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elefantiErano 10 milioni di esemplari fino a un secolo fa ora dal cielo ne sono stati contati 350mila
di Elena Dusi
Hanno contato gli elefanti dal cielo. E hanno osservato 12 carcasse uccise dai bracconieri ogni 100 esemplari vivi. Il rischio è che questi animali facciano ora la fine dei panda o, peggio, dei dinosauri. «Nessuno come me ha visto tanti cadaveri negli ultimi due anni.

Se perdiamo gli elefanti dell’Africa, come salveremo gli altri animali selvaggi?» ha allargato le braccia Mike Chase, coordinatore del Great Elephant Census, censimento degli elefanti della savana africani. L’impresa — finanziata dal cofondatore di Microsoft Paul Allen — ha coperto 18 paesi, con decine di aerei ed elicotteri che, dicono gli organizzatori, «hanno percorso una distanza pari a quella per la Luna». Il risultato del censimento lascia però poco spazio all’entusiasmo. Fra il 2007 e il 2014 la natura ha perso il 30% degli elefanti. Una specie che vive sulla Terra da 5 milioni di anni oggi in Africa è scesa a 352mila esemplari (erano 10 milioni un secolo fa). In alcune zone di Repubblica Democratica del Congo, Camerun e Zambia si può già parlare di estinzione. Ogni anno a morire — soprattutto a causa del bracconaggio — è l’8% dei pachidermi. Anche se le riserve sembrano essere una buona invenzione (l’86% degli animali rimasti vivono in zone protette), i cacciatori di avorio riescono ad arrivare anche lì.
Allen ha stanziato per il censimento 7 milioni di dollari dopo un viaggio in Africa: «La prima visita risale al 2006. Fin da subito sono rimasto affascinato da questi animali intelligenti ed espressivi ». La mancanza di un conteggio esaustivo lo ha spinto all’azione: «Il fenomeno del bracconaggio è in aumento. Mi sono sentito in dovere di fare qualcosa».
Il censimento — pubblicato sulla rivista PeerJ alla vigilia del Congresso dell’Iucn, l’International Union for the Conservation of Nature, in programma da oggi al 10 settembre a Honolulu — punta a cambiare le leggi sulla vendita di avorio. Attualmente il commercio è proibito a livello internazionale, ma resta legale all’interno dei confini di molti paesi. Alla conferenza delle Hawaii verrà presentata una mozione per vietare lo scambio di zanne sempre e comunque, un impegno cui a parole hanno già aderito anche il presidente americano Barack Obama e quello cinese Xi Jinping (Pechino è uno dei principali sbocchi del mercato nero). Ibrahim Thiaw, vicedirettore del programma ambientale delle Nazioni Unite, a Honolulu proverà a usare anche l’argomento economico: «La natura porta turisti e dollari per finanziare salute, istruzione e infrastrutture. Preservarla ha i suoi vantaggi».
A soffrire della caccia illegale non sono solo gli elefanti della savana, ma anche quelli della foresta, più piccoli e riservati (nel 2010 dopo uno studio del Dna si è deciso di scindere le due specie). Tra il 2002 e il 2013, il loro numero è crollato addirittura del 65%. Il naturalista dell’università del Colorado George Wittemyer ha calcolato sul Journal of Applied Ecology — e sempre in occasione del congresso delle Hawaii — che le femmine raggiungono l’età riproduttiva solo a 23 anni (contro i 12 dell’elefante della savana) e sono in grado di partorire un cucciolo ogni 5 o 6 anni. «Siamo scesi a quota 70mila esemplari» fanno notare gli autori dello studio. «Per recuperare i danni del bracconaggio servirebbe almeno un secolo».

Tratto da: La Repubblica