da La Repubblica - 14 marzo 2013
«PAPA Francesco è un uomo molto abile», dice il giornalista Horacio Verbitsky, un’autorità in fatto di diritti umani in Argentina, grande accusatore in passato dell’arcivescovo Bergoglio e presidente del Cels, il gruppo di avvocati che difende le vittime della dittatura. «Per anni ho cercato una foto che lo accusasse e non la ho mai trovata».
Che foto?
«Durante la dittatura la congregazione di cui faceva parte organizzò una cerimonia in omaggio all’ammiraglio Massera, uno dei capi della giunta militare, ma quel giorno Bergoglio non c’era».
Dunque quali ombre ha raccolto sul suo passato?
«Ho scritto due libri raccogliendo testimonianze di padri gesuiti che narrano le ambiguità di quel periodo e, in particolare, la vicenda di due preti che finirono tra i “desaparecidos”. Non ci sono prove schiaccianti ma quello che raccontarono a me fu l’operazione di pulizia condotta fra i gesuiti contro coloro che si opponevano ai militari e volevano denunciare le violazioni dei diritti umani».
In generale l’atteggiamento della Chiesa argentina in quegli anni fu molto tiepido verso la dittatura...
«Non di tutti. C’erano i sacerdoti che collaboravano con la dittatura e andavano sui “voli della morte” per dare l’estrema unzione agli oppositori che venivano gettati nel Mar della Plata. Ma ci furono anche tanti che aiutarono le vittime di quegli anni».
Papa Francesco ha fatto “mea culpa” per la Chiesa...
«Certo anche questo fu un gesto importante. Io però rimango fra quelli che hanno combattuto affinché non diventasse Papa e ho perso la mia piccola battaglia».
(o. c.)
Tratto da: La Repubblica