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Wayne LotterWayne Lotter lottava per gli elefanti, la sua storia in un documentario di Di Caprio
di Raffaella Scuderi
"Questa è una guerra. Contro la fanteria, la cavalleria e i generali. Tutti si sono sempre concentrati sulla fanteria. Nessuno su cavalleria e generali". Wayne Lotter lo diceva sempre. Si è scagliato contro i generali ed è stato ucciso. L’eroe del conservazionismo tanzaniano è morto mercoledì a Dar es Salaam. Un commando lo ha massacrato a colpi di fucile dopo un agguato nel centro città.
Sudafricano, 51 anni, Wayne era arrivato in Tanzania nel 2003 per poi fermarsi nel 2006. Insieme alla socia Krissy Clarke fondò nel 2009 una piccola Ong, la Pams Foundation, che grazie al suo acume e a una visione rivoluzionaria, ad oggi è riuscita a mettere le manette a 1400 bracconieri, requisire 428 armi, 40 veicoli e a gettare in carcere la ‘Queen of Ivory’, la cinese Yang Feng Glan. Ma soprattutto ha contribuito ad eliminare quasi definitivamente il bracconaggio di avorio in Tanzania. "Hanno tagliato la testa dell’organizzazione. Caparbio, spiritoso, instancabile lavoratore - lo ricorda l’amico Malcolm Ryen, biologo e ricercatore - e una mente geniale. Era in grado di prevedere le mosse successive dei suoi nemici. Sei mesi fa aveva intuito che stava per succedere qualcosa. Sapeva di rischiare la morte, ma questo non lo ha fermato". Wayne aveva capito che tecnologia, droni e rangers non erano abbastanza per vincere il bracconaggio. Con pochi fondi aveva creato un’ampia rete di Intelligence umana che gli aveva fatto vincere la sua guerra. Lo avevano aiutato anche le comunità locali (tutto il suo team è africano): erano state loro a rivelargli le informazioni che servivano di volta in volta per colpire i bracconieri.
Ivory game” (Caccia all’avorio), documentario di Netflix prodotto da Leonardo Di Caprio, era stato realizzato grazie alla sua attività. "Wayne era il mio eroe. E la sua guerra non si fermerà", così lo ha ricordato Jane Goodall, la più famosa esperta mondiale di scimpanzè . Ed eroe è stato definito anche da Di Caprio su Twitter.

Tratto da: La Repubblica

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