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cinarussiaesercitazioninavali-webdi Gian Carlo Caprino - 27 aprile 2012
Sembra che finalmente qualcuno stia bussando alla porta dell'esclusivo club delle superpotenze globali, da più di 20 anni ormai occupato stabilmente da un solo socio: gli USA. La Russia e la Cina stanno hanno infatti smesso il loro atteggiamento passivo, in sede di Consiglio di Sicurezza, che si concretizzava essenzialmente nel frenare gli atteggiamenti avventuristi americani, per passare ad un tentativo di leadership propositiva sui due più scottanti dossiers del momento: l'Iran e la Siria.

A novembre scorso, sull'Iran Russia e Cina si sono rifiutate di avallare, in sede ONU, l'embargo sulle esportazioni petrolifere voluto da Obama (ed imposto ai suoi satelliti, tra cui l'Italia) vanificando così l'ennesimo tentativo di strangolare l'economia iraniana onde ottenere un cambio violento del regime. Nello stesso tempo la Russia è riuscita a rianimare, dopo moltissimi mesi, i colloqui sulla questione nucleare iraniana, questione presa sempre a pretesto da USA e Israele per imporre l'embargo all'Iran e minacciare interventi armati. Il primo round dei colloqui si è svolto in Turchia.
E' da notare che, nel giugno 2010, Russia e Cina avevano invece avallato, seppur controvoglia, l'ennesimo pacchetto di sanzioni contro l'Iran proposto da Obama, sempre con il pretesto della controversa questione nucleare di quel Paese.

Ancora più notevole appare l'attività diplomatica russa in questi giorni; essa è riuscita a far passare, in sede di Consiglio di Sicurezza, una risoluzione che prevede, in Siria, l'interruzione di tutte le ostilità, da qualsiasi parte provengano, e l'istituzione di una commissione di controllo ONU, presieduta dall'ex Segretario generale Kofi Annan, che verifichi il rispetto del cessate il fuoco di tutti e faccia partire quel clima di confronto civile che porti la Siria ad elezioni generali multipartitiche nel minor tempo possibile, presumibilmente verso un modello simile a quello raggiunto dal confinante Libano, che ha lo stesso problema di rappresentatività multi etnico-religiosa e che, al tempo dell'impero ottomano, faceva parte della "Grande Siria".
Sembrerebbe una risoluzione di buon senso, ma in realtà è un evento eccezionale poiché una potentissima coalizione, capitanata da USA e Israele, appoggiata da Europa, Turchia e monarchie tribali della penisola arabica, premeva da tempo per una soluzione "libica": cioè appoggio armato agli insorti e pesanti bombardamenti "umanitari", da parte della NATO, tendenti alla distruzione del regime ed all'omicidio dei suoi leaders (in particolare i membri della famiglia Assad), onde fare della Siria uno "Stato fallito", cioè uno Stato preda permanente degli scontri inter etnici e inter religiosi tra bande armate il cui segno distintivo sono i pick-up caricati con le mitragliatrici pesanti. Stato fallito come la Somalia e la Libia, appunto.
Soprattutto la Russia è riuscita a bloccare per mesi, con il suo veto, che una risoluzione del genere passasse in sede di Consiglio di Sicurezza, per poi passare al ruolo attivo che ha messo d'accordo (apparentemente) tutti. In questo momento la missione di Kofi Annan è in pieno svolgimento ma non è detto che vada a buon fine; Hillary Clinton, che a parole la sostiene, si aggira per l'Europa presiedendo varie riunioni dei cosiddetti "amici della Siria" ed è più che lecito sospettare che si adoperi per farla fallire. La stessa considerazione vale per l'ambiguo Recep Erdogan, capo del governo turco che, dopo una prima fase di moderazione e collaborazione con il regime siriano, è passato improvvisamente, nel giugno 2011, armi e bagagli al servizio dello smantellamento della Siria, in piena sintonia con gli USA e con Israele che, silenziosamente, resta il regista di tutto. Nostalgia di grandeur neo-ottomana, da parte di Erdogan, o più semplicemente ritorno all'ovile NATO della pecorella turca, dopo le frizioni (ma erano vere?) al calor bianco con Israele nel biennio 2009 - 2010 dovute alle stragi israeliane di Gaza e all'omicidio di 9 attivisti turchi sulla "Mavi Marmara"? Per quanto riguarda poi le monarchie tribali arabiche sunnite, veri e propri fossili statuali sopravvissuti ad un lontano passato, è sufficiente che il regime di Assad (alawita e quindi scismatico) venga annientato e che i sunniti governino in Siria; di tutto il resto (democrazia, diritti civili...) i capi tribali non si curano di certo.
La missione di Kofi Annan, fortemente voluta dalla Russia, appare quindi come una "mission impossible", dato il numero di nemici che ha; ma non bisogna disperare. Se andasse in porto sarebbe un formidabile successo per la diplomazia russa e, forse, aprirebbe nuovi spiragli di dialettica alla diplomazia europea, sinora ripiegata in modo sconfortante sul rispetto delle "veline" provenienti da Washington (e da Gerusalemme).

La strategia degli "Stati falliti", tanto cara agli USA, deriva dalla constatazione di aver perduto due guerre neo-coloniali nell'immenso bacino musulmano: quella dell'Iraq e quella (ancora in corso) dell'Afghanistan; infatti non solo è stato impossibile, da parte degli americani, conquistare "le menti ed i cuori" dei popoli soggiogati (come raccomandava David Petraeus quando comandava le truppe d'occupazione), bensì è risultato impossibile lasciare, alla fine delle ostilità, governi sicuramente collaborazionisti capaci, con le buone o con le cattive, di assicurare gli interessi statunitensi nei loro Paesi.
A questo punto è nata una nuova scuola di pensiero, tra gli studiosi di geopolitica fautori dell'Impero, che corrisponde, grossolanamente, all'enunciato che, per mantenere il potere globale, occorre generare e governare il Caos nei Paesi che non si è capaci di asservire ai propri interessi. Si otterrà così un risultato di compromesso: quello comunque di impedire ad altri "competitors" globali (leggi Cina e Russia) di avere rapporti strutturali con essi. Il più convinto apologeta di tale teoria è il politologo americano (di origine indiana) Parag Khanna, autore di un saggio intitolato "How to run the World" . Il mondo, per Khanna, si governa organizzando sapientemente il Caos ed il Caos si organizza trasformando gli attuali Stati mondiali, usciti dal colonialismo europeo dell'Ottocento-Novecento, in una frammentazione su base etnica e tribale. In effetti è l'Uovo di Colombo: più sono deboli e numerosi gli Stati, più gli USA potranno influenzarli meglio. Gli esempi che fa Khanna sono numerosi. La Libia dovrebbe essere divisa nelle tre precedenti provincie ottomane, la Tripolitania, la Cirenaica ed il Fezzan. L'Afganistan non è che un pezzo della vecchia Persia multietnica , e potrebbe essere diviso fra Pashtun, Tagiki, Uzbeki e Turkmeni. Il Sudan è già stato diviso fra Nord e Sud, ma si può fare ancora di più (Darfur, eccetera). Per non parlare dell'Iraq, in cui i territori curdi sono ormai indipendenti dal governo centrale, a sua volta divisibile in aree di influenza sciite e sunnite.
Il Caos, come si è detto, occorre generarlo, prima di poterlo governare e nulla più dell'infinita superiorità tecnologica militare messa in campo dal binomio USA - NATO può essere utile a tale generazione.
Il caso libico ne è un esempio lampante: malgrado le migliaia di azioni aeree e le migliaia di bombe sganciate su quel Paese (con relative migliaia di morti civili) nessun aereo della NATO è stato abbattuto, e si è evitato qualsiasi contraccolpo sulle opinioni pubbliche occidentali dovuto allo stillicidio di perdite che invece avveniva in Iraq e continua ad avvenire in Afghanistan. Intervento militare sì quindi, ma senza truppe d'invasione: basta l'arma aerea per ridurre all'età della pietra un Paese arretrato militarmente, senza praticamente correre rischi.

Gli USA però, per poter esercitare l'opzione militare, hanno bisogno di un'approvazione del Consiglio di Sicurezza, una sorta di "bollino blu" che consenta loro di scatenare tutta la loro potenza tecnologica. Ma questa volta, dopo essersi fatte gabbare con i "corridoi umanitari" in Libia (di fatto la distruzione del Paese ed il suo ingresso nel novero degli Stati falliti) Russia e Cina si sono messe di traverso sia per la questione siriana che per quella iraniana (stop ad ogni ulteriore embargo), facendo chiaramente capire agli americani che le loro strategie distruttive non verranno più supinamente accettate e che non si accontenteranno più di gestire piccole quote di minoranza che gli USA si degnino di elargire loro nella risoluzione delle crisi mondiali.
Ecco perché gli americani non potranno (forse) più gestire in solitario il club delle superpotenze globali.

Tratto da: clarissa.it

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