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di Jean Georges Almendras
Agustin Saiz, di MARA, esprime il suo parere contro l’energia nucleare

Contro la volontà popolare, il governo argentino ha rilanciato la proposta di installare nel paese un quarto reattore nucleare, con tecnologia cinese, a fronte del libero accesso ad un credito di 2.500 milioni di dollari, proveniente da Pechino. Il Movimento Antinucleare della Repubblica Argentina (MARA) ha lanciato pubblicamente un allarme drammatico e deciso per questo nuovo progetto di centrale nucleare, denunciando inoltre che si tratta di un'ulteriore manovra della coalizione al governo. A tale proposito, il quotidiano argentino Pagina 12 ha dato ampio risalto alla posizione di MARA diffondendo gli elementi di denuncia e di avvertimento emerse anche dalle dichiarazioni dell'attivista Agustín Saiz, membro del Movimento Antinucleare di Zárate-Campana e di MARA, e anche redattore e collaboratore di Antimafia Dos Mil.
"Allerta per una nuova probabile centrale nucleare. Il Movimento Antinucleare denunciò una nuova manovra della coalizione al governo" è il titolo dell'articolo di Pagina 12, scritto dal giornalista Nahuel Lag.
Il collega argentino Lag ha riferito che prima di partecipare al vertice del G-20 in Giappone, il capo di Gabinetto, Marcos Peña, ha fatto scalo a Pechino, Cina, per riesaminare un accordo che si scontra con la volontà popolare dal 2015 e che ha allertato il Movimento Antinucleare della Repubblica Argentina (MARA).
Nahuel Lag ha riferito inoltre che in un incontro con il viceprimo ministro cinese, Hu Chunhua, Peña ribadì l’"intenzione di proseguire" nell'installazione di una quarta centrale nucleare nel paese, con tecnologia cinese. Il tentativo (fallito a Río Negro nel 2017), ora interesserebbe il complesso di Atucha, a Zárate, a circa cento chilometri dalla zona più popolata del paese, a fronte dello stanziamento di un credito di 2.500 milioni di dollari.

pena marcos argentina

Di fronte a questa prospettiva, in data 24 giugno, il Movimento antinucleare della Repubblica Argentina (MARA), che raggruppa organizzazioni ambientali, comunità indigene e cittadini/e di tutto il paese, si è così espresso: “un categorico rifiuto all’annuncio del governo nazionale sull’imminente firma dell’accordo definitivo con la Cina per costruire la quarta centrale nucleare nella provincia di Buenos Aires”.
Il documento contiene alcune precisazioni: "Ripudiamo che una simile decisione sia stata presa senza previa consulta e in modo arbitrario esigiamo il confronto in un approfondito dibattito democratico sulla continuità del piano nucleare argentino progettato in tempi di dittatura militare. È una procedura illegale che deve essere denunciata alla Giustizia, perché questo contratto non può essere firmato senza una preliminare valutazione di impatto ambientale e senza un'audizione pubblica. Allertiamo la popolazione che ci tramuteremo in cavie nucleari della Cina. L’accordo riguarda un modello di terza generazione, Hualong One, una tecnologia sperimentale che non ha al momento reattori in funzione". “Denunciamo che l’impianto nucleare è una risorsa energetica senza senso e che gli alti costi di costruzione saranno sovvenzionati dal popolo argentino, caricando sulle nostre spalle il prestito del governo cinese. La stessa energia potrebbe essere rimpiazzata facilmente con fonti rinnovabili e pulite per un terzo del costo della centrale elettronucleare progettata". Chernobyl ci ricorda in questi giorni che un disastro nucleare è la condanna a morte per le popolazioni ed i territori. L'ex sottosegretario per l’energia nucleare della nazione, Julián Gadano, aveva riconosciuto nel 2017 che se accadesse un incidente nucleare "moriremmo di fame perché non potremmo vendere alimenti a nessuno". Tre centrali nucleari vicine, a 100 Km. dalla Capitale Federale ed a 80 Km. Dall’Uruguay costituiscono come potenza una Chernobyl. Reiteriamo la decisione delle Assemblee Patagoniche nel 2017 di impedire "con ogni mezzo legale, l'installazione del summenzionato impianto di produzione di energia elettrica". La Patagonia è stato un esempio di mobilitazione sociale contro la centrale cinese e sono riusciti ad ottenere in pochi mesi una legge che proibisce l'installazione di impianti nucleari a Río Negro. Invitiamo la comunità in generale a informarsi e a prendere posizione su un tema trascendente per la vita. Rimanere al margine è immorale. Ci dichiariamo in stato di allerta e mobilitazione vista la decisione espressa del governo di portare avanti il progetto nucleare. Il nostro paese conta inoltre sulla solidarietà di attivisti di tutto il pianeta riuniti al recente "Foro Sociale Mondiale Antinucleare" a Madrid, Spagna".
Con lo slogan "A Río Negro No; In Patagonia No; A Buenos Aires No; Sulla Terra No; e No significa No" i membri di MARA hanno diffuso il loro comunicato ai differenti mezzi di comunicazione argentini e regionali. Hanno aderito al comunicato anche i membri del Movimento Antinucleare di Chubut impegnato da oltre 25 anni ad avvertire dei pericoli dell'energia nucleare.
Dall’altra parte, il giornalista Lag di Pagina 12, riferisce che il Capo di Gabinetto Marcos Peña, al suo ritorno della Cina diceva: "Ratifichiamo i vincoli di cooperazione e abbiamo deciso di proseguire nella ricerca di strumenti che permettano di incrementare lo scambio commerciale e culturale", aggiungendo che si è parlato dell'accordo di esportazione di alimenti in vigore e dell'apertura del mercato cinese alla farina di soia. Riguardo la centrale nucleare ha detto che “c’è l’intenzione di avanzare, ma senza chiarire che l’accordo sarebbe strettamente vincolato all’approvazione di un libero accesso al credito di 2.500 milioni”.
Dialogando con il collega di Pagina 12 Nahuel Lag, Agustín Saiz, del Movimento Antinucleare di Zárate-Campana, ha detto: "Nel 2018, quando l'Argentina sottoscrisse un prestito con il FMI, proprio il ministro delle Finanze, Nicolás Dujovne, disse che l'energia nucleare era costosa, ma ora il Governo ripropone la questione. Non c'è una valutazione tecnica in merito alle fonti di energia ed alla loro sicurezza, ma si cerca solo un accordo finanziario che salvi il Governo".
Le centrali nucleari che la Cina intende promuovere in territorio argentino, sin dal governo kirchnerista, sono due. Un anno prima dell'accordo con il FMI, Macri lo ratificò durante la sua visita in Cina, nel maggio 2017, quando fu stabilita l'entrata di capitali cinesi nelle miniere Veladero e Pascua-Lama.

pagina 12 allerta nuclear

Lag prosegue ancora nel suo articolo che da quello stesso anno 2017, si cercò di gettare le basi per un'altra centrale nucleare in località Sierra Grande, Río Negro, respinta dalla mobilitazione degli abitanti e dalla bassa partecipazione ad un referendum popolare.
Macri condivise l'entusiasmo per quel progetto con l’allora presidente del ‘bloque del PJ’ nel Senato ed attuale candidato a vicepresidente del partito di maggioranza, Miguel Ángel Pichetto, il quale iniziò la sua carriera come avvocato della vecchia industria mineraria di quella città. Il giornalista aggiunge che a differenza del modello Hwalong-1, di uranio arricchito ed acqua leggera, la centrale rifiutata dalle assemblee di Río Negro era una CANDU (Canadian Deuterium Uranium), di uranio naturale ed acqua pesante, un modello per il quale l’Argentina poteva apportare conoscenza specialistica, mano d’opera e materiali.
Agustín Saiz, così come altri rappresentanti del movimento di residenti che convivono con Atucha I e II ha detto a Pagina 12, che "questi accordi si travalicano le istanze democratiche di consultazione ed impongono tecnologie nucleari, quando esistono alternative per evitare il rischio di una nuova centrale. Quando si porta un progetto nucleare in una zona vergine, come è il caso di Río Negro, si reagisce, ma a Buenos Aires si è reso naturale convivere con il rischio di una centrale nucleare".
Saiz segnalò inoltre che "benché non succedesse un incidente che metta in pericolo le risorse idriche e l'abitabilità della zona più popolata del paese, quando scade la vita utile dei reattori, ci troviamo con la problematica di smantellare i reattori e di cosa fare coi rifiuti nucleari. Nessuno può garantire, nel lungo termine, quali saranno le condizioni politiche, sociali né climatiche".
"Il rischio esiste, potrebbe essere alto o basso, ma come comunità non vogliamo discutere sui rischi di progetti costosi che ci indebiteranno economicamente. Il potenziale dell'Argentina per utilizzare energie rinnovabili è molto alto e questo Governo, di fronte alla crisi energetica, ha avuto un'opportunità e l'ha affrontata in modo stupido, o ha proceduto favorendo imprese amiche?", ha concluso Saiz, alludendo chiaramente alle gare d’appalto di progetti riguardanti energie rinnovabili che interessano la famiglia presidenziale e che sono sotto indagine giudiziaria.

Foto di Copertina: www.U238.com
Foto 2: www.página12.com
Foto 3: www.página12.com