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alpi-ilaria-sorrisodi Andrea Palladino e Andrea Tornago - 4 marzo 2014
Il caso. Le due informative dei servizi di Firenze e Trieste. L’avvocato della famiglia Alpi, D'Amati, parlò di due documenti che potevano fare luce sull’agguato di Mogadiscio. Ma nessuno li può leggere
Otto­mila docu­menti. Una pila di carta di diversi metri di altezza. È la quan­tità di dos­sier che i ser­vizi di sicu­rezza mili­tare — l’ex Sismi, oggi Aise — ha accu­mu­lato su fatti atti­nenti in qual­che maniera l’esecuzione del 20 marzo 1994, che colpì Ila­ria Alpi e Miran Hro­va­tin. Una mole di docu­men­ta­zione che è stata «esi­bita alla com­mis­sione par­la­men­tare d’inchiesta pre­sie­duta dall’onorevole Taor­mina», come ha rac­con­tato il gene­rale Adriano San­tini il 20 marzo del 2012, durante l’udienza per calun­nia nei con­fronti di Ahmed Alì Rage, detto Gelle. Da quella impres­sio­nante pila i con­su­lenti della Camera sele­zio­na­rono 1500 docu­menti, river­sati negli atti della com­mis­sione d’inchiesta e ancora in gran parte coperti da segreto.

Non c’è solo quest’eredità tra le carte di Palazzo San Macuto — sede degli archivi della Camera — dove hanno lavo­rato le 5 com­mis­sioni oggi inte­res­sate all’operazione di disco­very chie­sto da Green­peace e avviato dalla pre­si­dente Laura Bol­drini. Con­sul­tando gli indici della docu­men­ta­zione — che ripor­tano il titolo dei docu­menti, spesso molto vaghi, e da chi sono stati pro­dotti — acqui­sita dagli anni 90 in poi appare evi­dente la resi­stenza nel divul­gare segreti, non sem­pre banali, sulla sto­ria ita­liana recente.L’elenco degli omis­sis è senza fine. L’ultima com­mis­sione d’inchiesta sui rifiuti — pre­sie­duta da Gae­tano Peco­rella — ha affron­tato con cura il nodo dei traf­fici inter­na­zio­nali di sco­rie. Su que­sto cro­ce­via fatto di fac­cen­dieri, navi che spa­ri­vano, cari­chi vele­nosi spe­diti in tutto il mondo, terre con­ta­mi­nate e omi­cidi eccel­lenti i par­la­men­tari si sono imbat­tuti in tre casi ancora aperti. Il primo è quello dell’omicidio di Ila­ria Alpi e Miran Hro­va­tin. C’è poi la morte per avve­le­na­mento del capi­tano Natale De Gra­zia. E, infine, il traf­fico via mare di sco­rie, con il sospetto affon­da­mento di decine di car­rette cari­che di veleni nel Medi­ter­ra­neo. Inchie­ste che s’intrecciano al com­mer­cio di armi desti­nate ai paesi in con­flitto, col­piti da embargo. Come la Soma­lia, parola che più ricorre nell’elenco dei docu­menti ancora oggi coperti da segreto.
Quanti sono que­sti dos­sier segreti? Di certo molti di più rispetto all’elenco che pro­po­sto all’ufficio di pre­si­denza. L’indice dei docu­menti sulle navi dei veleni acqui­siti dalla com­mis­sione Peco­rella elenca più di 600 fasci­coli clas­si­fi­cati come “segreti” o “riser­vati”. Un vin­colo che impe­di­sce a tutti — gior­na­li­sti, magi­strati, depu­tati — di leg­gere le noti­zie con­te­nute. Sono stati acqui­siti durante le audi­zioni del magi­strato Fran­ce­sco Neri (che nel 1995 era tito­lare dell’inchiesta affi­data, tra gli altri, al capi­tano De Gra­zia), dell’allora pre­si­dente del Copa­sir (il comi­tato di vigi­lanza sui ser­vizi) Mas­simo D’Alema (che ha pro­dotto 146 docu­menti clas­si­fi­cati) e del gene­rale Adriano San­tini, ex diret­tore dell’Aise (quasi 500 fasci­coli sot­to­po­sti a segreto).I temi hanno come cen­tro di gra­vità i traf­fici di armi e rifiuti. Ci sono almeno un cen­ti­naio di dos­sier su Gior­gio Come­rio, il tec­nico che aveva creato la società Odm, pronta ad affon­dare in mare siluri cari­chi di sco­rie radioat­tive. In Ita­lia è stato con­dan­nato solo per ten­tata estor­sione, come ha già rac­con­tato il mani­fe­sto. I pro­ce­di­menti sul traf­fico di rifiuti nati prima a Reg­gio Cala­bria e poi, nel 1997, davanti alla pro­cura del Can­ton Ticino sono stati archi­viati.hrovatin-miran Di certo i suoi affari erano seguiti dai nostri ser­vizi, stando alla mole d’informazioni coperte da segreto river­sata dall’Aise. Ci sono poi decine di note su Gian­carlo Maroc­chino, l’imprenditore ita­liano che per primo è inter­ve­nuto sul luogo dell’agguato e che — secondo un rap­porto della poli­zia somala — avrebbe chia­mato Ila­ria Alpi poco prima.E ancora, ci sono infor­ma­zioni sulla nave Rigel (affon­data nell’87), sulla Jolly Rosso, sulla Zanoo­bia, il cargo che riportò in Ita­lia migliaia di fusti spe­diti in Vene­zuela dalle indu­strie ita­liane. E poi le armi: tan­tis­sime le infor­ma­zioni che l’Aise ha con­se­gnato alla com­mis­sione sui traf­fici di mate­riale bel­lico, con rife­ri­menti a noti bro­ker, come San­ji­van Ruprah, col­la­bo­ra­tore di Vic­tor Bout, il traf­fi­cante russo che ispirò il film Lord of war, arre­stato dalla Dea nel 2008. Armi e rifiuti, traf­fici inter­na­zio­nali, rotte di veleni coperte da omis­sis, men­tre tra pochi giorni verrà cele­brato, pro­prio alla Camera, il ven­ten­nale della morte di Ila­ria e Miran.I ser­vizi di sicu­rezza hanno sem­pre garan­tito di aver pre­stato la mas­sima col­la­bo­ra­zione sul caso: «Non c’è nes­sun segreto di Stato», ha garan­tito l’ex diret­tore dell’Aise in tri­bu­nale nel marzo del 2012. Eppure ci sono note mai divul­gate. Come due infor­ma­tive dei cen­tri Sismi di Trie­ste e di Firenze, ricor­date dal legale della fami­glia Alpi Dome­nico D’Amati durante uno dei tanti pro­cessi sull’agguato di Moga­di­scio. Rac­con­ta­vano del traf­fico di armi a Bosaso — ha spie­gato in udienza l’avvocato — e dell’interesse di Ila­ria per quell’inchiesta. Pezzi di verità mai venuti a galla e forse nasco­sti tra le carte di palazzo San Macuto.

Tratto da: Il Manifesto