L’ultimo caso si riferisce alla direttiva 2011/36/UE sulla prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e sulla protezione delle vittime. La normativa doveva essere ratificata entro il 6 aprile u.s. In realtà soltanto sei paesi (Repubblica Ceca, Finlandia, Lettonia, Ungheria, Polonia, Svezia) dei ventisette dell’UE lo hanno fatto nei tempi stabiliti, sicché i “negligenti” non siamo soltanto noi ( magra consolazione). Con la suddetta direttiva si chiede ai vari paesi l’inasprimento delle pene per la tratta delle persone, l’adozione di sanzioni pecuniarie (o di altra natura) contro le persone giuridiche eventualmente coinvolte, una speciale assistenza a sostegno delle vittime della tratta e l’istituzione di un “relatore nazionale” con compiti specifici sul fenomeno e in grado di raccordarsi con il “coordinatore antitratta europeo”.

L’Italia non ha il “relatore nazionale” anche se, sin dal maggio del 2011, fu approvata una mozione in Senato sui flussi migratori, con cui si richiedeva, tra l’altro, l’istituzione di questa figura. Oggi il “problema” torna alla ribalta dopo che alcuni giorni fa (il 15 aprile), la Commissione Europea ha diffuso il primo rapporto sul traffico di esseri umani. La situazione, anche in questo versante, è drammatica solo a considerare i semplici dati delle migliaia di persone vendute e sfruttate. Cecilia Malmstron, Commissario europeo degli Affari Interni, ha espresso la sua “delusione” ed ha ricordato ai paesi interessati la necessità di ratificare al più presto la direttiva comunitaria. In Italia, alla delusione si deve aggiungere la (forte) preoccupazione perché la schiera di questi delinquenti che “commerciano e sfruttano i corpi umani” si è andata ingrossando negli ultimi anni. E’ sufficiente dare uno sguardo ai dati ufficiali su alcuni di questi delitti denunciati nel biennio 2011/2012 dalle forze di polizia alle varie Procure della Repubblica, con un flash anche a quelli (i dati non sono ancora consolidati) del primo trimestre del 2013. In tema di “alienazione e acquisto di schiavi” (art.602 C.P.), nel biennio suddetto, sono state 20, complessivamente, le denunce fatte e di queste 18 hanno riguardato stranieri. Nel 2013, ad oggi, nessun caso. Per la “riduzione in schiavitù” (art.600 C.P.), si sono registrate 313 denunce nel 2011 (di cui 244 contro stranieri) e 355 nel 2012 (di cui 283 stranieri). Cinquantasei quelle relative al primo trimestre del 2013 , di cui 41 stranieri. Raddoppiate le denunce per la “tratta e commercio di schiavi” (art.601 comma uno del C.P.), passate dalle 63 del 2011 (di cui 57 stranieri) alle 136 del 2012 (119 stranieri).

La componente straniera, come si vede, è predominate e anche nel 2013 la tendenza sembra confermata se si pensa che delle 6 denunce 5 hanno riguardato gli stranieri. Relativamente a quest’ultimo delitto, nel 2012, i denunciati hanno riguardato, nell’ordine, la Puglia (24 casi), l’Emilia Romagna (22), la Sardegna (17), La Lombardia (14) ecc… Ancora scarsa applicazione ha trovato la norma contro il “caporalato”: (un tempo molto invocata dalle autorità e dai cittadini) dell’art.603 bis del Codice Penale (“Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”), entrata in vigore a fine estate del 2011: 10 segnalazioni nel 2011, solo 63 nel 2012 (di cui 27 stranieri) e 5 nei primi tre mesi del 2013, con la Puglia che ha annotato 14 casi, seguita dai 10 della Sicilia, dai 9 della Lombardia, 7 della Toscana e del Veneto. “Caporali” in prevalenza italiani (36 nel 2012) seguiti dai marocchini (7) e dagli indiani (5). Lo sfruttamento della prostituzione continua ad essere un’attività criminale molto redditizia e molto praticata. Per questo delitto (art.3 della legge 75/1958), sono state 3.355 le segnalazioni nel 2011 (2.209 contro stranieri), 2.928 nel 2012 (1.978 stranieri), 705 nel primo trimestre del 2103 (517 stranieri). I romeni sono risultati quelli maggiormente coinvolti nello sfruttamento seguiti dai cinesi, albanesi, nigeriani e brasiliani. Quanto ai contesti regionali dove si sono registrate il maggior numero di denunce, la Lombardia è in pole position (1.352 nel periodo 2010 –marzo 2013), seguita da Emilia Romagna (773) e Lazio (577). La semplice idea che ancora oggi, nel nostro paese e in molti altri, possano esserci persone che esercitano su altri individui poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà, è una chiara dimostrazione del perdurante (drammatico) sottosviluppo socio-culturale-personale che viviamo ancora.

Tratto da: liberainformazione.org

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