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parlamento-europeo-web0di Gaetano Liardo  - 1° aprile 2012
Di fronte all’avanzata delle mafie in Europa, come si muovono le istituzioni comunitarie? Se è vero, come relaziona l’Europol nel rapporto Socta del 2013, che nel territorio dell’Unione imperversano 3600 cosche dedite ai più svariati affari illeciti e pronte a penetrare a fondo il tessuto economico sano del Vecchio Continente, quali misure sono in discussione? Quali provvedimenti si pensa di prendere?

Nonostante le lentezze burocratiche e la difficoltà ad accettare le mafie come un fenomeno globale, e non soltanto italiano, l’Unione ha deciso di muoversi. Il primo passo concreto è stato preso dal Parlamento Europeo che ha istituito un’apposita Commissione antimafia. Entrata in vigore nel marzo del 2012, e presieduta dall’europarlamentare italiana Sonia Alfano, la Commissione speciale su criminalità organizzata, corruzione e riciclaggio di denaro sporco, si è messa subito al lavoro.  Numerose audizioni, e missioni conoscitive in vari Paesi membri, hanno consentito di preparare un primo documento, che dovrà essere discusso dall’assise continentale.

Il rapporto di metà mandato, presentato lo scorso 22 marzo dal relatore Salvatore Iacolino, in attesa di essere discusso ed emendato dalla Commissione, punta, una volta approvato, ad ottenere un risoluzione del Parlamento Europeo. Il rapporto ospita un’importante sezione dedicata alla confisca dei beni ai mafiosi. Già cavallo di battaglia della legislazione antimafia italiana, si cerca di farlo diventare uno strumento dell’intera Unione.

Nel punto 7 della sezione intitolata: “Arrestare la criminalità organizzata colpendo i proventi ed i beni che essa genera”, si legge: «Relativamente alla confisca, (la Commissione, ndr) favorisce modelli che costituiscono un colpo preventivo alle attività criminali, soggetta all’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, e ritiene che le attività confiscate possano essere riutilizzate per finalità sociali, deplora gli ostacoli che impediscono il riutilizzo dei beni confiscati e chiede agli Stati membri di semplificare le procedure in questione; suggerisce di svincolare fondi per finanziare misure di protezione per preservare intatti i beni».

In soldoni, la richiesta avanzata dalla Commissione antimafia europea punta a colpire le organizzazioni mafiose togliendo loro quanto accumulato con i capitali illeciti, spingendo per ottenere il riutilizzo sociale di quanto tolto ai boss. Di fatto sarebbe un enorme passo in avanti nel contrastare le cosche ovunque in Europa, togliendo loro la terra sotto i piedi. Impedendo, in questo modo, che i mafiosi penetrino importanti settori dell’economia legale europea.   Un altro importante strumento contro il proliferare dell’economia mafiosa è quello riportato dal punto 8. La Commissione, si legge nel testo: «Raccomanda che un soggetto sia escluso ovunque dalle gare d’appalto in Europa se è stato condannato con sentenza definitiva per aver partecipato ad un’organizzazione criminale, riciclaggio di denaro sporco, corruzione, o ogni altro serio reato contro le autorità».

Il succo del discorso, anche in questo caso è semplice. Poiché le gare d’appalto per la realizzazione di lavori pubblici nei Paesi membri sono aperte alla partecipazione delle imprese di qualsiasi altro Stato dell’Unione, servono delle regole europee per impedire che alle gare partecipano imprese prestanome dei boss.

E’ anche vero che, a tutt’oggi, le istituzioni comunitarie hanno adottato alcuni strumenti utili per colpire i patrimoni mafiosi. Tuttavia, per essere pienamente funzionali, necessitano l’intervento del legislatore nazionale. Un esempio calzante, purtroppo in negativo, è quello dell’Italia. Esiste, infatti, una normativa europea che prevede il riconoscimento automatico da parte degli Stati membri delle confische decise dai giudici di un altro paese membro. Per entrare a regime, tuttavia, i Parlamenti nazionali devono recepire la norma.

Già nella passata legislatura è stato presentato un provvedimento legislativo per adottare gli obblighi della normativa europea. Tuttavia, la proposta non è mai diventata legge. Con l’insediamento del nuovo Parlamento, la deputata Pd Laura Garavini, già capogruppo in Commissione antimafia, ha riproposto la legge, insieme alla collega di partito Donatella Ferranti. In una nota la Garavini dice che: «Le istituzioni europee sono al lavoro per mettere a punto una nuova direttiva sul sequestro e la confisca dei proventi di attività criminali.

L’Italia, che per tanti aspetti è maestra nella lotta alle mafie, può dare un contributo fondamentale affinché le nuove misure europee diventino le più avanzate contro le mafie. Per fare questo – sottolinea – dobbiamo partecipare al dibattito, forti del recepimento di tutti gli obblighi europei in materia».

Tratto da: liberainformazione.org

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