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ilva-675-WEBdi Alessandro Marescotti - 2 gennaio 2015
E’ stata lanciata da Legambiente, Greenpeace e Wwf una petizione a favore del Ddl 1345. L’intento di questo mio intervento è di dimostrare come tale petizione sia un’iniziativa sbagliata e inopportuna a sostegno di una pessima riforma ambientale che ha l’esplicito gradimento del governo Renzi. Il disegno di legge (Ddl) n. 1345 sui delitti ambientali è, infatti, fortemente voluto dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti.

La ragione? Nonostante i proclami entusiastici, il testo nei fatti peggiora il codice penale nel campo degli “ecoreati”. I magistrati incontreranno maggiori ostacoli, nonostante i promotori proclamino di voler ottenere l’opposto: ossia la severa punizione per chi inquina. E questo non è poco per il governo Renzi che eccelle nel proclamare A e poi fare B. Che la magistratura non sia in cima ai pensieri di questa classe politica non occorre sottolinearlo. Ed eccone la dimostrazione: questa legge è un esempio da manuale di come si possa proclamare una cosa per fare l’esatto opposto. Tanto la maggioranza della gente non si intende di diritto.

Un esempio facile da comprendere?

Il Ddl 1345 definisce il disastro ambientale come reato di danno (più difficile da dimostrare) e non come reato di pericolo (più facile da documentare con le perizie). E per di più il testo di legge definisce il disastro ambientale quale evento “in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell’ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale”. Perché è pessima questa definizione? Semplice. Perché in Italia vi sono disastri ambientali che avvengono a norma di legge. Avvengono cioè senza alcuna violazione di “disposizioni legislative, regolamentari o amministrative”. Uno di questi è il disastro ambientale di Taranto.

L’Ilva ha emesso diossina rimanendo ben al di sotto dei 10.000 nanogrammi a metro cubo in concentrazione totale, che è il limite previsto dal Codice dell’Ambiente. Pensate che ne emetteva in concentrazione totale “solo” 277 contro un limite di 10.000! Tale limite abnorme per la diossina – di cui PeaceLink ha chiesto da tempo la modifica in senso restrittivo  – rimane indisturbato nella nostra legislazione, senza che Legambiente, Greenpeace e Wwf abbiano mai fatto alcuna protesta o proposta nazionale di revisione della legge.

La vergogna permane, è un caso unico al mondo quel “limite benevolo”. E poiché ha consentito ad Ilva di inquinare a norma di legge, l’Ilva non può essere accusata di violare la legge. Quindi l’Ilva, che ha emesso diossina “a norma di legge”, non può aver provocato il disastro ambientale. Questo – beninteso – secondo la difesa e anche secondo il Ddl 1345, tanto caro a Legambiente, Greenpeace e Wwf.

Altro esempio: i pascoli su cui si sono contaminate le pecore e le capre a Taranto sono “a norma di legge” perché per i pascoli vige il limite di diossina che vale per i suoli urbani. Un limite assurdamente alto: 10 ng/kg. Non solo: una manina invisibile nel 2006 ha aumentato di 60 volte il limite per i PCB cancerogeni nei terreni. In Italia molti disastri ambientali avvengono “a norma di legge”. In Italia diventa norma il disastro per evitare di intervenire.

Tutto questo è orribile, assurdo, incomprensibile. E’ una storia pirandelliana che stenterete a credere per quanto rasenti la follia. Ma è così. Abbiamo ancora queste leggi ambientali che vanificheranno i processi se passerà il Ddl 1345. E Legambiente, Greenpeace e Wwf non ve lo dicono.

Legambiente, accortasi dell’errore, è corsa ai ripari proponendo un emendamento per sostituire quella pessima formulazione con l’avverbio “abusivamente”. Ma la toppa è quasi peggio dello strappo perché se l’Ilva riceve un’autorizzazione alle emissioni allora nulla è “abusivo” e il disastro ambientale può essere “giustificato” con la benevola autorizzazione del Ministero dell’Ambiente (la cosiddetta AIA, Autorizzazione Integrata Ambientale). E sappiamo bene che la linea difensiva dell’Ilva era quella di dire: “Noi ci siamo attenuti all’autorizzazione Aia del ministro dell’Ambiente Prestigiacomo”. Se passasse il Ddl 1345, il processo Ilva di Taranto diventerebbe un’amnistia.

Semaforo verde dunque dal governo. Semaforo rosso invece da parte di vari esperti di diritto e magistrati che avevano sollevato un’accusa durissima: quella legge potrebbe far saltare i processi per disastro ambientale. Uno per tutti quello sull’Ilva. Il Ddl 1345 era già stato approvato alla Camera, ma era fermo al Senato per via delle numerose polemiche di alcuni movimenti ambientalisti. PeaceLink aveva raccolto migliaia di firme per stopparlonel mio blog ospitato su ilfattoquotidiano.it avevo amplificato tale iniziativa.

Qualcosa è andato storto nei piani di chi voleva l’approvazione all’unanimità di questa legge accompagnata da una standing ovation. Data questa imbarazzante situazione di stallo, il ministro all’Ambiente Galletti il 16 ottobre 2014, in audizione alla Camera presso la Commissione Ecomafie, ha sollecitato l’approvazione del Disegno di Legge 1345 sui reati ambientali. Coincidenza delle date: il 16 ottobre è stato anche il giorno in cui la Commissione Europea ha lanciato il “parere motivato”, nell’ambito della procedura d’infrazione contro l’Italia per la questione Ilva.

Ma il governo Renzi – la cui abilità mediatica è fuori discussione – non ha voluto forzare la mano imponendo a freddo l’approvazione del Ddl 1345. Ha aspettato che fossero le associazioni ambientaliste nazionali a reclamarla a gran voce. Che furbata! Se fosse stato il governo a forzare la mano ecco che sarebbero sorte le solite polemiche: il governo vuole la controriforma sui reati ambientali. La pillola andava indorata. E a pensarci è stata Legambiente che, in un comunicato del 19 novembre 2014, ha lanciato un primo comunicato allarmato dal titolo: “La melina sugli ecoreati impedisce il goal della legalità”. In tale comunicato si dà atto che “il testo approvato è già stato depotenziato, almeno delle sue parti più severe e care agli ambientalisti”, annotando però che “in Parlamento di più non si poteva chiedere”.

Ben diversa la posizione del senatore Felice Casson che parla esplicitamente di un “regalo alle lobby”. Ed ecco scendere affannato in campo il ministro della giustizia Orlando per rassicurare: “Il Ddl non è un regalo alle lobby che inquinano”.


Interviene anche Realacci che non nota alcuna invasione di campo non del governo. Parla invece di un “eccesso di critica dei magistrati. Già, perché se si guarda con la lente di ingrandimento questo Disegno di Legge emergono tante cose che non vanno, ed è nei dettagli che – come abbiamo visto – si annida la fregatura.  Ma per chi non si vuole addentrare nell’analisi dei dettagli tecnici, ecco la prova della verità: di fronte a tante perplessità e alla pressione del governo, cosa dovrebbe fare un’associazione ambientalista? Fermarsi e discutere con chi manifesta perplessità. Metti che siano gli altri ad avere ragione?

E invece che fanno Legambiente, Greenpeace e Wwf? Dopo la sollecitazione del governo del 16 ottobre 2014 (l’abbiamo citata prima), lanciano il 15 dicembre 2014 una petizione online dicendo che occorre far presto. Esattamente quello che vuole il governo Renzi. E per dare ancora più slancio a tale richiesta, fanno firmare la petizione anche ad un elenco di oltre venti associazioni prestigiose, fra cui Libera.

La petizione inizia “in nome del popolo inquinato” ed esordisce così: “Oggi chi ruba una mela al supermercato può essere arrestato in flagranza perché commette un delitto, quello di furto, mentre chi inquina l’ambiente no, visto che nella peggiore delle ipotesi si rende responsabile di reati di natura contravvenzionale, risolvibili pagando un’ammenda”.

Se le cose stessero veramente così, come mai Fabio Riva – rincorso da un’accusa di disastro ambientale e da un mandato di cattura europeo – si è rifugiato a Londra? E’ fuggito perché ha paura di pagare un’ammenda?

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

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