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rifiuti-discaricadi Cadoinpiedi.it - 1° marzo 2014
La strategia "Rifiuti zero 2020" voluta dall'Unione Europea dice che riciclaggio, compostaggio e riutilizzo devono prendere il posto di tecniche poco ambientaliste come l'incenerimento e lo stoccaggio in discarica. A che punto sta il Bel Paese? Cadoinpiedi.it lo ha chiesto a Rossano Ercolini, presidente dell’associazione Zero Waste Europe e autore di Non Bruciamo il futuro (Garzanti, 2014).

Le luci della ribalta le ha conquistate la Terra dei Fuochi. Ma il problema dei rifiuti in Italia non è tutto lì. Ed è molto lontano dall'essere risolto. Città come Napoli o Roma rimangono osservate speciali, mentre altri comuni virtuosi danno il buon esempio raggiungendo best practices d'eccellenza. E sono mosche bianche.

Il tempo, però, adesso stringe. E le disparità vanno risolte al più presto, perché la strategia "Rifiuti zero 2020" voluta dall'Unione Europea dice che riciclaggio, compostaggio e riutilizzo devono prendere il posto di tecniche poco ambientaliste come l'incenerimento e lo stoccaggio in discarica. "L'Italia è un paese un po' particolare, è come se viaggiasse sulle montagne russe: abbiamo situazioni di emergenza che si alternano a situazioni di altissimo livello", ha detto a Cadoinpiedi.it Rossano Ercolini, presidente dell'associazione Zero Waste Europe, per la diffusione della strategia Rifiuti Zero, a cui oggi aderiscono 125 Comuni, vincitore del Goldman Environmental Prize 2013, il Nobel per l'ecologia, e autore di Non Bruciamo il futuro (Garzanti, 2014).

Dopo un periodo in cui nell'opinione pubblica, anche per l'emergenza napoletana, si parlava molto di rifiuti, ora l'attenzione sembra essere scemata. È così?
Io credo che al di là di quella situazione il problema a livello nazionale rimanga e sia fortemente percepito. La vicenda della Terra dei fuochi sta attivando le migliori energie, ma l'attenzione minuta ai problemi un pochino si è persa.

Vale lo stesso per la politica?
Il Parlamento non ha dato un contributo rilevante. Meglio ha fatto la circolare dell'ex ministro all'Ambiente, Andrea Orlando, che ha definito come reato ambientale l'invio in discarica di rifiuti non trattati. È stata una vera e propria rivoluzione, che è coinciso con lo scandalo della gestione di Malagrotta a Roma.

Quanto conta l'attivismo?
L'Italia è un Paese dove le buone pratiche, che danno risultati eccezionali, sono prodotto di un fai da te. In questo senso la proposta di legge di avvicinamento all'obiettivo "rifiuti zero" consegnata alla presidente Boldrini con 90 mila firme vuole essere uno stimolo ad andare nella direzione indicata dall'Europa.

Che è quella di una gestione completamente diversa dei rifiuti. Non è così?
L'Europa ci dice che nel cassonetto c'è una miniera urbana. La spinta europea viene in sostanza per motivi economici: ci invitano a estrarre dal cassonetto materie prime e seconde che saranno indispensabili nei prossimi 25 anni.

Il cambio di guardia al ministero dell'Ambiente può essere negativo?
Quello di Orlando era stato un ingresso onesto. È venuto dicendo che non conosceva il settore, ma è progredito nell'affrontare i problemi in modo accettabile. La stessa normativa sulla Terra dei fuochi può esser migliorata, però almeno c'è. In Italia succede sempre così. Adesso Orlando è finito alla Giustizia, e forse può portare dei vantaggi perché la definizione di reato ambientale potrebbe trovare maggiore energia dopo il suo arrivo. Vedremo.

Si è già fatto un'opinione del nuovo ministro?
No, non lo conosco. Certo, tutto ci lascia scettici: il dibattito in Parlamento adesso è legato a questioni megapolitiche più che ambientali.

La proposta di legge consegnata al presidente della Camera, Laura Boldrini, che fine ha fatto?
Ci disse che stava lavorando alla rivalutazione di proposte dal basso. Sembrava avessimo un incontro a breve con le commissioni, ora con questo cambio si andrà, se va bene, all'autunno.

Cosa prevedeva la vostra proposta?
L'applicazione su scala normativa dei dieci passi per l'attuazione rifiuti zero per arrivare al 2020 a zero rifiuti o almeno vicini all'obiettivo. Ci sono alcuni punti cardine come la definizione di reato ambientale, la distinzione di competenze tra smaltitore e chi raccoglie i rifiuti, perché oggi la differenziata la fa chi possiede la discarica. Va detto che il 70% del problema lo risolvono i cittadini, al momento.

E il resto?
Un buon 20% va messo nelle mani dei produttori di imballaggi non riciclabili. Ci sono degli errori di progettazione industriale, bisogna ripensare i prodotti in modo che siano facilmente e correttamente smaltibili.

Prima abbiamo citato Malagrotta, com'è la situazione in Lazio?
A parole buona. Il direttore di Ama - la società romana incaricata dei rifiuti - è venuto a Capannori, ci ha incontrato voleva conoscere le nostre best practices. In Lazio c'è un forte movimento zero waste. Ci sono segnali di grande attenzione anche dalla politica. Però siamo sempre lì: se non c'è il cittadino comune, organizzato, il movimento che mette il fiato sul collo spesso le aziende lavorano in modo burocratico e volontà politica non risulta così energica. In salita non si sta fermi, si torna indietro.

A Napoli invece com'è la situazione?
Il problema lì è duplice, da un lato c'è un pregresso tragico che ha necessità di bonifiche ampie e rapide, dall'altro serve una moderna gestione del materiale di scarto. Nel 2011 Napoli, assediata da molti comuni circostanti, ha adottato la delibera "rifiuti zero". Ho personalmente incontrato più volte il vicesindaco, Tommaso Sodano, che conosco dai tempi dell'inceneritore di Acerra, e ha istituito un osservatorio sui rifiuti. Ecco, lì non solo non abbiamo visto progressi come erano stati promessi, ma le cose sono peggiorate.

Ovvero?
La differenziata è diminuita perché non è stato esteso il porta a porta. C'è inerzia, siamo sempre ai livelli della Iervolino, non riusciamo a far decollare le buone pratiche. Immaginavamo la complessità della situazione ma entro il prossimo mese sospenderemo Napoli dall'elenco dei Comuni rifiuti zero. La crescita della coscienza civile napoletana c'è stata, ma senza cambiamenti organizzativi da sola la gente non è disposta a collaborare. Si tratta di un'occasione persa che pesa sul collo del sindaco Luigi de Magistris, e lo diremo con brutalità.

Tratto da: cadoinpiedi.it

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